[Quello che segue è il mio speech - e se mi abituo a chiamarlo così, datemi una sberla sulla fronte - al WriteCamp 2011, alla fine della Blogfest di Riva del Garda. Vi dico subito che la parte seria e importante è la seconda.]
Buongiorno.
Si sente se parlo così?
Prima di cominciare vorrei ringraziare l'organizzazione del WriteCamp – fin qui mi è sembrato interessantissimo e mi scuso anticipatamente se il mio intervento risulterà noioso; perché poi ho questa cosa che non riesco a parlare a braccio e mi sono scritto tutto, spero che non vi disturbi – ringrazio tutti e in particolar modo vorrei ringraziare Mafe e gallizio, che ci tenevano così tanto che partecipassi anche quest'anno da convincermi a venir qui, su questo pulpito, a dire delle cose di cui tra l'altro, premetto, so poco o niente.
Intanto mi presento a quelli che non mi conoscono e che non c'erano l'anno scorso. Mi chiamo Marco Manicardi, faccio l'ingegnere e vivo a Carpi, in provincia di Modena. In rete mi conoscono come “il Many”, e nel 2010, dopo il gran successo di un ebook collettivo gratuito che s'intitolava Schegge di Liberazione, ho fondato una casa editrice inesistente dal nome Barabba Edizioni, forse qualcuno di voi ne ha sentito parlare.
Barabba Edizioni è una casa editrice inesistente nel senso che non vende niente, non spende niente e non guadagna niente, anche se pubblica lo stesso dei libri. Libri elettronici, principalmente, ma ne abbiamo pubblicato anche uno di carta; e libri collettivi, soprattutto: uno era Schegge di Liberazione, appunto, l’anno scorso, e trattava della Resistenza, uno si chiama Cronache di una sorte annunciata e parla della sfiga, poi abbiamo pubblicato un altro Schegge di Liberazione, quest'anno, anzi due, e un libro sulle Cicatrici che ultimamente ha avuto anche un discreto successo multimediatico, se mi passate il termine.
Nel frattempo, son quasi due anni che insieme agli altri barabbisti, che son quelli che scrivono con me su un blog chiamato Barabba –che ieri sera è stato nominato per il premo di miglior blog letterario e blog rivelazione ai Macchianera Blog Awards, forse c'eravate anche voi – insieme agli altri barabbisti, dicevo, son quasi due anni che giriamo l'Italia e un po' d'Europa a leggere questi ebook dal vivo a voce alta. Ed è successo tutto un po' per caso.
Ecco, l'anno scorso, al WriteCamp, avevo parlato di come avevamo fatto i primi due libri collettivi di Barabba, poi è nata Barabba Edizioni e al Salone del Libro di Torino del maggio scorso mi han chiamato a raccontare la storia di un anno e mezzo di Barabba Edizioni. Solo che, stavolta, gallizio mi ha detto che non dovevo venire qua a fare la figura dello stordito, e che – usando parole sue – dovevo smarcarmi dal "che ci faccio qui?", ché ormai son grande, e comunque me lo son giocato come rivelazione del WriteCamp 2010. Quindi, secondo lui, a gallizio sarebbe piaciuto sentirmi dire – son sempre parole sue – di come cambia la scrittura essendo connessi; autori, editori, uditori e storie; la voce e il fenomeno; la parola performativa.
Così, ho intitolato il mio intervento “Nove minuti a voce alta + un minuto di silenzio”, e per i primi nove minuti, che poi ne saran già passati due o tre, parlerò appunto della nostra esperienza di lettori e di letture dal vivo dei libri collettivi pubblicati da Barabba Edizioni. Nel minuto di silenzio, invece, farò e faremo, spero, un minuto di silenzio per una questione che vi spiego dopo i primi nove minuti, se siete rimasti qua ad ascoltare. Però è importante.
***
Comincio i nove minuti a voce alta, che ormai ne saran rimasti cinque o sei, con una citazione di Paolo Nori – adesso, lo so che a citare Paolo Nori in un raduno di blogger è come postare dei gattini su FriendFeed, ma portate pazienza. Paolo Nori, in un'intervista, quando gli han chiesto cosa ne pensasse dei libri elettronici e dell'eventuale scomparsa della carta, ha risposto che, per fare un parallelismo, quando sono arrivati la rete e gli mp3, i musicisti hanno ripreso a fare più concerti. E lui spera che, con il libro digitale, riprenda forza la letteratura dal vivo. Perché i segnali ci sono.
Bene, io ci tengo a dire, prima di tutto, che della lettura ad alta voce non so praticamente niente, a parte che una volta mi han detto di fare una piccola pausa quando c'è una parola che credo di non saper pronunciare bene, e comunque ci sono anche dei corsi e della gente che insegna ad altra gente a leggere dal vivo ad alta voce, quindi, insomma, non avendo mai neanche visto da lontano uno di questi corsi, e dato che non mi piace parlare delle cose che non conosco, penso che non dirò quasi niente sulla lettura ad alta voce.
Dirò invece della lettura a voce alta. Perché c'è una bella differenza tra leggere ad alta voce, in pubblico, e leggere a voce alta, sempre in pubblico. Leggere ad alta voce implica predisposizione, premeditazione, impostazione, studio: bisogna esser bravi. Leggere a voce alta è più semplice, forse più intimo, e consiste nell'azionare tutto d'un colpo l'interruttore che accende le corde vocali del nostro leggere mentale, tirare su la manopola del volume e portare le parole del libro alla luce in modo spontaneo: bisogna essere sé stessi. Ognuno col suo accento, coi suoi errori, coi suoi impappinamenti. A leggere a voce alta, spesso, o almeno, a me succede sempre, e penso che quando non succederà più forse smetterò di leggere o mi metterò a studiare per farlo ad alta voce seriamente, ma insomma, a leggere a voce alta, spesso, tremano le gambe, e le mani, e i fogli che tieni tra le mani con sopra la roba che devi leggere.
Ecco, questo facciamo noi barabbisti: leggiamo a voce alta in giro per l'Italia e per l'Europa, dove ci chiamano a leggere i libri collettivi che pubblichiamo con Barabba Edizioni. E sembra che al pubblico piaccia moltissimo, tanto che noi, a parte la prima volta, il 25 aprile 2010 quando abbiamo organizzato una lettura per il nostro primo libro di Schegge di Liberazione, a Carpi, non abbiamo più organizzato una letture pubbliche, ma son due anni che giriamo tutti i fine settimana e dormiamo sui divani altrui, perché la voce si è sparsa e la gente ci chiama a leggere nei posti. Loro si fanno carico dell’organizzazione, noi portiamo le letture e i lettori. E spesso, i lettori, li peschiamo sul posto.
Per come abbiamo fatto le cose noi di Barabba, cioè fare degli ebook collettivi con i racconti che la gente dell'internet ci mandava dopo che avevamo diramato un appello in rete con l'argomento che volevamo trattare, spesso autori, editori, uditori e storie, nel luogo fisico del reading, si son trovati a coincidere.
Qualche giorno prima di una lettura, di solito chiediamo su internet, più o meno: chi vuol venire a leggere, per esempio, a Roma? o a Fabriano, o a Venezia, a Milano, a Migliarina, a Forte Marghera, a Carpi, a Bologna, a Perugia, a Torino, a Forlì, insomma, avete capito. (Una volta siamo anche andati a Parigi, per dire.) Poi chi vuol venire a leggere ci risponde o si fa trovare sul posto un’ora prima del reading, così facciamo la scaletta. E come viene, viene. Ci piace così.
Inizialmente, erano gli stessi autori a leggere le proprie storie a voce alta, per poi rimettersi tra il pubblico ad ascoltare le storie degli altri. Qualcuno di quelli bravi e allenati veniva anche a leggere ad alta voce, ma il più delle volte, essendo per la maggior parte dilettanti, le gambe tremavano abbastanza, e anche le mani, e i fogli tra le mani con la roba che dovevano leggere.
Poi, pian piano, la cerchia si è allargata, e ora viene anche chi ha scaricato i nostri ebook, ha trovato magari dei racconti che gli piacciono e ci chiede di poterli leggere a voce alta. E noi lo mettiamo in scaletta. E in questo modo, le storie, ogni volta, prendono una strada diversa, una voce diversa, un accento diverso, degli errori diversi, degli impappinamenti diversi. Ma come dice sempre una nostra amica, che poi è la fidanzata del mio socio tecnovillano fondatore di Barabba, non è importante se t'impappini, quando leggi a voce alta, l'importante è che leggi.
Così siamo andati avanti. E adesso dobbiamo andare a Limidi di Soliera a leggere insieme al Coro delle Mondine di Novi di Modena, poi Fidenza, a Milano, e forse anche a Dublino, che per noi è tipo Vladivostok, e ci vibra un po' l'orlo delle mutande, come si dice. Ma penso che finché ci tremeranno ancora le gambe, e le mani, e i fogli tenuti in mano con sopra la roba che dobbiamo leggere, saremo ancora in giro per l'Italia e un po' d'Europa, se continuano a chiamarci. Anzi, se veniamo vicino a casa vostra e volete salire sul palco, siamo molto contenti.
Ecco, adesso, non lo so se gallizio sia soddisfatto, e anche voi, ma tutto quello che c'era da dire sulla questione, su autori, editori, uditori e storie; la voce e il fenomeno; la parola performativa, per quel che ne so io, che è molto poco, l'ho detto. Forse abbiamo sforato i nove minuti, ma ce ne servono ancora due, l'ultimo dei quali è un minuto di silenzio.
***
Quello che sto per fare, che stiamo per fare, se anche voi vorrete osservare con me questo minuto di silenzio, è una specie di lamento funebre. Ciò che vogliamo piangere in questa sede, che ci sembra la più consona, è la scomparsa di una guida e una fonte di ispirazione. Forse, e ora parlo per Barabba e Barabba Edizioni, non avremmo mai messo insieme nemmeno uno dei libri collettivi che abbiamo pubblicato, senza che lui ci indicasse la via. Tra di voi ci sarà sicuramente qualcuno che l'ha conosciuto, che ha collaborato con lui, uno, due, tre o tutti gli otto anni in cui è stato sempre presente e puntuale nelle nostre vite. Almeno voi, vogliate gentilmente ricordarlo oggi. Gli altri, se non sanno di cosa sto parlando, mi dispiace, dovranno googlarlo stasera, se vogliono, perché se non si ha mai avuto a che fare con lui, non si può capire l'importanza che ha avuto nella nostra vita digitale, e anche reale, oserei dire.
È un piccolo gesto, lo so, ma so che, anche se non è qui tra noi, oggi, il suo ideatore e nostro mentore – non preoccupatevi, è a Boston per lavoro, ma sta bene – anche se il suo e nostro padre spirituale oggi non può accompagnarci in questo lamento funebre, penso che sia giusto e doveroso lasciare un saluto commosso, un addio col fazzoletto in mano. Perché quest’anno, per la prima volta dopo otto anni, non sarà un Natale come gli altri.
Un minuto di silenzio, vi prego, per la scomparsa del Post sotto l'Albero.
[un minuto di silenzio]
Grazie a tutti.
Ho finito.
__________
Poi, stamattina eravamo sulla carta della Domenica del Sole24Ore – pensa te – e da qualche ora siamo sul Corriere.it, non una, ma due volte. Ieri sera, invece, siamo arrivati terzi nella categoria Miglior Blog Letterario ai Macchianera Blog Awards. Non abbiamo vinto niente, ma siamo contenti per il trionfo di Bonino. Comunque, grazie a tutti quelli che ci hanno votati.
(:***)
RispondiEliminapeccato non esserci stata
RispondiElimina