giovedì 30 agosto 2012

L'ennesimo libro della fantascienza: Così è la vita

È risaputo che parlare distrattamente può costare la vita, ma non sempre si valuta a fondo la vasta entità del problema. Per esempio, nel momento stesso in cui Arthur disse “Quanto al mio modo di vivere, sembra che non sia precisamente molto brillante” si aprì curiosamente un piccolo foro nella struttura dello spaziotempo, un foro attraverso il quale quelle parole furono trasportate indietro, molto indietro nel tempo, e lontano, molto lontano nello spazio, fino a una remota Galassia dove esseri strani e bellicosi erano sull’orlo di una spaventosa guerra interstellare. I due leader avversari si fronteggiavano per l’ultima volta al tavolo delle conferenze. Un orribile silenzio si diffuse intorno quando il comandante dei Vl’hurg, tutto splendente nei suoi calzoncini da battaglia neri tempestati di gemme, fissò il comandante dei G’Gugvuntt, che gli stava davanti vestito di una nube di vapore verde dall’odore dolciastro, e, forte del suo milione di incrociatori stellari pronto a seminare la morte elettrica a un suo minimo comando, lo sfidò a ritirare quello che aveva detto su sua madre. Il comandante dei G’Gugvuntt si dimenò nel suo vapore nauseabondo, e proprio in quel momento le parole “quanto al mio modo di vivere, sembra che non sia precisamente molto brillante” si riversarono sul tavolo della conferenza. Purtroppo, nella lingua dei Vl’Hurg questo era il più abominevole insulto che si potesse concepire, e non restò altra alternativa che dare inizio a una terribile guerra (che durò secoli e secoli). Alla fine, però, dopo che nel giro di alcune migliaia di anni la loro Galassia fu decimata, i due popoli capirono che tutto era nato da un terribile qui pro quo, e unirono le loro flotte per sferrare un attacco congiunto alla nostra Galassia, ormai riconosciuta quale responsabile dell’intollerabile insulto. Per migliaia di anni ancora, le loro possenti navi attraversarono i vuoti deserti dello spazio, finché finalmente non approdarono sul primo pianeta in cui si imbatterono, che per caso era la Terra. E lì, a causa di un terribile errore di calcolo nella scala delle grandezze, l’intera flotta spaziale fu inghiottita da un cagnolino. Quelli che studiano la complessa interazione di cause ed effetti nella storia dell’Universo dicono che questo genere di cose succede continuamente, ma che noi siamo impossibilitati a impedirlo. — Così è la vita — dicono.

(Douglas Adams, Guida galattica per gli autostoppisti)
Nella settimana che comincia oggi e finisce giovedì prossimo, invece di formulare pensieri a vanvera per poi pronunciarli distrattamente e rischiare così di attentare alla vita di qualche civiltà aliena sconosciuta ai più, potreste impiegare il vostro tempo per partecipare a L'ennesimo libro della fantascienza. Avete, appunto, 7 giorni di tempo, e precisamente fino alle 23:59 di giovedì 6 settembre 2012 (data stellare -310316.93992233363), per mandarci un racconto, un saggio, un ragionamento, una foto, una poesia, un disegno o quello che vi pare all'indirizzo marcomncrd [chiocciola] gmail [punto].

Non possiamo ancora sapere quali sono gli effetti del fantasy sul tessuto spazio-temporale, perciò, per non rischiare, abbiamo imposto un'unica semplice regola, che dovete rispettare senza porvi troppe domande. Questa semplice regola è: NO FANTASY.

Pensate al futuro.

mercoledì 29 agosto 2012

In Russia c'è da morir dal ridere (2)

In un'isoletta della Moskova, a Mosca, ci si imbatte inevitabilmente in una statua in bronzo di Pietro il Grande. Ci si imbatte inevitabilmente, perché è molto imponente e molto alta, più di novanta metri, e te sei lì che cammini per i fatti tuoi sul lungofiume, mentre stai andando a vedere la casa di Tolstoj, e all'orizzonte prima si alza l'albero maestro di una nave, poi una mano che regge una pergamena dorata e, insomma, arrivati vicino a Pietro il Grande, lo vedi, gigantesco e innaturale, che guarda chissà cosa chissà dove e porge la pergamena a chissà chi in piedi su una barca che sta sopra a delle altre barche che sembrano caravelle. La prima cosa che ti chiedi, ché hai anche studiato un po' di storia russa prima del viaggio, è come mai abbian fatto una statua per Pietro il Grande proprio a Mosca, visto che a Pietro il Grande gli stava abbastanza sui maroni, Mosca, come città, e si era fatto costruire apposta un'altra capitale più a nord e l'aveva chiamata Pietroburgo.

Quella statua lì di Pietro il Grande è molto alta, molto imponente e anche molto brutta. Talmente brutta che l'artista, un certo Zurab Tsereteli, probabilmente specializzato in statue molto alte, molto imponenti e molto brutte, non voleva davvero raffigurare Pietro il Grande. Il progetto originale, infatti, era di regalare una statua molto alta e molto imponente di Cristoforo Colombo all'America, nel 1992 per il cinquecentesimo anniversario della scoperta, ma gli americani, dopo averla vista, devono aver detto all'artista una cosa del tipo: Grazie, veh, Tsereteli, solo che la tua statua, oltre che molto alta e molto imponente come ci avevi promesso, è davvero molto brutta e noi, guarda, grazie ancora, ma non la vogliamo.

Il buon Tsereteli, che comunque è una persona ragionevole e ce ne vuole un bel po' per offenderlo, come artista, non ha fatto una piega e ha pensato bene di cambiare la testa della statua di Cristoforo Colombo, di metterci la testa di Pietro il Grande e di provare a regalarla alla Russia. La Russia era in un momento che non si capiva niente, non ci avrà neanche pensato, avrà detto una cosa del tipo: Va bene, Tsereteli, mettila dove trovi posto, che qui adesso abbiamo degli altri casini. E allora Zarub l'ha appoggiata sull'isoletta della Moskova, poco più avanti del Parco Gor'kij, verso il centro, e adesso se passeggi sul lungofiume è inevitabile imbattersi in Pietro il Grande che svetta sulla città di Mosca con dei vestiti quattro-cinquecenteschi che guarda chissà cosa chissà dove e che porge una pergamena a chissà chi in piedi su una barca che sta sopra a delle altre barche che, effettivamente, sono caravelle.

Quella statua lì di Pietro il grande, molto alta, molto imponente e molto brutta, è talmente brutta che è dal 2010 che ogni tanto Mosca chiede a San Pietroburgo una cosa del tipo: Scolta, San Pietroburgo, la vuoi te la statua di Tsereteli? Non ha più senso se la metti te da qualche parte, che qui da noi non c'entra mica niente?

Solo che San Pietroburgo, una città molto bella e molto seria, son due anni che fa la gnorri.

__________
(La statua di Pietro il Grande, molto alta, molto imponente e molto brutta, è questa qui.)

lunedì 27 agosto 2012

Ecco... io... cioè... grazie

Il problema dei concorsi letterari è che ci sono tempi di attesa lunghissimi.
Una volta ho partecipato, ero piccola, avrò avuto 11 - 12 anni, non ricordo, a un concorso piccolo, per racconti brevi a tema libero - un altro problema che ho io è con il tema predefinito - e non vinsi, ma fui inclusa in una raccolta con la migliore selezione del premio. Non ricordo nemmeno quale fosse il premio, non era importante, non era conosciuto, ricordo solo la lettera che mi inviarono per dirmi che il mio racconto, dal titolo Abissi era stato incluso nella selezione dei migliori del premio.
Grazie, ho pensato.
E grazie, direte voi.

Ricordo che il postino arrivò a fine settembre, ma era ancora caldino; bussò una volta, io risposi al citofono.
Chi è?
Posta!
C'è qualcosa da firmare?, mia madre mi aveva insegnato a dire sempre così.
No, disse lui.
Mise le buste, tre o quattro, sotto la porta. Lentamente, scesi giù al portone, intravedendo il mio nome su una etichetta bianca e mi affrettai, feci le ultime tre scale in un sol passo.
Il mittente era strano, mi rigirai la busta tra le mani, era leggerissima, forse al massimo un foglio. Lasciai le altre buste sulle scale, con l'unghia aprii un piccolo lembo, poi infilai tutto l'indice e forzai l'apertura.

Lessi veloce, più veloce del solito, rilessi per sicurezza, mi sembrava meraviglioso; gli occhi mi si stavano aprendo a ogni parola, a ogni virgola e senza dire niente, con un sorriso enorme sulla bocca, andai via da casa e presi la strada per la casa della nonna, dove stava mia madre a prendere il caffè. Bussai fortissimo, gridai alla nonna di aprire veloce, la discesa che separa le nostre case fu cortissima e la feci di corsa, per strada, tra una bicicletta e una macchina, come se quel foglio rischiasse di scomparire, con ogni minuto che passava. Feci le scale a due e due, arrivai in cucina e iniziai a leggere quel che c'era scritto a gran voce. Non ricordo nemmeno cosa c'era scritto.

Mi sentivo di aver vinto qualcosa: forse il nome e cognome sull'opuscolo rilegato con una bruttissima copertina monocolore verde chiaro, o forse la possibilità di vincere spesso, da quel momento in avanti. Forse un trofeo da esibire, dicevo di voler far vedere il librino a tutti.
Invece quel che è successo è stato che l'ho guardato tantissimo, tra me e me, quel librino, l'ho talmente guardato a lungo che saprei disegnarne i caratteri stampati; finito di guardarlo - a quei tempi quando iniziavo una cosa la finivo sempre - lo misi nella libreria, accanto a Marcovaldo, e me ne dimenticai.

Un giorno lo prestai a una mia compagna di classe, non ricordo bene perché, che non me lo ridiede più indietro. Per fortuna che adesso c'è internet, così non presto più niente: grazie prof.

***

I ringraziamenti veri per il Premio Letterario @melamela vanno a questo blog su cui sto scrivendo e al concetto di "inesistente" che va dicendo in giro Barabba Edizioni, cui io, da un po' di tempo, sto dando un significato tutto rinnovato e quasi filosofico e sicuramente a quelle persone - tutti uomini, sono una ragazza fortunata - che mi hanno dato una mano in varia misura per Febbraio 29: Azael, che è il Santo protettore del 29 Febbraio, l'Editore, che è convinto delle mie capacità - beato lui! - Fabrizio Gabrielli, tostoini che ha fatto la copertina e Simone.

giovedì 23 agosto 2012

L'ennesimo libro della fantascienza: In quel particolare giovedì

In quel particolare giovedì, qualcosa si muoveva placidamente nella ionosfera, molte miglia sopra la superficie del pianeta; anzi, vari qualcosa, parecchie dozzine di grossi, enormi qualcosa dalla forma di lastroni, enormi come interi isolati, silenziosi come uccelli. Si libravano tranquilli, crogiolandosi ai raggi elettromagnetici della stella Sol e, raggruppandosi, preparandosi, aspettavano il momento buono.
Il pianeta sotto di essi ignorava quasi completamente la loro presenza, il che, per il momento, era proprio quello che volevano. Gli enormi affari gialli passarono inosservati su Goonhilly, su Cape Canaveral, e anche su Woomera e Jodrell Bank (peccato per questi ultimi due, che avevano sempre cercato disperatamente di individuare quel tipo di oggetti).

(Douglas Adams, Guida galattica per gli autostoppisti)
Se fra due settimane, alzando il naso al cielo, vedrete qualche nave Vogon oscurare il Sole, allora, vabbè, non se ne farà nulla; in caso contrario, dont' panic: avete comunque ancora 14 giorni, e precisamente fino alle 23:59 di giovedì 6 settembre 2012 (data stellare -310316.93992233363), per mandarci un racconto, un saggio, un ragionamento, una foto, una poesia, un disegno o quello che vi pare all'indirizzo marcomncrd [chiocciola] gmail [punto] com e poter così partecipare alla seconda più grande pubblicazione galattica dopo la famosa guida, e cioè L'ennesimo libro della fantascienza.

Visto che ci teniamo molto, vi ripetiamo l'unica regola da rispettare: NO FANTASY.

E pensate al futuro.

mercoledì 22 agosto 2012

In Russia c'è da morir dal ridere

Guardando la statua di Turgenev, mentre passeggiavo per San Pietroburgo, un paio di settimane fa, mi sono accorto che l'autoritratto che si trova sulla copertina dell'edizione italiana di Padri e figli, quella tradotta da Paolo Nori – che tra l'altro è un libro, Padri e figli, anche a prescindere dal traduttore, di una bellezza tale da far gridare al soccorso, come ha detto una volta il giovane Čechov dopo averlo letto – non è mica tanto realistico; ma poi sono passato di fianco a diverse altre statue, e ho capito che quel naso lì, quello che Turgenev si è disegnato, era un omaggio al naso di Gogol'. Non quello del racconto, Il naso, di Gogol', ma proprio il naso di Gogol'.

Un altro che si faceva sempre degli autoritratti era Puškin, che a margine dei suoi manoscritti disegnava quasi sempre degli scarabocchi, un po' come facevamo noi quando usavamo il telefono fisso. E a proposito di Puškin, ho scoperto che per festeggiarne il centenario della morte, o il centocinquantenario della nascita, adesso non mi ricordo bene, il buon Giuseppe Stalin aveva chiesto a degli artisti di presentargli dei progetti per una statua del poeta da mettere in un parco, o lungo una tangenziale, e loro, gli artisti, diligentemente, glieli hanno fatti vedere: c'era Puškin in posa, Puškin seduto, Puškin che legge, Puškin che declama, Puškin che scrive, Puškin che pensa, Puškin che si riposa, eccetera; solo che a Stalin non piacevano mica tanto, anche se dopo averci riflettuto un po', com'era suo solito, gli è venuta un'idea, ed era un'idea talmente eccezionale e incontrovertibile che, anche se adesso non si sa più che fine abbia fatto, l'han poi costruita davvero, la statua. Una bellissima statua di Stalin che legge Puškin.

__________
In Russia c'è da morir dal ridere (e quando era Unione Sovietica, ancora di più) è una frase che dice sempre mio suocero. Forse diventa una rubrichetta, o un mini report di viaggio, se ne vale la pena. E se mi vengono in mente delle altre cose, ovviamente.

venerdì 17 agosto 2012

Venerdì 17

Lo sappiamo, è tardi per dirvelo, è tardi per fare qualsiasi cosa, è tardi per fare le cose fatte bene, a parte forse una piccola lettura privata, un piccolo rituale per se stessi o per pochi intimi, dove siete, dove sarete, dove andrete entro la mezzanotte di stasera. Chi non è ancora su spiagge, baite, agriturismi, città d'arte, laghi, ruscelli e fiumiciattoli sarà avvantaggiato nell'esecuzione rituale.

Perché questa sera è un Venerdì 17 e, come ogni festività comandata, sarebbe cosa buona e giusta scorrere le tante sfighe che abbiamo qui radunato sotto l'azzeccato titolo di Cronache di una sorte annunciata, sceglierne una, a caso o scientemente (d'altronde si dice spesso che la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo), e leggerla, per sé, per gli altri, per tutti, perché la sfiga è davvero il grande principio egalitario del mondo, che ci accomuna tutti, i belli e i brutti, i grassi e gli asciutti, i riccastri e i farabutti (ora smetto).

Se proprio non potete compiere la catarsi tramite lettura, pigliatevi l'ostia audiovisiva del mitico Paolo Rossi su  Evaristo Beccalossi e ancora una volta Accettate la Sfiga.

domenica 12 agosto 2012

È lo stadio

"Quando passo Hefferon egli mi guarda a lungo con un'occhiata tanto triste e poi si sdraia a terra. Sono primo. Potrei rallentare, ma invece sono preso da una furia di andare più in fretta. Mi sono dominato sicché avevo dinanzi a me qualcun altro: ora che la via è libera davanti a me non so più frenarmi. Passiamo fra due ali di pubblico che non vedo, ma odo. Guardo sempre in fronte per cercare qualche cosa che non vedo ancora perché la strada fa molti giri. Ad un tratto, ad uno svolto, do un balzo. Vedo là in fondo una massa grigia, che pare un bastimento col ponte imbandierato. È lo stadio. E poi non ricordo più."

(Dorando Pietri)

venerdì 10 agosto 2012

Accademia della Semola: Venale

Venale... chissà perché, lei lo sa il perché, dottore? C'entra con le vene, con il sangue? Fa niente, non importa, dicevo...
Vinci Simona, Rovina, Edizioni Ambiente - collana verdenero, pg. 39.

giovedì 9 agosto 2012

L'ennesimo libro della fantascienza: A Carpi, non a Lucca

Volevamo ricordarvelo il 6 Agosto ma si vede che c'è stata un'inversione nello spaziotempo (effetto 69 potete chiamarlo) e ve lo ricordiamo oggi:
avete (ora per colpa dell'effetto 69) meno di un mese per partecipare a L'ennesimo libro della fantascienza con un racconto neuromante, una foto xradiale, una poesia ipersonica, un disegno dalla quarta dimensione, un trasmutatore, un cucciolo di Teeks o Raddans spedendolo all'email marcomncrd [chiocciola] gmail [punto] com ( per i cuccioli provate col fax).
Infatti dal 6 settembre ore 23:59, data stellare -310316.93992233363, chiuderemo i boccaporti di Orione e faremo rotta su Tannhauser per assemblarci il libro di elettroni che poi provvederemo a donare a tutte le galassie in segno di fratellanza universale, sempre se il navigatore interstellare ci riporta indietro da Ostia lido.

Perché non è "impossibile immaginare un disco volante che atterra a Lucca" (cit. Carlo Fruttero) è  solo questione di coordinate, i dischi volanti atterrano a Carpi.

P.s. No Fantasy.
P.p.s. Se ti stai chiedendo se è Fantasy, allora è Fantasy, non mandarcelo.

Qapla' terrestri, Qapla'!

domenica 5 agosto 2012

Nel nome del padre (10)

Ester: "Mamma! Mamma! Giochiamo che tu sei la mamma e io la figlia?"

Noi e i terremoti

L'altra sera, che era il sessantesimo anniversario di matrimonio dei nonni (pensa te, sessant'anni), siamo andati nella via dove c'era prima la loro casa, che poi c'è ancora, solo che non ci si può più entrare, e in fondo a quella via lì ha appena riaperto, dopo due mesi, la pizzeria Quadrifoglio, che praticamente è l'unico edificio agibile su quella strada, e oltretutto, non lo dico perché ci sono affezionato o per far della pubblicità, è davvero una delle migliori pizzerie della regione. Era piena di gente, c'era da far la fila, ma c'era della contentezza, anche a far la fila.

Dopo, parlando un po' coi miei genitori, a tavola, ho scoperto che il meccanico delle biciclette, che ha la bottega squarciata nella zona rossa, ha riallestito il negozio nel suo garage e adesso lavora lì tutti i giorni. Anche il mio barbiere, che è il figlio di una delle ragazze del Coro delle Mondine e che dopo decine di anni di lavoro a Rolo era appena riuscito ad aprire la bottega in centro a Novi, il suo paese, adesso taglia i capelli regolarmente al primo piano di casa sua, appena fuori dalla zona rossa, se si può pensare di esser fuori da una zona rossa, a Novi.

E allora, forse senza nessun nesso logico, mi è venuto da pensare che non è tanto questione di emilianità (che non esiste, l'emilianità, come spiega bene Leonardo nel suo libro La scossa, che è un libro molto bello e secondo me dovreste leggerlo, oltre al fatto che in fondo c'è il mio nome e io faccio la coda di pavone) o di tener botta (che è un'espressione che non vuol dir niente e, francamente, ha un po' rotto i maroni), ma invece, forse, è come dice Paolo Nori in un discorso bellissimo intitolato Noi e i governi:
[...] c’è un mio amico, per esempio che è uno storico della città di Pietroburgo e gli avevano impedito di fare il suo lavoro perché era un antisovietico, seguito dalla polizia segreta, e è stato costretto a lavorare in fabbrica e ha continuato a studiare per conto suo, di notte, e andava in biblioteca al sabato e alla domenica, e lui per tutta la vita, se la libertà fosse un muscolo, che si rafforza con l’esercizio, che un po’ forse è così, no?, come tutte le altre cose, be’, se fosse un muscolo, o un fascio di muscoli, come i muscoli addominali, che lì non si scappa, si sente al tatto, o ce li hai o non ce li hai, non te li danno gli altri, te li fai su te, con la pratica, be’, è come se lui, quel mio amico lì, che si chiama Al’bin, la sua libertà l’avesse esercitata tutti i giorni per quarant’anni e l’Unione Sovietica è stata la palestra ideale, per lui, e andava in giro per l’Unione Sovietica con il suo ventre piatto da pugilatore e guardarlo andare era un piacere.
Ecco, adesso non lo so come andrà a finire, che da queste parti c'è ancora un bel po' di disperazione, altro che l'emiliano di qua e l'emiliano di là. Ma, se non altro, le cose come i terremoti fan venire i muscoli, mi viene da dire, ché qui, dove c'era la bassa modenese, adesso è tutta palestra.

mercoledì 1 agosto 2012

Nel mio mondo perfetto (17)

Nel mio mondo perfetto, probabilmente, ho fatto una scelta giusta al momento giusto e sono stato un discreto triatleta; e quando chiamo una banca per sapere che fine abbia fatto la carta di credito che mi dovevano sostituire perché si era spezzata in due – sempre ammesso che le carte di credito possano spezzarsi in due, nel mio mondo perfetto – e il bancario di turno, che magari si pensava che quella vita lì eran tutti fiorellini, con uno splendido linguaggio vintage mi dice che "scusa, ma c'è stato UN PROBLEMA TELEMATICO", ecco, quello, il bancario di turno, che magari si pensava che quella vita lì eran tutti fiorellini e con lo splendido linguaggio vintage, raggiunge immediatamente il punto di ebollizione della carne umana, spargendosi nell'aria e venendo sparato asetticamente nel cielo da una ventola posta con cura, per legge, sopra la sua postazione. Questo vorrei nel mio mondo perfetto.