mercoledì 30 maggio 2012
Ovviamente
Siamo un po' sottosopra. Le comunicazioni riprenderanno il prima possibile. Almeno per quanto riguarda la frangia emiliana dei barabbisti. Stiamo tutti bene. Twittiamo quando ci svegliamo.
lunedì 28 maggio 2012
Sull'Indicatore mirandolese
A pagina 26 dell'ultimo numero dell'Indicatore mirandolese (che si può leggere in pdf qui) alcuni studenti del Liceo Classico Giovanni Pico di Mirandola hanno scritto un pezzettino sull'incontro che abbiamo avuto con loro il 5 maggio scorso. Hanno scritto anche delle cose che noi finisce che ci commuoviamo. Delle cose come questa:
l’incontro è stato un complesso mix coinvolgente, emozionante, interessante e divertente. Grazie alla loro simpatia e alle loro chiare spiegazioni hanno reso un progetto scolastico unico, avvincente ed indimenticabile.E quindi li ringraziamo di nuovo e di nuovo ringraziamo il preside della scuola e la professoressa Emanuela Zibordi (quella che fa leggere Pensieri in apnea agli studenti che non fanno educazione fisica).
giovedì 24 maggio 2012
Accademia della Semola: attentare nuoce
Tutto questo parlare di bombe, ordigni e terrorismo, mi ha fatto venire in mente che il termine attentato significa un po' il contrario di quello che sembra voler dire, perché quando diciamo attentato di solito parliamo di una cosa che è andata a buon fine, e anche buon fine, qui, significa un po' il contrario di quella che sembra voler dire, perché il fine di un attentato è la morte e la distruzione, che sono tutto l'opposto di ciò che è buono, però insieme, buono e fine, vogliono dire che una cosa è riuscita, e se la bomba, o quello che è, esplode, l'attentato ha successo, e non si specifica, sui giornali e sui tiggì, che l'attentato è riuscito, si dice che c'è stato l'attentato, oppure, se riescono a fermarlo, allora sì che specificano che l'attentato è fallito. Quindi, almeno a me, suona strano che Attentato, così vicino a Ha tentato, significhi riuscito, perché a tentare non si riesce mica sempre, a volte va bene, a volte va male, e allora forse bisognerebbe inventare una parola nuova, come, per dire, arriuscito, che significhi che il tentativo ha avuto successo, la bomba è esplosa. Però, sinceramente, inventare una parola per facilitare il lavoro dei terroristi, è il contrario di quello che voglio dire.
(di Cristiano Micucci "Mix")
(di Cristiano Micucci "Mix")
mercoledì 23 maggio 2012
Biografie essenziali (speciale)
Vito Schifani, oggi, forse, a quest'ora, avrebbe 47 anni.
Antonio Montinaro, oggi, forse, a quest'ora, avrebbe 49 anni.
Rocco Dicillo, oggi, forse, a quest'ora, avrebbe 50 anni.
Francesca Morvillo, oggi, forse, a quest'ora, avrebbe 66 anni.
Giovanni Falcone, oggi, forse, a quest'ora, avrebbe 73 anni.
L'Italia, oggi, forse, a quest'ora, sarebbe un posto diverso.
Antonio Montinaro, oggi, forse, a quest'ora, avrebbe 49 anni.
Rocco Dicillo, oggi, forse, a quest'ora, avrebbe 50 anni.
Francesca Morvillo, oggi, forse, a quest'ora, avrebbe 66 anni.
Giovanni Falcone, oggi, forse, a quest'ora, avrebbe 73 anni.
L'Italia, oggi, forse, a quest'ora, sarebbe un posto diverso.
Accademia della semola: Quack!
Stamattina ho scritto una cosa qui, dove alla fine compaiono delle anitre selvatiche.
Adesso sono appena tornato da un'altra biciclettata, le ho riviste e mi son chiesto Ma si dice anitra o anatra? E mentre pedalavo pensavo a perché diciamo in entrambe le maniere, senza alcuna differenza, indistintamente. Allora ho cercato di scomporre la parola e ho pensato che nitra ricorda nitrire e che forse la a davanti sta per avis, uccello in latino, e quindi l'anitra secondo gli antichi sarebbe un tipo di uccello che ricorda il cavallo proprio per il verso che fa, anche se mi sembrava difficile accostare i due suoni, paragonabili forse solo nella scelta del momento di entrambe le specie di lanciare il verso, tipo quando si sentono in pericolo o devono cominciare un viaggio, e poi e poi. Su anatra invece buio pesto, nessun appiglio. E io? cosa avevo scritto sul blog? ho appena guardato: Anitra, e non so spiegarvi il perché.
Ora che ho guardato wikipedia però posso dirvi che Anitra è la parola latina e che Anatra è quella italiana.
Perché l'ho scritta e mi viene da scriverlo in forma latina? forse c'entrano gli esami traumatici all'università.
Ma la vera semolata è che fino a poco tempo fa si pensava che il verso dell'anatra non avesse eco e quindi dove finiva di essere percepito cessava di botto, senza affievolirsi, senza attenuarsi, senza dissolversi, come i punti a capo, come questo.
Adesso sono appena tornato da un'altra biciclettata, le ho riviste e mi son chiesto Ma si dice anitra o anatra? E mentre pedalavo pensavo a perché diciamo in entrambe le maniere, senza alcuna differenza, indistintamente. Allora ho cercato di scomporre la parola e ho pensato che nitra ricorda nitrire e che forse la a davanti sta per avis, uccello in latino, e quindi l'anitra secondo gli antichi sarebbe un tipo di uccello che ricorda il cavallo proprio per il verso che fa, anche se mi sembrava difficile accostare i due suoni, paragonabili forse solo nella scelta del momento di entrambe le specie di lanciare il verso, tipo quando si sentono in pericolo o devono cominciare un viaggio, e poi e poi. Su anatra invece buio pesto, nessun appiglio. E io? cosa avevo scritto sul blog? ho appena guardato: Anitra, e non so spiegarvi il perché.
Ora che ho guardato wikipedia però posso dirvi che Anitra è la parola latina e che Anatra è quella italiana.
Perché l'ho scritta e mi viene da scriverlo in forma latina? forse c'entrano gli esami traumatici all'università.
Ma la vera semolata è che fino a poco tempo fa si pensava che il verso dell'anatra non avesse eco e quindi dove finiva di essere percepito cessava di botto, senza affievolirsi, senza attenuarsi, senza dissolversi, come i punti a capo, come questo.
si parla di:
accademia della semola,
anatra o anitra
martedì 22 maggio 2012
Son fatto così (17)
Son fatto che son sempre stato un accumulatore, ma mentre risistemavo casa dopo il terremoto grosso dell'altra sera, ché abito in un centro storico a qualche decina di chilometri dall'epicentro e l'ho sentito proprio bene, il mondo che traballava, l'altra notte, ma comunque, mentre tiravo su dal pavimento la roba caduta, le bottiglie rotte, i cocci e la polvere, stando attento a che nessuno si facesse male, anche se poi mi son tagliato io un dito con un pezzo di vetro, ma niente, mi son messo a pensare che se anche fosse venuta giù tutta la casa, una volta messi in salvo moglie e animali, delle cose accumulate negli anni, tipo libri, dischi e cianfrusaglie, avrei potuto e potrei anche adesso tranquillamente far senza, che forse è proprio come dice un mio amico cantautore, che "l’unica cosa positiva di un disastro è che ti fa riconsiderare le priorità, e non so se sia il karma, lo ying e lo yang o chissà che cosa, però è indubbio che ti rimette a posto il cervello per quel che vale la pena di avere e vivere. Poi, piano piano, ti scordi tutto e ritorni un cretino. Chissà quale delle due è la nostra vera indole." Siam fatti così.
lunedì 21 maggio 2012
In una piazzetta di Fiorano Modenese
Poco prima che il mondo andasse in rovina, con le bombe, i terremoti, Red Ronnie e l'ingresso del dottor carlo dulinizo su twitter, ci siamo trovati, venerdì, in una piazzetta di Fiorano Modenese a parlare di Barabba, grazie a una persona meravigliosa di nome Morena Silingardi che tutti gli anni, da sola, organizza eventi culturalmente serissimi davanti al suo negozio. Abbiamo poi letto delle cose dai nostri ebook, e c'era anche freddo, ma gli spettatori son rimasti tutti lì ad applaudire. E sotto la guida narrata a braccio del prode carlo dulinizo, è andata più o meno così:
- carlo dulinizo ha letto il verbale della prima riunione barabbista del 2006
- osvaldo ha letto "Resistenza" di Ilke Bab dal primo Schegge di Liberazione
- Chettimar ha letto "È sempre colpa della Kamchatka" da Cronache di una sorte annunciata
- carlo dulinizo ha letto "Luoghi Comuni" da Pensieri in Apnea
- il Many ha letto "Virginia che non si muove di Azael da Schegge di Liberazione" 2011
- osvaldo ha letto "Il solito esempio dei vietnamiti che friggono le cavallette" di simone rossi da croccantissima
- Chettimar ha letto "Gradi, angoli, spigoli" da Cicatrici
- osvaldo ha letto "Bisogna essere minorenni" dalle spellicolaggini 2011
- osvaldo ha letto "Tre" da Febbraio 29
- il Many ha letto "Aspettare la morte stanca" da E far l'amore anche se il mondo muore
venerdì 18 maggio 2012
La più bella festa della mia vita
Io non la conosco la più bella festa della mia vita, o almeno ancora non la saprei scegliere, conosco però quella di mio padre. E comincia con un funerale.
L'anno scorso, il 20 agosto è morto uno tra gli amici più cari di mio nonno Alfonso. Si chiamava Sergio Malavasi e mentre guardavo la sua salma, la tranquillità e la gentilezza di quell'uomo, sempre sorridente e cordiale, era presente anche lì, nella camera mortuaria.
Sergio, come ricorda questo articolo, era tra gli alpini che sono arrivati fino al Don, nel 1942. Uno di Carpi era andato fino là. Uno del mio paese, che se andiamo a nord per una dozzina di chilometri ci troviamo in un paesino talmente in basso che se non ci fossero gli arigini, il livello del mare sarebbe sopra il campanile della chiesa, uno della bassa, era finito là.
Sergio, dice sempre l'articolo, era stato imprigionato e trattenuto per tre anni in un campo per prigionieri di guerra in Siberia e poi, finita la guerra, firmata la pace, era stato liberato. Ma quel che l'articolo non dice, e che mio nonno Alfonso, mia nonna Mimma e mio padre mi han raccontato è che durante il ripiegamento, quando tutto andava a scatafascio e i sovietici stavano accerchiando gli invasori, Sergio e un romano conosciuto lì sul fronte si sono salvati. Si sono salvati aiutandosi, in quel momento pazzesco, in quella situazione di caos, in quella marcia che per chi si fermava significava morte. Si sono aiutati veramente, prendendosi in spalla a turni, alternandosi per il sonno e la veglia, nella ricerca del cibo o dei vestiti per combattere quel freddo più spietato degli avversari, prima uno e poi l'altro, prima uno e poi l'altro, condividendo tutto ciò che avevano e tutto ciò che sapevano. E poi sono stati imprigionati.
Dopo, tornati liberi e arrivati in Italia, Sergio e il romano, ciascuno riprende la propria vita ma nello stesso anno si ritrovano e fondano un'associazione culturale chiamata, credo, Italia-Russia, per promuovere lo scambio della cultura tra Italia e Russia, e siccome ci sono solo loro due come soci, di anno in anno fanno come durante la ritirata, presidente uno e segretario l'altro, poi segretario uno e presidente l'altro, sempre così. Vien poi da chiedersi perché due che son stati prigionieri per tre anni in un campo di prigionia nella Russia più fredda, appena tornati a casa fondano un'associazione che si dedica a costruire un legame con la nazione che ti ha imprigionato, ma queste sono cose che poi, se ci pensi un attimo di più le capisci.
Ma torniamo a mio padre. Mio padre dice che, quando per i venticinque anni dell'associazione (1970, mio padre aveva quattordici anni) erano andati a Roma, ospiti di quello che o era il presidente o era il segretario quell'anno, non se lo ricorda, avevano organizzato una festa che ancora oggi quando ne parla c'ha gli occhi che luccicano, non solo per le torte, i palloncini, i coriandoli, i giochi e la bellezza del posto ma più che altro per la gioia che vedeva e sentiva lì intorno, di tutte queste persone così felici di ritrovarsi e di ritrovare le proprie famiglie, e gli amici con le loro famiglie, tutti insieme a fare festa.
Ovviamente io non c'ero e quindi questa non è la più bella festa della mia vita. Ma è sicuramente la storia sull'amicizia più bella che abbia mai sentito.
L'anno scorso, il 20 agosto è morto uno tra gli amici più cari di mio nonno Alfonso. Si chiamava Sergio Malavasi e mentre guardavo la sua salma, la tranquillità e la gentilezza di quell'uomo, sempre sorridente e cordiale, era presente anche lì, nella camera mortuaria.
Sergio, come ricorda questo articolo, era tra gli alpini che sono arrivati fino al Don, nel 1942. Uno di Carpi era andato fino là. Uno del mio paese, che se andiamo a nord per una dozzina di chilometri ci troviamo in un paesino talmente in basso che se non ci fossero gli arigini, il livello del mare sarebbe sopra il campanile della chiesa, uno della bassa, era finito là.
Sergio, dice sempre l'articolo, era stato imprigionato e trattenuto per tre anni in un campo per prigionieri di guerra in Siberia e poi, finita la guerra, firmata la pace, era stato liberato. Ma quel che l'articolo non dice, e che mio nonno Alfonso, mia nonna Mimma e mio padre mi han raccontato è che durante il ripiegamento, quando tutto andava a scatafascio e i sovietici stavano accerchiando gli invasori, Sergio e un romano conosciuto lì sul fronte si sono salvati. Si sono salvati aiutandosi, in quel momento pazzesco, in quella situazione di caos, in quella marcia che per chi si fermava significava morte. Si sono aiutati veramente, prendendosi in spalla a turni, alternandosi per il sonno e la veglia, nella ricerca del cibo o dei vestiti per combattere quel freddo più spietato degli avversari, prima uno e poi l'altro, prima uno e poi l'altro, condividendo tutto ciò che avevano e tutto ciò che sapevano. E poi sono stati imprigionati.
Dopo, tornati liberi e arrivati in Italia, Sergio e il romano, ciascuno riprende la propria vita ma nello stesso anno si ritrovano e fondano un'associazione culturale chiamata, credo, Italia-Russia, per promuovere lo scambio della cultura tra Italia e Russia, e siccome ci sono solo loro due come soci, di anno in anno fanno come durante la ritirata, presidente uno e segretario l'altro, poi segretario uno e presidente l'altro, sempre così. Vien poi da chiedersi perché due che son stati prigionieri per tre anni in un campo di prigionia nella Russia più fredda, appena tornati a casa fondano un'associazione che si dedica a costruire un legame con la nazione che ti ha imprigionato, ma queste sono cose che poi, se ci pensi un attimo di più le capisci.
Ma torniamo a mio padre. Mio padre dice che, quando per i venticinque anni dell'associazione (1970, mio padre aveva quattordici anni) erano andati a Roma, ospiti di quello che o era il presidente o era il segretario quell'anno, non se lo ricorda, avevano organizzato una festa che ancora oggi quando ne parla c'ha gli occhi che luccicano, non solo per le torte, i palloncini, i coriandoli, i giochi e la bellezza del posto ma più che altro per la gioia che vedeva e sentiva lì intorno, di tutte queste persone così felici di ritrovarsi e di ritrovare le proprie famiglie, e gli amici con le loro famiglie, tutti insieme a fare festa.
Ovviamente io non c'ero e quindi questa non è la più bella festa della mia vita. Ma è sicuramente la storia sull'amicizia più bella che abbia mai sentito.
si parla di:
amicizia,
armir,
coccodrilli,
famiglia,
fraternità,
Mario Rigoni Stern,
ricorrenze
martedì 15 maggio 2012
L'ennesimo libro della fantascienza
Basta uno sciopero aeroportuale, un ingorgo sull'autostrada, per far pronunciare da milioni di persone sbigottite la domanda Ma qui dove andremo a finire? È l'anticamera della fantascienza.La letteratura di genere è uno di quei campi che ancora mancano nel nostro catalogo. Allora ci è venuta voglia, ne abbiamo parlato un po' sui socialcosi e alla fine ci siamo decisi: facciamo un ebook collettivo di/della/sulla fantascienza. Proveremo a pubblicarlo (gratuitamente, come al solito) nelle date intorno al Festival di Filosofia di Carpi, in settembre, o, ancor meglio, in corrispondenza del primo compleanno non festeggiato dal compianto signor Fruttero.
(Carlo Fruttero, Franco Lucentini, I ferri del mestiere. Manuale involontario di scrittura con esercizi svolti; Einaudi, 2003)
Come funziona lo sapete: avete tempo fino alla data stellare -310316.93992233363 (le 23:59 del 6 settembre 2012) per mandarci un racconto, un saggio, un ragionamento, una foto, una poesia, un disegno o quello che vi pare all'indirizzo marcomncrd [chiocciola] gmail [punto] com. Potete sfruttare la fantascienza in tutte le sue forme e in tutti i suoi sottogeneri, potete anche inventarne dei nuovi, non avete limiti. C'è solo una regola da rispettare: NO FANTASY.
Pensate al futuro.
lunedì 14 maggio 2012
(Trascrizione più o meno fedele di) Un nome nuovo per l'imperatrice (contro la minaccia del self-publishing) – #SalTo12 extended version
[Quello che segue è il testo dell'intervento che abbiamo fatto ieri al Salone del Libro di Torino, nella saletta Book To The Future. Non c'era tantissima gente, c'era molto rumore. Però a chi era lì – una decina di persone – è piaciuto, pare.]
Buonasera.
Si sente se parlo così?
Prima di cominciare vorremmo ringraziare Bookrepublic – gli appuntamenti della saletta Book To The Future, fin qui, ci son sembrati interessantissimi e ci scusiamo anticipatamente se questo nostro intervento imbolsirà tutta la questione; poi io ho questa cosa che non riesco a parlare a braccio e mi sono scritto tutto, spero che non vi disturbi, portate pazienza; avevo anche la stampante rotta e allora, scusate, ho messo tutto sul Kindle; e bisogna anche che vi confessi che questo intervento l’ho scritto insieme al mio socio carlo dulinizo, e l’abbiamo già letto all’Università di Tor Vergata per LibrInnovando 2012, anche se là durava dieci minuti, qui dura un po’ di più ed è un po’ più approfondito, ma, insomma, se diciamo delle cose che avete già sentito, portate pazienza anche qui – comunque, ringraziamo tutti e in particolar modo vorremmo ringraziare Matteo Brambilla, che ci aveva chiamati anche l’anno scorso al Salone del Libro e gli siam piaciuti così tanto che ci ha richiamati anche quest’anno a parlare di questioni che, sinceramente, conosciamo poco.
Il nostro intervento si intitola Un nome nuovo per l’Imperatrice, ha per sottotitolo contro la minaccia del self-publishing e affronta questioni legate alla creazione e alla distribuzione degli ebook, e all’editoria digitale in generale, questioni per le quali abbiamo idee abbastanza confuse, tranne forse sulla prima, la creazione degli ebook, della quale qualcosa sappiamo.
***
Intanto ci presentiamo: io mi chiamo Marco Manicardi, anche se in rete mi conoscon tutti come il Many, faccio l’ingegnere, ho 33 anni e vivo a Carpi, in provincia di Modena, con quella ragazza lì che si chiama Caterina Imbeni, si fa chiamare grushenka, ha 31 anni e fa la tutor di formazione continua, qualunque cosa significhi; il mio socio, quel ragazzo lì, si chiama Luca Zirondoli, anche se in rete si fa chiamare carlo dulinizo, fa il disoccupato, ha 32 anni e vive a Correggio, in provincia di Reggio Emilia; quell’altra ragazza lì, invece, si chiama Elena Marinelli, si fa chiamare osvaldo, ha 29 anni, lavora coi libri e vive a Milano. Insieme abbiamo fondato un blog vagamente letterario di nome Barabba e nel 2010, dopo il gran successo di un ebook collettivo e gratuito sulla Resistenza che avevamo pubblicato sul blog e che s'intitolava Schegge di Liberazione, abbiamo fondato una casa editrice inesistente dal nome Barabba Edizioni, forse qualcuno di voi ne ha sentito parlare, forse no.
Prima di dirvi quello che vogliamo dirvi sulle nostre idee riguardo all’editoria digitale e al nome nuovo per l’Imperatrice, cioè l’argomento del nostro intervento, riprendiamo il filo del discorso da dove l’avevamo lasciato l’anno scorso, quando abbiamo fatto un intervento che raccontava la storia di Barabba Edizioni, che è una casa editrice inesistente, nel senso che non vende niente, non spende niente e non guadagna niente, anche se pubblica lo stesso dei libri. Libri elettronici, principalmente, e collettivi: uno era Schegge di Liberazione, nel 2010, e trattava della Resistenza, uno si chiama Cronache di una sorte annunciata e parla della sfiga, poi abbiamo pubblicato un altro Schegge di Liberazione, nel 2011, in tre volumi, uno anche di carta, e l’anno scorso avevamo letto qualche brano da questi libri e uno da Pensieri in apnea, che è un libro sulla vita, l’amore e la piscina scritto inconsapevolmente dal mio socio carlo dulinizo.
Ecco, noi, quando siam tornati a casa da Torino, l’anno scorso, eravamo anche contenti così, delle cose che avevamo fatto, dei nostri cinque o sei ebook pubblicati gratis, dei reading in giro per l’Italia, degli interventi nelle occasioni pubbliche come al Salone del Libro, eccetera. Solo, si vede che siamo diventati di moda, perché anche il Corriere è venuto a intervistarci, e siamo arrivati terzi nella categoria miglior blog letterario in quella specie di notte degli oscar della blogsfera che si fa tutti gli anni a Rida del Garda.
Poi un giorno, per caso, sul blog, ci siamo messi a scrivere dei post che raccontavano delle cicatrici che avevamo addosso, quelle vere, quelle delle cadute in bici, o dal seggiolone, per intenderci, e si vede che i blogger si erano abituati alle nostre pubblicazioni collettive, perché stavolta han cominciato ad arrivarci spontaneamente un sacco di racconti. Così, a un certo punto, ci siamo inventati un tormentone che diceva “dateci un taglio”, abbiamo lanciato un appello su tutto l’internet e in poco più di un mese ci siamo trovati in mano più di un centinaio di cicatrici altrui. Come per gli altri che avevamo già pubblicato, quindi, abbiamo impaginato questo ebook pieno di sfregi e difetti e l’abbiamo pubblicato gratis su internet a luglio del 2011 col nome Cicatrici (ci dispiace solo per Gianluca Morozzi che ha scritto un libro dal titolo uguale).
Dentro a Cicatrici, come abbiamo detto, ci sono un centinaio di sfregi, uno è quello di carlo dulinizo, adesso ve lo legge.
(carlo dulinizo legge Giro giro tonfo)
Insomma, è andato molto bene, Cicatrici, con migliaia di download che continuano anche adesso dopo quasi un anno, e addirittura c’è stato Matteo B. Bianchi (che se è qua in giro lo salutiamo, visto che dice sempre di essere un nostro fan) c’è stato Matteo B. Bianchi che su l’Unità ha scritto che era il libro più bello che si era portato in vacanza, e che, in qualche modo, l’avevamo messo in pace col mondo. Che a ripensarci vien da fare la coda da pavone, come si dice, perché da noi, che siamo principalmente emiliani, i nostri nonni ci han sempre insegnato che quando una cosa la dice l’Unità, allora è vera.
E adesso, visto che Cicatrici che era un ebook molto bello, secondo noi, e voluminoso, se così si può dire, adesso grushenka ve ne legge un’altra, di cicatrici.
(grushenka legge Salame)
Nel frattempo, son più di due anni che noi barabbisti, cioè quella manciata di persone che scrive sul blog di Barabba, giriamo l'Italia e un po' d'Europa a leggere questi ebook dal vivo a voce alta accompagnati da della musica. Soprattutto Schegge di Liberazione, quello sulla Resistenza, che è un argomento che, oltre a essere importante, si vede che la gente è interessata perché ci chiamano dappertutto, ci han chiamati anche a Parigi a leggere davanti al Console, per dire, che a ripensarci ci trema ancora l’orlo delle mutande, come si dice.
E tutto questo viavai di reading e di ebook è successo un po' per caso, che non ce l’aspettavamo. Talmente per caso che ci chiediamo sempre come mai veniamo chiamati in queste occasioni, diciamo istituzionali, a parlare di ebook come sta succedendo adesso o come, ad esempio, è successo al Salone del Libro di Torino dell’anno scorso dove erano rimasti così contenti che ci han chiamati a dire delle cose anche quest’anno, o all’Università di Tor Vergata per LibrInnovando 2012, qualche settimana fa. Ma comunque, adesso siamo qua, e adesso arriviamo alle cose importanti del nostro discorso, portate pazienza ancora qualche minuto.
***
Quello che volevamo dire è che a noi, che veniamo da una provincia piatta dell’Emilia, e qualcuno anche dalla campagna, la situazione attuale, parlando di editoria digitale, ci fa venire in mente quegli alberi pieni di uccelli che quando arriva una schioppettata da lontano si alzano in volo alla rinfusa, per poi cercare di tornare appena possibile sul ramo dov’erano prima. Ecco, adesso, sempre parlando di editoria digitale, ci sembra che la schioppettata è ancora lì che risuona nell’aria, e gli uccelli son tutti alla rinfusa a chiedersi: cos’è successo? dove andiamo? come facciamo? E si creano occasioni pubbliche come questa dove, tra una presentazione di un libro e un’intervista, ognuno dice la sua in attesa, sembra, di poter tornare sul ramo dov’era prima.
Eh, cos’è successo? È successo che a un certo punto i mezzi per fare i libri, i mezzi di produzione, come si diceva una volta nell’era delle ideologie, non sono più esclusiva di pochi, cioè delle case editrici, ma sono a disposizione di gente, tipo noi, che una mattina si svegliano e si mettono a pubblicare degli ebook. E noi lo facciamo gratis, ma c’è anche chi li vende.
Forse avete presente quel bellissimo film, e anche il libro, ma più il film per quelli della mia generazione, che è La Storia Infinita, dove una nube tumultuosa erode sempre più velocemente Fantasya, il mondo creato dall’immaginazione della gente. Quella nube tumultuosa è chiamata, nel film, il Nulla e rappresenta la mancanza di immaginazione di chi ha smesso di sognare e di leggere i libri. Ora, se ci concedete un paragone azzardatissimo, quel Nulla, nel caso nostro – e anche un po’ e soprattutto nel caso vostro, e con vostro ci rivolgiamo alle case editrici esistenti, piccole, medie o grosse che siano – quel Nulla, dicevamo, nel caso vostro, non è tanto la mancanza di immaginazione o l’incapacità di sognare della gente che non legge i libri – che è un altro discorso e che non ci compete – quanto un Troppo, una mole senza forma, ma sempre tumultuosa, di informazioni e rumore, rappresentata dalla gran quantità di autoproduzioni, autopubblicazioni, eccetera, che erode sempre più velocemente la Fantasya dell’editoria. È un Troppo, questa mole, questa nube, che rischia di disorientare anche il lettore.
E dove andiamo?, si chiedono gli uccelli che svolazzano dopo la schioppettata. Proviamo a tornare sul ramo dov’eravamo prima, pensano le case editrici in volo disorientate alla rinfusa. Ed ecco comparire sistemi di protezione anti-pirateria come i DRM, e prezzi di vendita ingiustificabili rispetto all’editoria tradizionale e alla sua filiera che passava attraverso gli alberi e i boscaioli, la carta e i tipografi, i distributori e le librerie. Ma sembra tutto inutile, la nube del self-publishing avanza e s’insinua sempre di più nella Fantasya degli editori, tanto che noi, che pubblichiamo, nel nostro piccolo con un certo successo, degli ebook gratuiti, siamo un po’ come Gmorg, il lupo nero della Storia Infinita che aiuta l’avanzata del Nulla: noi non facciamo altro che alimentare il Troppo, anche se facendolo ci divertiamo come dei matti.
***
Per esempio, nell’ultimo anno ci siam divertiti a pubblicare anche dei libri non collettivi. Come croccantissima, che è una sottospecie di romanzo di simone rossi. simone rossi è uno scrittore forlivese contemporaneo vivente, molto bravo, è un barabbista e si stampa da solo i suoi libri portandoli in giro con dei reading musicati, e li vende così, senza casa editrice, quelli di carta, o li dà via gratis in ebook con le case editrici inesistenti. Adesso, simone non è potuto venire, oggi, allora l’elena, cioè osvaldo, vi legge un pezzetto di croccantissima, che è il terzo libro di simone rossi e il suo secondo autoprodotto, noi l’abbiamo pubblicato nell’agosto del 2011.
(l’elena legge un pezzetto di croccantissima)
Poi, rispettivamente a ottobre 2011 e a febbraio del 2012 abbiamo pubblicato due libri di Elena Marinelli, cioè osvaldo. Il primo è stato spellicolaggini, una specie di manuale di cinema, e l’altro è Febbraio 29, una raccolta di racconti ambientati il 29 febbraio e pubblicati il 29 febbraio di quest’anno, visto che si presentava l’occasione bisestile. Adesso Elena Marinelli, cioè osvaldo, ve ne legge dei pezzetti, poi torniamo a prendere il filo del discorso.
(l’elena legge dei pezzetti di spellicolaggini e Febbraio 29)
E infine, un mese fa, visto che io e il carlo dulinizo siamo stati invitati a partecipare al Treno della Memoria 2012, da Carpi ad Auschwitz abbiamo scritto quattro racconti e un report di viaggio che abbiamo pubblicato gratis il 15 aprile in un ebook che si chiama E far l’amore anche se il mondo muore. Però non ve li leggiamo perché sono racconti lunghi e poi sarete anche stanchi di sentirci parlare, avete ragione, abbiamo quasi finito, portate pazienza.
(Poi, vabbè, velocissimamente, c’è da dire che, non contenti, abbiamo addirittura fondato una collana editoriale inesistente e che non pubblica niente dal nome Barabba Elettrolibri, dove ci limitiamo a convertire in ebook e a rendere disponibili in rete dei racconti o dei libri che autori che ci piacciono – tipo Gianni Solla o Azael, per fare due nomi – hanno messo a disposizione gratis in pdf sui loro siti. Glielo chiediamo e li pubblichiamo ancor prima di leggerli, delle volte, questi libri, ché in pdf, scusate, ma si fa fatica. Con Barabba Elettrolibri abbiamo pubblicato 8 ebook di autori diversi.)
E allora, oggi, in tutto, tra Barabba Edizioni e Barabba Elettrolibri, come Gmorg della Storia Infinita, abbiamo nutrito il Troppo con 20 ebook. E a guardarli bene, questi 20 ebook, non è che siano poi così diversi, qualitativamente, da quelli che vengon venduti su Amazon, Bookrepublic, IBS, eccetera. Insomma, mica male per una casa editrice che non esiste.
***
E allora come facciamo adesso?, si chiedono forse gli editori alla rinfusa, molti ancora convinti di poter tornare sul ramo dov’erano prima, quando vedono che senza carta non c’è più nemmeno l’albero su cui s’erano appollaiati. Come facciamo?, si chiedono gli editori, ora che il nostro monopolio è intaccato, ora che i mezzi di produzione dei libri sono così semplici e alla portata di tutti, ora che anche i mezzi per aggirare le protezioni inutili che ci sono sui libri sono in mano ai ragazzini, ora che leggere un libro senza pagarlo è facilissimo, ora che la nostra Fantasya, che già era ostacolata dal mercato, dalla mancanza di lettori e dalla trasformazione dei loro superstiti in consumatori, dalla crisi, dai governi e dalla Grecia, è minacciata dalle orde indipendenti del self-publishing. Come facciamo?, chiedono gli editori.
Come fate? Eh?
Non venite a chiederlo a noi, vi rispondiamo. Non lo sappiamo. Noi siamo solo una casa editrice inesistente, facciamo un po’ come ci pare. Ma noi siamo soprattutto lettori, e in quanto lettori siamo disorientati. Una volta c’eravate voi, editori, una volta tanto tempo fa, molto prima che il digitale diventasse cosa di tutti i giorni da tenere in tasca, molto molto prima, quando eravate voi a indicare una strada, a creare quel mondo dell’immaginazione in cui passavamo i nostri pomeriggi, nelle nostre camerette, a leggere le cose che pubblicavate. Adesso invece c’è il Troppo: il Troppo nelle pubblicazioni, nelle autopubblicazioni, nelle autoproduzioni; il Troppo nella critica, nelle recensioni, nelle segnalazioni in rete; il Troppo informe che avanza ed erode la vostra credibilità.
Non lo sappiamo, come fate e come farete. Non è affar nostro. Ma una cosa, secondo noi, bisogna che la facciate, perché non è solo il possesso dei mezzi di produzione a fare un libro, a fare i libri. Ci sono delle responsabilità sulla diffusione della cultura, sulla qualità delle pubblicazioni, sulla scelta tra ciò che ha valore e ciò che non lo ha, ci sono delle regole da gestire sull’equità dei compensi per chi lavora nella cultura del quartario, come lo definiva Bianciardi, e per quelli che troppo spesso vengono dimenticati in questi discorsi in cui gli editori e i lettori sembrano le sole forze che muovono e padroneggiano il mondo dell’immaginario di Fantasya, e sto parlando degli scrittori.
Non lo sappiamo, cosa farete per evitare che la vostra Fantasya venga disgregata fino all’ultimo granello. Certo non saranno delle protezioni informatiche o dei prezzi insensati a fermare la rovina morale ed economica che già ha distrutto altri settori della cultura. A differenza degli altri settori, però, la letteratura continuerà a vivere con o senza di voi, con o senza la carta, con o senza ciò che da qualche secolo, nemmeno tanti, in verità, chiamiamo libro. Quello che dovete fare è inventare un modo nuovo di fare editoria. Ricreare Fantasya dal Nulla. Quello che dovete fare è guardare in faccia il Troppo che avanza, cercare di capirlo e razionalizzarlo, rendervi conto che il Troppo sta parlando con voi, che siete già coinvolti.
Allora a quel punto lì dovreste alzarvi in piedi nella soffitta in cui state cercando di capire cosa succede, spalancare la finestra sul temporale che c’è là fuori, e urlare un nome nuovo per l’Imperatrice.
Grazie.
Abbiamo finito.
Buonasera.
Si sente se parlo così?
Prima di cominciare vorremmo ringraziare Bookrepublic – gli appuntamenti della saletta Book To The Future, fin qui, ci son sembrati interessantissimi e ci scusiamo anticipatamente se questo nostro intervento imbolsirà tutta la questione; poi io ho questa cosa che non riesco a parlare a braccio e mi sono scritto tutto, spero che non vi disturbi, portate pazienza; avevo anche la stampante rotta e allora, scusate, ho messo tutto sul Kindle; e bisogna anche che vi confessi che questo intervento l’ho scritto insieme al mio socio carlo dulinizo, e l’abbiamo già letto all’Università di Tor Vergata per LibrInnovando 2012, anche se là durava dieci minuti, qui dura un po’ di più ed è un po’ più approfondito, ma, insomma, se diciamo delle cose che avete già sentito, portate pazienza anche qui – comunque, ringraziamo tutti e in particolar modo vorremmo ringraziare Matteo Brambilla, che ci aveva chiamati anche l’anno scorso al Salone del Libro e gli siam piaciuti così tanto che ci ha richiamati anche quest’anno a parlare di questioni che, sinceramente, conosciamo poco.
Il nostro intervento si intitola Un nome nuovo per l’Imperatrice, ha per sottotitolo contro la minaccia del self-publishing e affronta questioni legate alla creazione e alla distribuzione degli ebook, e all’editoria digitale in generale, questioni per le quali abbiamo idee abbastanza confuse, tranne forse sulla prima, la creazione degli ebook, della quale qualcosa sappiamo.
***
Intanto ci presentiamo: io mi chiamo Marco Manicardi, anche se in rete mi conoscon tutti come il Many, faccio l’ingegnere, ho 33 anni e vivo a Carpi, in provincia di Modena, con quella ragazza lì che si chiama Caterina Imbeni, si fa chiamare grushenka, ha 31 anni e fa la tutor di formazione continua, qualunque cosa significhi; il mio socio, quel ragazzo lì, si chiama Luca Zirondoli, anche se in rete si fa chiamare carlo dulinizo, fa il disoccupato, ha 32 anni e vive a Correggio, in provincia di Reggio Emilia; quell’altra ragazza lì, invece, si chiama Elena Marinelli, si fa chiamare osvaldo, ha 29 anni, lavora coi libri e vive a Milano. Insieme abbiamo fondato un blog vagamente letterario di nome Barabba e nel 2010, dopo il gran successo di un ebook collettivo e gratuito sulla Resistenza che avevamo pubblicato sul blog e che s'intitolava Schegge di Liberazione, abbiamo fondato una casa editrice inesistente dal nome Barabba Edizioni, forse qualcuno di voi ne ha sentito parlare, forse no.
Prima di dirvi quello che vogliamo dirvi sulle nostre idee riguardo all’editoria digitale e al nome nuovo per l’Imperatrice, cioè l’argomento del nostro intervento, riprendiamo il filo del discorso da dove l’avevamo lasciato l’anno scorso, quando abbiamo fatto un intervento che raccontava la storia di Barabba Edizioni, che è una casa editrice inesistente, nel senso che non vende niente, non spende niente e non guadagna niente, anche se pubblica lo stesso dei libri. Libri elettronici, principalmente, e collettivi: uno era Schegge di Liberazione, nel 2010, e trattava della Resistenza, uno si chiama Cronache di una sorte annunciata e parla della sfiga, poi abbiamo pubblicato un altro Schegge di Liberazione, nel 2011, in tre volumi, uno anche di carta, e l’anno scorso avevamo letto qualche brano da questi libri e uno da Pensieri in apnea, che è un libro sulla vita, l’amore e la piscina scritto inconsapevolmente dal mio socio carlo dulinizo.
Ecco, noi, quando siam tornati a casa da Torino, l’anno scorso, eravamo anche contenti così, delle cose che avevamo fatto, dei nostri cinque o sei ebook pubblicati gratis, dei reading in giro per l’Italia, degli interventi nelle occasioni pubbliche come al Salone del Libro, eccetera. Solo, si vede che siamo diventati di moda, perché anche il Corriere è venuto a intervistarci, e siamo arrivati terzi nella categoria miglior blog letterario in quella specie di notte degli oscar della blogsfera che si fa tutti gli anni a Rida del Garda.
Poi un giorno, per caso, sul blog, ci siamo messi a scrivere dei post che raccontavano delle cicatrici che avevamo addosso, quelle vere, quelle delle cadute in bici, o dal seggiolone, per intenderci, e si vede che i blogger si erano abituati alle nostre pubblicazioni collettive, perché stavolta han cominciato ad arrivarci spontaneamente un sacco di racconti. Così, a un certo punto, ci siamo inventati un tormentone che diceva “dateci un taglio”, abbiamo lanciato un appello su tutto l’internet e in poco più di un mese ci siamo trovati in mano più di un centinaio di cicatrici altrui. Come per gli altri che avevamo già pubblicato, quindi, abbiamo impaginato questo ebook pieno di sfregi e difetti e l’abbiamo pubblicato gratis su internet a luglio del 2011 col nome Cicatrici (ci dispiace solo per Gianluca Morozzi che ha scritto un libro dal titolo uguale).
Dentro a Cicatrici, come abbiamo detto, ci sono un centinaio di sfregi, uno è quello di carlo dulinizo, adesso ve lo legge.
(carlo dulinizo legge Giro giro tonfo)
Insomma, è andato molto bene, Cicatrici, con migliaia di download che continuano anche adesso dopo quasi un anno, e addirittura c’è stato Matteo B. Bianchi (che se è qua in giro lo salutiamo, visto che dice sempre di essere un nostro fan) c’è stato Matteo B. Bianchi che su l’Unità ha scritto che era il libro più bello che si era portato in vacanza, e che, in qualche modo, l’avevamo messo in pace col mondo. Che a ripensarci vien da fare la coda da pavone, come si dice, perché da noi, che siamo principalmente emiliani, i nostri nonni ci han sempre insegnato che quando una cosa la dice l’Unità, allora è vera.
E adesso, visto che Cicatrici che era un ebook molto bello, secondo noi, e voluminoso, se così si può dire, adesso grushenka ve ne legge un’altra, di cicatrici.
(grushenka legge Salame)
Nel frattempo, son più di due anni che noi barabbisti, cioè quella manciata di persone che scrive sul blog di Barabba, giriamo l'Italia e un po' d'Europa a leggere questi ebook dal vivo a voce alta accompagnati da della musica. Soprattutto Schegge di Liberazione, quello sulla Resistenza, che è un argomento che, oltre a essere importante, si vede che la gente è interessata perché ci chiamano dappertutto, ci han chiamati anche a Parigi a leggere davanti al Console, per dire, che a ripensarci ci trema ancora l’orlo delle mutande, come si dice.
E tutto questo viavai di reading e di ebook è successo un po' per caso, che non ce l’aspettavamo. Talmente per caso che ci chiediamo sempre come mai veniamo chiamati in queste occasioni, diciamo istituzionali, a parlare di ebook come sta succedendo adesso o come, ad esempio, è successo al Salone del Libro di Torino dell’anno scorso dove erano rimasti così contenti che ci han chiamati a dire delle cose anche quest’anno, o all’Università di Tor Vergata per LibrInnovando 2012, qualche settimana fa. Ma comunque, adesso siamo qua, e adesso arriviamo alle cose importanti del nostro discorso, portate pazienza ancora qualche minuto.
***
Quello che volevamo dire è che a noi, che veniamo da una provincia piatta dell’Emilia, e qualcuno anche dalla campagna, la situazione attuale, parlando di editoria digitale, ci fa venire in mente quegli alberi pieni di uccelli che quando arriva una schioppettata da lontano si alzano in volo alla rinfusa, per poi cercare di tornare appena possibile sul ramo dov’erano prima. Ecco, adesso, sempre parlando di editoria digitale, ci sembra che la schioppettata è ancora lì che risuona nell’aria, e gli uccelli son tutti alla rinfusa a chiedersi: cos’è successo? dove andiamo? come facciamo? E si creano occasioni pubbliche come questa dove, tra una presentazione di un libro e un’intervista, ognuno dice la sua in attesa, sembra, di poter tornare sul ramo dov’era prima.
Eh, cos’è successo? È successo che a un certo punto i mezzi per fare i libri, i mezzi di produzione, come si diceva una volta nell’era delle ideologie, non sono più esclusiva di pochi, cioè delle case editrici, ma sono a disposizione di gente, tipo noi, che una mattina si svegliano e si mettono a pubblicare degli ebook. E noi lo facciamo gratis, ma c’è anche chi li vende.
Forse avete presente quel bellissimo film, e anche il libro, ma più il film per quelli della mia generazione, che è La Storia Infinita, dove una nube tumultuosa erode sempre più velocemente Fantasya, il mondo creato dall’immaginazione della gente. Quella nube tumultuosa è chiamata, nel film, il Nulla e rappresenta la mancanza di immaginazione di chi ha smesso di sognare e di leggere i libri. Ora, se ci concedete un paragone azzardatissimo, quel Nulla, nel caso nostro – e anche un po’ e soprattutto nel caso vostro, e con vostro ci rivolgiamo alle case editrici esistenti, piccole, medie o grosse che siano – quel Nulla, dicevamo, nel caso vostro, non è tanto la mancanza di immaginazione o l’incapacità di sognare della gente che non legge i libri – che è un altro discorso e che non ci compete – quanto un Troppo, una mole senza forma, ma sempre tumultuosa, di informazioni e rumore, rappresentata dalla gran quantità di autoproduzioni, autopubblicazioni, eccetera, che erode sempre più velocemente la Fantasya dell’editoria. È un Troppo, questa mole, questa nube, che rischia di disorientare anche il lettore.
E dove andiamo?, si chiedono gli uccelli che svolazzano dopo la schioppettata. Proviamo a tornare sul ramo dov’eravamo prima, pensano le case editrici in volo disorientate alla rinfusa. Ed ecco comparire sistemi di protezione anti-pirateria come i DRM, e prezzi di vendita ingiustificabili rispetto all’editoria tradizionale e alla sua filiera che passava attraverso gli alberi e i boscaioli, la carta e i tipografi, i distributori e le librerie. Ma sembra tutto inutile, la nube del self-publishing avanza e s’insinua sempre di più nella Fantasya degli editori, tanto che noi, che pubblichiamo, nel nostro piccolo con un certo successo, degli ebook gratuiti, siamo un po’ come Gmorg, il lupo nero della Storia Infinita che aiuta l’avanzata del Nulla: noi non facciamo altro che alimentare il Troppo, anche se facendolo ci divertiamo come dei matti.
***
Per esempio, nell’ultimo anno ci siam divertiti a pubblicare anche dei libri non collettivi. Come croccantissima, che è una sottospecie di romanzo di simone rossi. simone rossi è uno scrittore forlivese contemporaneo vivente, molto bravo, è un barabbista e si stampa da solo i suoi libri portandoli in giro con dei reading musicati, e li vende così, senza casa editrice, quelli di carta, o li dà via gratis in ebook con le case editrici inesistenti. Adesso, simone non è potuto venire, oggi, allora l’elena, cioè osvaldo, vi legge un pezzetto di croccantissima, che è il terzo libro di simone rossi e il suo secondo autoprodotto, noi l’abbiamo pubblicato nell’agosto del 2011.
(l’elena legge un pezzetto di croccantissima)
Poi, rispettivamente a ottobre 2011 e a febbraio del 2012 abbiamo pubblicato due libri di Elena Marinelli, cioè osvaldo. Il primo è stato spellicolaggini, una specie di manuale di cinema, e l’altro è Febbraio 29, una raccolta di racconti ambientati il 29 febbraio e pubblicati il 29 febbraio di quest’anno, visto che si presentava l’occasione bisestile. Adesso Elena Marinelli, cioè osvaldo, ve ne legge dei pezzetti, poi torniamo a prendere il filo del discorso.
(l’elena legge dei pezzetti di spellicolaggini e Febbraio 29)
E infine, un mese fa, visto che io e il carlo dulinizo siamo stati invitati a partecipare al Treno della Memoria 2012, da Carpi ad Auschwitz abbiamo scritto quattro racconti e un report di viaggio che abbiamo pubblicato gratis il 15 aprile in un ebook che si chiama E far l’amore anche se il mondo muore. Però non ve li leggiamo perché sono racconti lunghi e poi sarete anche stanchi di sentirci parlare, avete ragione, abbiamo quasi finito, portate pazienza.
(Poi, vabbè, velocissimamente, c’è da dire che, non contenti, abbiamo addirittura fondato una collana editoriale inesistente e che non pubblica niente dal nome Barabba Elettrolibri, dove ci limitiamo a convertire in ebook e a rendere disponibili in rete dei racconti o dei libri che autori che ci piacciono – tipo Gianni Solla o Azael, per fare due nomi – hanno messo a disposizione gratis in pdf sui loro siti. Glielo chiediamo e li pubblichiamo ancor prima di leggerli, delle volte, questi libri, ché in pdf, scusate, ma si fa fatica. Con Barabba Elettrolibri abbiamo pubblicato 8 ebook di autori diversi.)
E allora, oggi, in tutto, tra Barabba Edizioni e Barabba Elettrolibri, come Gmorg della Storia Infinita, abbiamo nutrito il Troppo con 20 ebook. E a guardarli bene, questi 20 ebook, non è che siano poi così diversi, qualitativamente, da quelli che vengon venduti su Amazon, Bookrepublic, IBS, eccetera. Insomma, mica male per una casa editrice che non esiste.
***
E allora come facciamo adesso?, si chiedono forse gli editori alla rinfusa, molti ancora convinti di poter tornare sul ramo dov’erano prima, quando vedono che senza carta non c’è più nemmeno l’albero su cui s’erano appollaiati. Come facciamo?, si chiedono gli editori, ora che il nostro monopolio è intaccato, ora che i mezzi di produzione dei libri sono così semplici e alla portata di tutti, ora che anche i mezzi per aggirare le protezioni inutili che ci sono sui libri sono in mano ai ragazzini, ora che leggere un libro senza pagarlo è facilissimo, ora che la nostra Fantasya, che già era ostacolata dal mercato, dalla mancanza di lettori e dalla trasformazione dei loro superstiti in consumatori, dalla crisi, dai governi e dalla Grecia, è minacciata dalle orde indipendenti del self-publishing. Come facciamo?, chiedono gli editori.
Come fate? Eh?
Non venite a chiederlo a noi, vi rispondiamo. Non lo sappiamo. Noi siamo solo una casa editrice inesistente, facciamo un po’ come ci pare. Ma noi siamo soprattutto lettori, e in quanto lettori siamo disorientati. Una volta c’eravate voi, editori, una volta tanto tempo fa, molto prima che il digitale diventasse cosa di tutti i giorni da tenere in tasca, molto molto prima, quando eravate voi a indicare una strada, a creare quel mondo dell’immaginazione in cui passavamo i nostri pomeriggi, nelle nostre camerette, a leggere le cose che pubblicavate. Adesso invece c’è il Troppo: il Troppo nelle pubblicazioni, nelle autopubblicazioni, nelle autoproduzioni; il Troppo nella critica, nelle recensioni, nelle segnalazioni in rete; il Troppo informe che avanza ed erode la vostra credibilità.
Non lo sappiamo, come fate e come farete. Non è affar nostro. Ma una cosa, secondo noi, bisogna che la facciate, perché non è solo il possesso dei mezzi di produzione a fare un libro, a fare i libri. Ci sono delle responsabilità sulla diffusione della cultura, sulla qualità delle pubblicazioni, sulla scelta tra ciò che ha valore e ciò che non lo ha, ci sono delle regole da gestire sull’equità dei compensi per chi lavora nella cultura del quartario, come lo definiva Bianciardi, e per quelli che troppo spesso vengono dimenticati in questi discorsi in cui gli editori e i lettori sembrano le sole forze che muovono e padroneggiano il mondo dell’immaginario di Fantasya, e sto parlando degli scrittori.
Non lo sappiamo, cosa farete per evitare che la vostra Fantasya venga disgregata fino all’ultimo granello. Certo non saranno delle protezioni informatiche o dei prezzi insensati a fermare la rovina morale ed economica che già ha distrutto altri settori della cultura. A differenza degli altri settori, però, la letteratura continuerà a vivere con o senza di voi, con o senza la carta, con o senza ciò che da qualche secolo, nemmeno tanti, in verità, chiamiamo libro. Quello che dovete fare è inventare un modo nuovo di fare editoria. Ricreare Fantasya dal Nulla. Quello che dovete fare è guardare in faccia il Troppo che avanza, cercare di capirlo e razionalizzarlo, rendervi conto che il Troppo sta parlando con voi, che siete già coinvolti.
Allora a quel punto lì dovreste alzarvi in piedi nella soffitta in cui state cercando di capire cosa succede, spalancare la finestra sul temporale che c’è là fuori, e urlare un nome nuovo per l’Imperatrice.
Grazie.
Abbiamo finito.
venerdì 11 maggio 2012
Biografie essenziali (139 | speciale scienziati 4bis)
Richard Phillips Feynman era, con parole sue, Nobelist physicist, teacher, storyteller, bongo player. Ovvero, il professore di fisica che tutti noi abbiamo sempre sognato, alle superiori.
(di Cristiano Micucci "Mix")
(di Cristiano Micucci "Mix")
La passione considerata come corsa in salita
Barabba, invocato, dichiarò la resa.
Lo starter Pilato, azionando il suo cronometro ad acqua o clessidra – fu così che si bagnò le mani, a meno che non vi avesse semplicemente sputato – diede il via.
Gesù partì a tutta birra.
A quei tempi usava, stando al buon redattore sportivo san Matteo, flagellare alla partenza gli sprinter ciclisti, come i nostri cocchieri fanno con i loro ippomotori. La frusta è nel contempo uno stimolante e un massaggio igienico. Quindi Gesù, in buona forma, partì, ma l’incidente al pneumatico avvenne subito. Un tappeto di spine perforò tutt’intorno la ruota anteriore.
Ai giorni nostri si può constatare come somigliasse a una vera e propria corona di spine presso i fabbricanti di cicli, che la affiggono come pubblicità dei pneumatici indistruttibili. Di certo non lo era quello di Gesù, un semplice tubolare del tutto ordinario.
I due ladroni, che se la intendevano, presero terreno.
È falso che vi fossero chiodi. I tre che figurano in certe immagini sono gli attrezzi per smontare i pneumatici, detti «un minuto».
Occorre però, innanzi tutto, dar conto delle cadute. Per cominciare, dedichiamo dunque qualche parola alla descrizione della macchina.
Il telaio è un’invenzione relativamente recente. Fu nel 1890 che comparvero le prime biciclette dotate di telaio. Prima di allora il corpo della macchina era composto da due tubi incrociati perpendicolarmente l’uno sull’altro. Si trattava della cosiddetta bicicletta a corpo retto o a croce. Quindi Gesù, dopo l’incidente del pneumatico, scalò il pendio a piedi, prendendo in spalla il suo telaio o, se si vuole, la sua croce.
Incisioni dell’epoca, basate su documenti fotografici, riproducono la scena. Sembra però che lo sport ciclistico – in seguito al ben noto incidente che pose sgradevolmente fine alla corsa della Passione e che, quasi in coincidenza dell’anniversario, l’incidente simile del conte Zborowski riporta agli onori della cronaca – sembra che questo sport sia stato vietato per un certo periodo, con decreto prefettizio. Il che spiega come mai nelle riproduzioni della celebre scena che si trovano nei giornali illustrati figurino biciclette di pura fantasia. Si confuse la croce del corpo della macchina con quell’altra croce, la forcella dritta. Gesù fu rappresentato con le braccia aperte e le mani sul manubrio. Osserviamo a tale proposito che Gesù pedalava disteso sul dorso, al fine di contrastare la resistenza dell’aria.
Osserviamo anche che il telaio, ovvero la croce della macchina, come certi cerchioni moderni, era di legno.
Si insinua da parte di certuni, a torto, che la macchina di Gesù fosse un velocipede, strumento piuttosto inverosimile in una corsa di montagna, in salita. Secondo gli antichi agiografi ciclofili, santa Brigida, Gregorio di Tours e Ireneo, la croce era munita di un dispositivo detto «suppedaneum». Non è certo necessario un esperto per tradurre: «pedale».
Giusto Lipsio, Giustino, Bosius e Erycius Puteanus descrivono un altro accessorio che ritroviamo ancora nel 1634, come riporta Cornelius Curtius, in certe croci del Giappone: una parte prominente della croce, ovvero del telaio, di legno o cuoio, che il ciclista inforca: evidentemente il sellino.
Queste descrizioni, peraltro, non sono più infedeli di quelle che i cinesi dànno oggi della bicicletta: «piccolo mulo che si conduce per le orecchie e procede a suon di pedate».
Abbrevieremo il racconto della corsa, riportato nei dettagli in varie opere specialistiche, ed esposto dalla scultura e dalla pittura in monumenti ad hoc: sul durissimo pendio del Golgota ci sono quattordici curve. Fu alla terza che Gesù cadde per la prima volta. Sua madre, in tribuna, si allarmò.
L’ottimo gregario Simone di Cirene, la cui funzione sarebbe stata, se non si fosse verificato l’incidente delle spine, quella di «tirare» e di prendere il vento, portò allora la sua macchina.
Gesù, benché non portasse niente, sudava. Non è sicuro che una spettatrice gli abbia deterso il volto, ma è certo esatto che la reporter Veronica abbia preso un’istantanea con la sua kodak.
La seconda caduta avvenne alla settima curva, su un pavé sdrucciolevole. Gesù scivolò per la terza volta, su un paracarro, all’undicesima.
Le cortigiane d’Israele agitarono i fazzoletti all’ottava.
Il deplorevole incidente che sappiamo avvenne alla dodicesima curva. Gesù era, in quel momento, testa a testa con i due ladroni. Sappiamo anche che continuò la corsa come aviatore… ma questo ci porta fuori tema.
__________
Questo brano è un estratto da Scritti Patafisici di Alfred Jarry, edito da :duepunti edizioni e da poco disponibile nella neonata sezione Hypercorpus in cui trovate alcuni titoli della loro casa convertiti e visualizzabili in versione digitale e integrale. Un progetto sperimentale al quale speriamo di riuscire a dare un valido contributo. Come dicono loro:
Lo starter Pilato, azionando il suo cronometro ad acqua o clessidra – fu così che si bagnò le mani, a meno che non vi avesse semplicemente sputato – diede il via.
Gesù partì a tutta birra.
A quei tempi usava, stando al buon redattore sportivo san Matteo, flagellare alla partenza gli sprinter ciclisti, come i nostri cocchieri fanno con i loro ippomotori. La frusta è nel contempo uno stimolante e un massaggio igienico. Quindi Gesù, in buona forma, partì, ma l’incidente al pneumatico avvenne subito. Un tappeto di spine perforò tutt’intorno la ruota anteriore.
Ai giorni nostri si può constatare come somigliasse a una vera e propria corona di spine presso i fabbricanti di cicli, che la affiggono come pubblicità dei pneumatici indistruttibili. Di certo non lo era quello di Gesù, un semplice tubolare del tutto ordinario.
I due ladroni, che se la intendevano, presero terreno.
È falso che vi fossero chiodi. I tre che figurano in certe immagini sono gli attrezzi per smontare i pneumatici, detti «un minuto».
Occorre però, innanzi tutto, dar conto delle cadute. Per cominciare, dedichiamo dunque qualche parola alla descrizione della macchina.
Il telaio è un’invenzione relativamente recente. Fu nel 1890 che comparvero le prime biciclette dotate di telaio. Prima di allora il corpo della macchina era composto da due tubi incrociati perpendicolarmente l’uno sull’altro. Si trattava della cosiddetta bicicletta a corpo retto o a croce. Quindi Gesù, dopo l’incidente del pneumatico, scalò il pendio a piedi, prendendo in spalla il suo telaio o, se si vuole, la sua croce.
Incisioni dell’epoca, basate su documenti fotografici, riproducono la scena. Sembra però che lo sport ciclistico – in seguito al ben noto incidente che pose sgradevolmente fine alla corsa della Passione e che, quasi in coincidenza dell’anniversario, l’incidente simile del conte Zborowski riporta agli onori della cronaca – sembra che questo sport sia stato vietato per un certo periodo, con decreto prefettizio. Il che spiega come mai nelle riproduzioni della celebre scena che si trovano nei giornali illustrati figurino biciclette di pura fantasia. Si confuse la croce del corpo della macchina con quell’altra croce, la forcella dritta. Gesù fu rappresentato con le braccia aperte e le mani sul manubrio. Osserviamo a tale proposito che Gesù pedalava disteso sul dorso, al fine di contrastare la resistenza dell’aria.
Osserviamo anche che il telaio, ovvero la croce della macchina, come certi cerchioni moderni, era di legno.
Si insinua da parte di certuni, a torto, che la macchina di Gesù fosse un velocipede, strumento piuttosto inverosimile in una corsa di montagna, in salita. Secondo gli antichi agiografi ciclofili, santa Brigida, Gregorio di Tours e Ireneo, la croce era munita di un dispositivo detto «suppedaneum». Non è certo necessario un esperto per tradurre: «pedale».
Giusto Lipsio, Giustino, Bosius e Erycius Puteanus descrivono un altro accessorio che ritroviamo ancora nel 1634, come riporta Cornelius Curtius, in certe croci del Giappone: una parte prominente della croce, ovvero del telaio, di legno o cuoio, che il ciclista inforca: evidentemente il sellino.
Queste descrizioni, peraltro, non sono più infedeli di quelle che i cinesi dànno oggi della bicicletta: «piccolo mulo che si conduce per le orecchie e procede a suon di pedate».
Abbrevieremo il racconto della corsa, riportato nei dettagli in varie opere specialistiche, ed esposto dalla scultura e dalla pittura in monumenti ad hoc: sul durissimo pendio del Golgota ci sono quattordici curve. Fu alla terza che Gesù cadde per la prima volta. Sua madre, in tribuna, si allarmò.
L’ottimo gregario Simone di Cirene, la cui funzione sarebbe stata, se non si fosse verificato l’incidente delle spine, quella di «tirare» e di prendere il vento, portò allora la sua macchina.
Gesù, benché non portasse niente, sudava. Non è sicuro che una spettatrice gli abbia deterso il volto, ma è certo esatto che la reporter Veronica abbia preso un’istantanea con la sua kodak.
La seconda caduta avvenne alla settima curva, su un pavé sdrucciolevole. Gesù scivolò per la terza volta, su un paracarro, all’undicesima.
Le cortigiane d’Israele agitarono i fazzoletti all’ottava.
Il deplorevole incidente che sappiamo avvenne alla dodicesima curva. Gesù era, in quel momento, testa a testa con i due ladroni. Sappiamo anche che continuò la corsa come aviatore… ma questo ci porta fuori tema.
__________
Questo brano è un estratto da Scritti Patafisici di Alfred Jarry, edito da :duepunti edizioni e da poco disponibile nella neonata sezione Hypercorpus in cui trovate alcuni titoli della loro casa convertiti e visualizzabili in versione digitale e integrale. Un progetto sperimentale al quale speriamo di riuscire a dare un valido contributo. Come dicono loro:
Non si tratta di un e-store, non è una trovata commerciale, non è l’ennesima provocazione, è un progetto articolato che vuole chiamare lettori, autori, studiosi, istituzioni e anche gli altri editori a riflettere sulle pratiche, i diritti, i doveri, le strategie e gli obiettivi che danno senso al nostro lavoro. Che è fare libri. E i libri non sono di carta, sono libri.
giovedì 10 maggio 2012
Delle altre interviste
Rodolfo Monacelli di Critica Letteraria (un sito che si spiega col titolo) mi ha fatto delle domande e io ho risposto, qui. Dico poi sempre le stesse cose.
Oggi pomeriggio, invece, su una radio di Catania che si chiama Radio Lab, tra le 16 e le 18 c'è una trasmissione che s'intitola Letteratura 3.0, e proprio oggi pomeriggio le due conduttrici Raffaella Leone e Irene D'Ambra faranno delle domande al dottor carlo dulinizo. Raffaella e Irene, da quel che ho capito, son due discrete matte, e il carlo dulinizo ce lo avete presente, ci sarà da ridere. Potete ascoltarli qui. (Poi, quando esce il podcast, lo linkiamo).
Oggi pomeriggio, invece, su una radio di Catania che si chiama Radio Lab, tra le 16 e le 18 c'è una trasmissione che s'intitola Letteratura 3.0, e proprio oggi pomeriggio le due conduttrici Raffaella Leone e Irene D'Ambra faranno delle domande al dottor carlo dulinizo. Raffaella e Irene, da quel che ho capito, son due discrete matte, e il carlo dulinizo ce lo avete presente, ci sarà da ridere. Potete ascoltarli qui. (Poi, quando esce il podcast, lo linkiamo).
mercoledì 9 maggio 2012
L'odore del Salone del Libro
L'avevamo già detto, lo diciamo ancora: domenica 13 maggio, circa alle 16:00 nella saletta Book To The Future del Salone Internazionale del Libro di Torino, facciamo delle cose. Queste cose sono un discorso dal titolo Un nome nuovo per l'imperatrice (contro la minaccia del self-publishing), dove, rispetto a quello di Roma che durava dieci minuti, parlerò per un'ora approfondendo qualche concetto e mi farò interrompere da delle letture di carlo dulinizo, osvaldo e grushenka. Riprendiamo il filo da dove eravamo arrivati col discorso dell'anno scorso. Più o meno. Se siamo bravi.
E insomma, se siete a zonzo per il Salone del Libro, domenica, e volete passare a salutarci, l'appuntamento è alle 16:00 nella sala Book To The Future del Salone Internazionale del Libro di Torino, dentro al Lingotto. Poi ci diamo delle gran pacche sulle spalle, immersi in quel fragrante odore di carta che spirerà tutt'intorno.
E insomma, se siete a zonzo per il Salone del Libro, domenica, e volete passare a salutarci, l'appuntamento è alle 16:00 nella sala Book To The Future del Salone Internazionale del Libro di Torino, dentro al Lingotto. Poi ci diamo delle gran pacche sulle spalle, immersi in quel fragrante odore di carta che spirerà tutt'intorno.
martedì 8 maggio 2012
Trucchi della borghesia (62)
Non so come sia da voi, ma dove lavoro io ci sono quei boccioni con dentro l'acqua potabile in tutti i corridoi (su google ho scritto "boccioni per l'acqua" e mi è venuto fuori correttamente un boccione per l'acqua, quindi per me quei cosi lì sono e saranno sempre identificati come boccioni per l'acqua) e non lo so, magari da voi è diverso, ma da noi tutti i boccioni per l'acqua hanno due levette: una bianca per l'acqua a temperatura ambiente, l'altra blu per l'acqua fredda, ché se ci guardi bene sono attaccati alla corrente, i boccioni per l'acqua, e io ho sempre pensato che servisse per il raffreddamento, la corrente, e invece no, vien giù l'acqua alla stessa temperatura sempre, anche se pigio la levetta blu dell'acqua fredda, che mi vengon dei nervosi che gli staccherei la spina a calci, al boccione per l'acqua; poi, di fianco, attaccato alla struttura, c'è un tubo con dentro dei bicchieri di carta nuovi, che poi son di plastica anche se da noi continuiamo a chiamarli bicchieri di carta, e, oh, vigliacco se quando ne sfilo uno per bere non ne vengon giù almeno due o tre, che poi da sopra si fa sempre una fatica bestia a reinfilare quelli che non servono e che non uso per bere, e cosa faccio, li appoggio sopra al boccione per l'acqua, così, penso, i colleghi li prendon da lì, invece di sfilarne sempre un numero spropositato quando gliene serve solo uno, e invece no, i colleghi li evitano come la peste, che mi vengon dei nervosi che penso sempre che noi, a vivere in un mondo con l'utopia dell'igiene totale, un giorno moriremo tutti di raffreddore; e dopo, alla fine, quando ho versato l'acqua nel bicchiere di carta, che poi è di plastica, pigiando una levetta qualsiasi del boccione per l'acqua, quella bianca o quella blu, tanto è uguale, poi lì di fianco c'è il cestino e il cestino è sempre pieno di bicchieri, che io ci provo a tenere il bicchiere di carta, che poi è di plastica, per tutto il giorno, almeno, e me lo porto dietro quando devo bere, che sprecare è una cosa che m'ha sempre dato fastidio, e invece no, è talmente pressante l'ondata psicologica e lo sguardo indagatore dei colleghi che bevono il loro sorso e poi buttano via subito il bicchiere praticamente nuovo che mi sono accorto che ultimamente lo faccio anch'io, che se ci penso mi vengon dei nervosi che se un giorno conosco uno che produce i boccioni per l'acqua gli chiedo: ma te, ma ti rendi conto di cosa vendi, coi tuoi boccioni per l'acqua? E senza aspettare la risposta, gl'infilo la testa sotto al rubinetto.
domenica 6 maggio 2012
(Trascrizione più o meno fedele di) Una casa editrice punk tra collaborative writing e self-publishing
[Quello che segue è il testo del nostro intervento di ieri al Liceo Classico Giovanni Pico di Mirandola (MO), un liceo abbastanza illuminato (nel senso di evoluto) dove ci sono laboratori di scrittura collettiva via web e progetti su wikipedia, dove condividono e commentano gli ebook, anche i nostri, dove siamo stati accolti da un auditorium pieno di studenti dalla prima alla terza, tutti silenziosissimi durante le letture, coinvolti nel discorso, partecipi nel dibattito successivo. Siamo molto contenti.]
Buongiorno.
Si sente se parlo così?
Prima di cominciare vorremmo ringraziare il Liceo Giovanni Pico – e prima ancora, scusate, ma io ho questa cosa che non riesco a parlare a braccio e mi sono scritto tutto, spero che non vi disturbi; poi avevo la stampante rotta e mi son messo tutto sul Kindle, portate pazienza – ringraziamo tutti e in particolar modo vorremmo ringraziare la professoressa Emanuela Zibordi, che ci teneva così tanto che dicessimo qualcosa sulla nostra esperienza di autoproduzione nell’editoria digitale, se così si può dire, da convincerci a venire qui, in questa scuola, a dire delle cose.
Intanto ci presentiamo: io mi chiamo Marco Manicardi, mi chiamano Many, ho 33 anni, faccio l’ingegnere e vivo a Carpi con quella ragazza lì che si chiama Caterina Imbeni, si fa chiamare grushenka, ha 31 anni e fa la tutor di formazione continua, che non ho ancora capito cosa vuol dire; quel ragazzo lì con la barba, secondo me lo conoscete perché alcuni di voi hanno letto un suo libro quando non facevano educazione fisica... quel ragazzo lì con la barba si chiama Luca Zirondoli, si fa chiamare carlo dulinizo, ha 32 anni, vive a Correggio e fa il disoccupato, vogliategli bene; quell’altra ragazza che c’è lì si chiama Elena Marinelli, anche se in rete la trovate col nome di osvaldo, ha 29 anni, vive a Milano e lavora coi libri; quell’altro ragazzo lì, invece, è un nostro amico, si chiama Peppe Liberti, fa il fisico e vive a Cosenza, oggi è qui perché è passato a salutarci e ce lo siamo portati dietro, non so neanche quanti anni abbia, Peppe Liberti.
***
Va bene, cominciamo. Come c’è scritto nel volantino che ha preparato la professoressa Emanuela Zibordi, il nostro intervento si intitola più o meno Barabba: una casa editrice punk tra collaborative writing e self-publishing, dura circa un’ora – portate pazienza, anche noi siamo stati studenti, tanto tempo fa, cercheremo di renderla passabile, quest’ora circa – e parlerà di Barabba Edizioni, una casa editrice che non vende niente, non spende niente, non guadagna niente e, insomma, non esiste, anche se pubblica dei libri. Parleremo anche di qualcuno di questi libri, che sono essenzialmente degli ebook gratuiti e collettivi, dei libri digitali, ma ce n’è stato uno anche di carta. Anzi, uno e mezzo.
***
Quella che stiamo per raccontarvi è una storia che inizia nel 2006, quando il mio socio carlo dulinizo – che è quello che ha scritto senza volere Pensieri in Apnea, dopo ne parliamo meglio, intanto non guardatelo male – dicevo, inizia tutto nel 2006 quando il mio socio e il sottoscritto pensiamo Dài, facciamo una rivista letteraria di carta, da mettere nelle edicole della zona di Carpi. Il mio socio era stato folgorato da Pär Lagerkvist, che è uno scrittore che nel 1951 ha ricevuto il nobel per la letteratura con un libro che si chiamava Barabba, e allora abbiam detto Chiamiamo la rivista Barabba. Ci sembrava un bel nome, per una rivista letteraria. Così, ci siamo trovati, noi due insieme a qualche altro carpigiano, abbiamo aperto un blog, l’abbiamo chiamato, appunto, Barabba e abbiamo fatto una riunione per capire cosa scriverci dentro e come costruire la nostra rivista.
E poi cos’è successo? È successo che dopo aver fatto un po’ di campagna promozionale sul blog, dopo che avevamo rifiutato anche un invito di Ugo Cornia per entrare in una rivista letteraria che forse si sarebbe chiamata l’Accalappiacani, niente, Barabba, la rivista, non ha mai visto la luce. Sconsolatissimi, dopo un po’ abbiamo smesso anche di scrivere sul blog, e siamo tornati ognuno alle proprie occupazioni: io all’ingegneria, carlo dulinizo, il mio socio, a laurearsi in lettere e nuotare in piscina.
***
Poi, all'inizio del 2010, anzi per la precisione era la fine del 2009, mi è venuto da riesumare il blog per scriverci quello che mi passava per la testa. E anche il dulinizo ha ripreso a scriverci. Lo usavamo proprio come si usa un blog, senza impegno eccessivo. Ma verso la metà di febbraio del 2010 ci siamo incontrati ancora, io e il mio socio, e gli ho chiesto Be’, ma se facessimo un ebook sulla Resistenza, visto che quest’anno a Carpi c’è l’anniversario di Materiali Resistenti? Lui, il mio socio, mi ha detto Ok, pensaci tu per le questioni dell’internet, io organizzo la serata di presentazione. Va bene, gli ho risposto, proviamo a fare ebook collettivo, in pdf, proviamo a coinvolgere le blogsfera. Lui mi ha detto Va bene. Io gli ho detto Allora siam d’accordo. Lui mi ha detto Sì.
Così abbiamo cominciato. Siamo partiti a reclutare scrittori, disegnatori, fotografi e poeti su tutti i social network disponibili (facebook, twitter, tumblr, il blog, eccetera, anche se quello che ha funzionato di più, in termini di partecipazione, è stato FriendFeed). Ci eravamo inventati un tormentone: “Barabba dice 26×1” (una specie di calco del segnale in codice che ha fatto partire la Resistenza, a suo tempo, negli anni ’40, e diceva: “Aldo dice 26×1”) così il 15 di aprile, il termine per la consegna, invece dei dieci o venti racconti che ci aspettavamo di ricevere, avevamo già raccolto una sessantina di contributi tra racconti, saggi, ragionamenti, poesie, disegni, foto e perfino un monologo teatrale di venti pagine.
Allora abbiamo impaginato tutto e l’abbiamo chiamato Schegge di Liberazione. L’abbiamo pubblicato gratuitamente su internet, in pdf, e presentato in pubblico il 24 aprile 2010, in un locale di Carpi, con delle letture e dei blogger che erano venuti da mezza Italia per leggere in pubblico i propri pezzi o quelli altrui, o anche solo per vedere cosa stava succedendo. Dentro ci sono dei racconti bellissimi, come quello che ha scritto Ilke Bab e che adesso vi legge l’elena, cioè osvaldo.
(l’elena legge Resistenza di Ilke Bab)
E com’è andata? Eh, è andata così bene che ci han chiamati a leggerlo a Bologna (due volte), poi a Milano, a Venezia, a Perugia, a Roma, a Fabriano e anche in una radio. Insomma, un ebook e un tour di presentazione, proprio come per i libri veri.
***
È andata così bene che verso la metà di maggio, sempre nel 2010, mi incontro ancora col mio socio carlo dulinizo e gli dico: Be', ma se facessimo un ebook sulla Sfortuna, visto che quest'anno a Carpi – adesso sembra che a Carpi succeda un po' tutto – c'è il decennale del Festival di Filosofia e il tema è la Fortuna. Lui, il mio socio, mi ha detto Ok, pensaci tu per le questioni dell'internet, io organizzo la serata di presentazione. Va bene, gli ho risposto, allora siam d'accordo. Lui mi ha detto Sì.
Così abbiamo ricominciato. Ancora, su facebook, su twitter, su tumblr, a voce, e soprattutto su FriendFeed, abbiamo reclutato scrittori, poeti, fotografi e disegnatori. Ci eravamo inventati un altro tormentone: “Accettate la sfiga” (che era il primo gioco di parole che ci è saltato in mente, ma alla gente piaceva). E il 9 di settembre 2010, il termine per la consegna, avevamo già raccolto un'altra settantina di contributi, tra racconti, saggi, ragionamenti, poesie, disegni e foto; e alcuni degli autori erano tra quelli che avevano già partecipato a Schegge di Liberazione, altri erano nuovi.
Poi l’abbiamo impaginato (due volumi, questa volta, sempre in pdf) e l’abbiamo chiamato Cronache di una sorte annunciata (che era il secondo gioco di parole che ci è saltato in mente). È uscito venerdì 17 settembre 2010. L'abbiamo pubblicato gratis su internet e presentato in pubblico quella sera lì, in un locale, con delle letture e dei blogger che ancora erano venuti da mezza Italia per leggere in pubblico i propri pezzi o quelli altrui, o anche solo per vedere cosa stava succedendo. Dentro ci sono delle cose che secondo noi vale la pena ascoltare, come il pezzo che adesso vi legge grushenka, l’ha scritto lei, si chiama “Venticinque”.
(grushenka legge Venticinque)
***
È andato molto bene anche Cronache di una sorte annunciata, con migliaia di download e apprezzamenti. E intanto eravamo ancora in giro a leggere Schegge di Liberazione. E insomma, ci siam detti Va bene, siamo contenti così, portiamo ancora in giro le Schegge per un po’, dove ci chiamano, ché la Resistenza è un argomento che ci fa piacere portare in giro, poi magari torniamo alle nostre normali occupazioni, io l’ingegnere, dulinizo il letterato disoccupato e il nuotatore.
Solo che, insomma, quando inizi a fare una cosa, poi ti rimane il tarlo lì che gira nel cervello, e ti vien voglia di provare a spingerti più in là, percorrere strade nuove… e intanto che il mondo gira, il tempo passa, il 2010 sta per finire e il tarlo è ancora lì che tarla, succede che esplodono gli ebook reader: Kindle, iPad, telefoni che leggono i libri, cose così. E intanto, mentre siamo lì che convertiamo e pubblichiamo le Schegge e le Cronache anche in formato epub e mobi, si avvicina anche il compleanno del mio socio carlo dulinizo.
Quasi quasi, mi son detto, quasi quasi prendo i suoi post di Barabba sulla sua esperienza in piscina – perché a trent’anni, il dulinizo s’è iscritto in piscina, ha imparato a nuotare e ha scoperto un mondo nuovo; settimanalmente ne parlava nel suo modo un po' iperletterario su Barabba – prendo i suoi post, mi son detto, e ci faccio un ebook.
E l’ho fatto davvero. L’ho impaginato e l’ho chiamato Pensieri in apnea, forse ne avete sentito parlare, e in fondo ci ho scritto in piccolo: “Barabba Edizioni”. Era la prima volta che lo scrivevamo da qualche parte.
Pensieri in apnea è stato pubblicato online, gratuitamente, in pdf e in epub, il 20 dicembre del 2010, giorno del trentunesimo giro intorno al Sole di carlo dulinizo. Si tratta forse di un caso unico nella Storia dell’editoria: il primo libro pubblicato all’insaputa dell’autore, il primo regalo di compleanno fatto al mondo, invece che al festeggiato. Adesso carlo ve ne legge un passo. Se lo conoscete già, portate pazienza e vogliategli bene.
(carlo dulinizo legge Tutto quel che so)
***
E Schegge di Liberazione? Schegge di Liberazione, intanto, continuava a girare. Ci chiamavano a leggerlo in giro, c’era sempre più gente che veniva per leggere o per ascoltare o per vedere cosa stava succedendo. Allora, già che ci siamo, abbiamo pensato, inventiamoci una casa editrice che non esiste e chiamiamola Barabba Edizioni, e proviamo a rifare Schegge di Liberazione anche nel 2011, magari collaborando con l’ANPI di Carpi.
Come nel 2010, al grido, lanciato su tutti i social network, di “Barabba dice 26×1” (l’abbiamo riusato perché funzionava benissimo) sono arrivati oltre novanta contributi. Solo che stavolta, per provare, volevamo fare un libro di carta, e novanta contributi, per ragioni fisiche ed economiche non ci stavano tutti. Così ne abbiamo selezionati una manciata, e questa manciata, l’abbiamo impaginata, stampata in 500 copie e rilegata con un po’ di colla e filo. Dietro ci abbiamo scritto “Barabba Edizioni” e “Creative Commons”.
Il 25 aprile del 2011 dovevamo presentarlo all’Ex Campo di Concentramento di Fossoli, solo che poi è successa una tragedia, in piazza a Carpi, e allora, ufficialmente, è andata a finire che l’abbiamo presentato alla Società Operaia di Mutuo Soccorso d’ambo i sessi Edmondo De Amicis, a Torino, durante il Salone Internazionale del Libro, dove ci avevano addirittura chiesto di tenere una conferenza su Barabba Edizioni ed eravamo l’unica casa editrice inesistente al Salone del Libro, che a ripensarci ci scappa da ridere, come si dice.
Intanto, Schegge di Liberazione del 2011 l’abbiamo anche pubblicato gratuitamente su internet, in pdf, epub e mobi. E dentro ci sono ventinove racconti sulla Resistenza e sulla Liberazione, argomenti che, non so come va ai vostri tempi, ma ai miei non ci arrivavamo mai, col programma. Questi racconti secondo noi sono bellissimi, come la poesia di Azael che si intitola “Virginia che non si muove” e che vi legge l’elena, cioè osvaldo.
(l’elena legge Virginia che non si muove di Azael)
***
Non sono necessariamente i migliori, i contributi che abbiamo messo dentro a Schegge di Liberazione 2011, ma sono quelli che forse più si adattavano al formato cartaceo, ma non è detto, non siamo mica degli editori veri. Gli altri sessanta e passa li abbiamo raccolti in un altro ebook che abbiamo pubblicato il 9 maggio 2011, sempre gratuitamente, in pdf e in epub, su internet. Sono 268 pagine di storie resistenti, si chiama Schegge di Liberazione Outtakes. Poi, nel 2012, visto che continuavano ad arrivarci dei racconti anche se avevamo smesso di chiederli in giro, ne abbiamo pubblicato un altro dal titolo Schegge di Liberazione Bonus Tracks. In tutto, alla fine, sono quattro ebook sulla Resistenza pubblicati in un anno e mezzo. Mica male per una casa editrice che non esiste.
***
Poi, niente, noi eravamo anche contenti così. Solo, si vede che siamo diventati di moda, perché anche il Corriere è venuto a intervistarci. E un giorno, per caso, sul blog – Barabba è rimasto comunque un blog, dove adesso che siamo una decina a scrivervi, chi vuole e si sveglia al mattino con una cosa da scrivere, la scrive, proprio come si fa coi blog – comunque, dicevo, un giorno, per caso, ci siamo messi a scrivere dei post che raccontavano delle cicatrici che avevamo addosso, quelle vere, quelle delle cadute in bici, o dal seggiolone, per intenderci, e si vede che i blogger si erano abituati alle nostre pubblicazioni collettive, perché stavolta han cominciato ad arrivarci spontaneamente un sacco di racconti.
Così, a un certo punto, ci siamo inventati ancora un tormentone che diceva “dateci un taglio”, perché alla fine siamo poi anche simpatici, e in poco più di un mese ci siamo trovati in mano più di un centinaio di cicatrici altrui. Come per gli altri, quindi, abbiamo impaginato questo ebook pieno di sfregi e difetti e l’abbiamo pubblicato gratis su internet a luglio del 2011 col nome Cicatrici (ci dispiace solo per Gianluca Morozzi che ha scritto un libro dal titolo uguale, se non sapete chi sia Gianluca Morozzi, che non siete mica obbligati a saperlo, davvero, comunque se non lo sapete, Gianluca Morozzi è uno scrittore italiano contemporaneo vivente).
Insomma, è andato molto bene anche Cicatrici, addirittura c’è stato Matteo B. Bianchi (se non sapete chi sia Matteo B. Bianchi, che non siete mica obbligati a saperlo, davvero, comunque se non lo sapete, Matteo B. Bianchi è uno scrittore italiano contemporaneo vivente molto bravo) c’è stato Matteo B. Bianchi che su l’Unità ha scritto che era il libro più bello che si era portato in vacanza, e che l’abbiamo messo in pace col mondo. Che a ripensarci vien da fare la coda da pavone, come si dice.
Dentro a Cicatrici, come abbiamo detto, ci sono un centinaio di sfregi, uno è quello di carlo dulinizo, vogliategli bene, adesso ve lo legge.
(carlo dulinizo legge Giro giro tonfo)
E adesso, visto che c’è anche Peppe Liberti che è venuto a trovarci e noi ce lo siam portati dietro, e visto che anche Peppe Liberti, che è un fisico, ha scritto una cicatrice nel nostro libro sulle cicatrici, adesso ve ne legge una anche lui.
(Peppe Liberti legge Salame)
***
Ecco, e con questo abbiamo esaurito la storia di Barabba Edizioni per quanto riguarda il collaborative writing e self-publishing, dove vi abbiamo raccontato dei libri collettivi che pubblichiamo gratis e di come a tutti gli effetti siamo una casa editrice che non esiste.
Ci sarebbero poi degli altri libri che abbiamo pubblicato, ma sono libri di un solo autore, come croccantissima, che è una sottospecie di romanzo di simone rossi (se non sapete chi sia simone rossi, che non siete mica obbligati a saperlo, davvero, comunque se non lo sapete, simone rossi è uno scrittore forlivese contemporaneo vivente molto bravo che si stampa da solo i libri e li porta in giro con dei reading musicati, e li vende così, senza casa editrice oppure li distribuisce gratis con le case editrici inesistenti); o come Spellicolaggini, il manuale di cinema che ha scritto Elena Marinelli, cioè osvaldo, e Febbraio 29, una raccolta di racconti ambientati il 29 febbraio e pubblicati il 29 febbraio di quest’anno sempre da Elena Marinelli, cioè osvaldo.
E infine, un mese fa, visto che io e il carlo dulinizo siamo stati invitati a partecipare al Treno della Memoria 2012, da Carpi ad Auschwitz – c’era anche qualcuno di voi sul treno – abbiamo scritto quattro racconti e un report di viaggio che abbiamo pubblicato gratis il 15 aprile in un ebook che si chiama E far l’amore anche se il mondo muore. Però non ve li leggiamo perché sono racconti lunghi e poi sul treno ci siete stati anche voi, o qualcuno di voi, e insomma, sarete anche stanchi di sentirci parlare, avete ragione, abbiamo quasi finito, portate pazienza.
***
(Poi, vabbè, ci sarebbe anche Barabba Elettrolibri, che è una collana di Barabba Edizioni che oltre a non esistere non pubblica niente. In pratica se uno scrittore che ci piace – tipo Azael o Gianni Solla (se non sapete chi siano Azael e Gianni Solla, che non siete mica obbligati a saperlo, davvero, comunque se non lo sapete, Azael e Gianni Solla sono degli scrittori contemporanei vivente molto bravi) – se uno scrittore che ci piace pubblica sul suo sito un racconto o un libro gratis in pdf, noi lo contattiamo e gli chiediamo se non vuole per caso che glielo convertiamo in epub e mobi da leggere sugli ebook reader, e delle volte li pubblichiamo anche prima di leggerli, ché in pdf si fa fatica a leggere gli ebook. Non dovrebbero nemmeno chiamarli ebook, i libri in pdf. Ma stiamo già andando lunghi e, se volete, quando siete a casa stasera su internet, cliccate “Barabba Elettrolibri” sul nostro blog Barabba, poi capite.)
***
Intanto, noi continuiamo a girare l’Italia con Schegge di Liberazione, con dei reading musicati che ormai sono diventati un po’ il nostro cavallo di battaglia. E siamo andati, oltre che a Torino, anche a Carpi, a Scandiano, a Forlì, all’ex Campo di Concentramento di Fossoli, a Forte Marghera, a Sogliano al Rubicone, a Bologna, a Milano e in tanti altri posti, alcuni dei quali, come Busto Arsizio, non avevamo neanche idea di dove fossero, prima che ci chiamassero a leggere i nostri racconti sulla Resistenza. Adesso lo facciamo anche insieme al Coro delle Mondine di Novi di Modena, non so se le conoscete, sono molto brave. E poi siamo andati anche a Parigi, a leggere le Schegge di Liberazione davanti al Console, che a ripensarci, ci trema ancora l’orlo delle mutande, come si dice.
E poi basta, adesso siamo qui a dire delle cose in una scuola lungimirante, che oltretutto, ci han detto, fa leggere Pensieri in Apnea a voi studenti quando non fate educazione fisica – che rispetto ai miei tempi, io che vengo da un istituto tecnico di maschi, dove se non facevi educazione fisica perché avevi i tuoi motivi, ti prendevano e ti mettevano a giocare a pallone, magari in porta, e insomma, rispetto ai miei tempi è una bella evoluzione.
Va bene, alla fine di tutto questo intervento, sono due le cose che vorremmo dirvi. La prima è che se vi obbligano a leggere Pensieri in Apnea, non odiatelo, carlo dulinizo, vogliategli bene, non trattatelo come Dante o Manzoni (se non sapete chi siano Dante Alighieri e Alessandro Manzoni, ecco, allora è un problema, perché mi han detto che è obbligatorio) o comunque, una volta diplomati, smettete di odiarli, Dante, Manzoni e il dulinizo.
La seconda cosa che volevamo dirvi è che noi, quando abbiamo iniziato, non sapevamo fare i libri, non sapevamo leggere dal vivo, non sapevamo niente. Adesso non è che sappiamo fare i libri, o leggere dal vivo, non siamo professionisti di niente. Ma un po' di esperienza ce la siamo fatta. E non lo sappiamo, se ne faremo degli altri, di ebook collettivi, ma se ne faremo degli altri, mandateci pure dei racconti, dei disegni, delle poesie. Poi, se ne avete voglia, potete venirci a vedere quando leggiamo in pubblico e, se ve la sentite, potete venire a leggere anche voi. Potete dircelo all'ultimo minuto.
Grazie.
Abbiamo finito.
Buongiorno.
Si sente se parlo così?
Prima di cominciare vorremmo ringraziare il Liceo Giovanni Pico – e prima ancora, scusate, ma io ho questa cosa che non riesco a parlare a braccio e mi sono scritto tutto, spero che non vi disturbi; poi avevo la stampante rotta e mi son messo tutto sul Kindle, portate pazienza – ringraziamo tutti e in particolar modo vorremmo ringraziare la professoressa Emanuela Zibordi, che ci teneva così tanto che dicessimo qualcosa sulla nostra esperienza di autoproduzione nell’editoria digitale, se così si può dire, da convincerci a venire qui, in questa scuola, a dire delle cose.
Intanto ci presentiamo: io mi chiamo Marco Manicardi, mi chiamano Many, ho 33 anni, faccio l’ingegnere e vivo a Carpi con quella ragazza lì che si chiama Caterina Imbeni, si fa chiamare grushenka, ha 31 anni e fa la tutor di formazione continua, che non ho ancora capito cosa vuol dire; quel ragazzo lì con la barba, secondo me lo conoscete perché alcuni di voi hanno letto un suo libro quando non facevano educazione fisica... quel ragazzo lì con la barba si chiama Luca Zirondoli, si fa chiamare carlo dulinizo, ha 32 anni, vive a Correggio e fa il disoccupato, vogliategli bene; quell’altra ragazza che c’è lì si chiama Elena Marinelli, anche se in rete la trovate col nome di osvaldo, ha 29 anni, vive a Milano e lavora coi libri; quell’altro ragazzo lì, invece, è un nostro amico, si chiama Peppe Liberti, fa il fisico e vive a Cosenza, oggi è qui perché è passato a salutarci e ce lo siamo portati dietro, non so neanche quanti anni abbia, Peppe Liberti.
***
Va bene, cominciamo. Come c’è scritto nel volantino che ha preparato la professoressa Emanuela Zibordi, il nostro intervento si intitola più o meno Barabba: una casa editrice punk tra collaborative writing e self-publishing, dura circa un’ora – portate pazienza, anche noi siamo stati studenti, tanto tempo fa, cercheremo di renderla passabile, quest’ora circa – e parlerà di Barabba Edizioni, una casa editrice che non vende niente, non spende niente, non guadagna niente e, insomma, non esiste, anche se pubblica dei libri. Parleremo anche di qualcuno di questi libri, che sono essenzialmente degli ebook gratuiti e collettivi, dei libri digitali, ma ce n’è stato uno anche di carta. Anzi, uno e mezzo.
***
Quella che stiamo per raccontarvi è una storia che inizia nel 2006, quando il mio socio carlo dulinizo – che è quello che ha scritto senza volere Pensieri in Apnea, dopo ne parliamo meglio, intanto non guardatelo male – dicevo, inizia tutto nel 2006 quando il mio socio e il sottoscritto pensiamo Dài, facciamo una rivista letteraria di carta, da mettere nelle edicole della zona di Carpi. Il mio socio era stato folgorato da Pär Lagerkvist, che è uno scrittore che nel 1951 ha ricevuto il nobel per la letteratura con un libro che si chiamava Barabba, e allora abbiam detto Chiamiamo la rivista Barabba. Ci sembrava un bel nome, per una rivista letteraria. Così, ci siamo trovati, noi due insieme a qualche altro carpigiano, abbiamo aperto un blog, l’abbiamo chiamato, appunto, Barabba e abbiamo fatto una riunione per capire cosa scriverci dentro e come costruire la nostra rivista.
E poi cos’è successo? È successo che dopo aver fatto un po’ di campagna promozionale sul blog, dopo che avevamo rifiutato anche un invito di Ugo Cornia per entrare in una rivista letteraria che forse si sarebbe chiamata l’Accalappiacani, niente, Barabba, la rivista, non ha mai visto la luce. Sconsolatissimi, dopo un po’ abbiamo smesso anche di scrivere sul blog, e siamo tornati ognuno alle proprie occupazioni: io all’ingegneria, carlo dulinizo, il mio socio, a laurearsi in lettere e nuotare in piscina.
***
Poi, all'inizio del 2010, anzi per la precisione era la fine del 2009, mi è venuto da riesumare il blog per scriverci quello che mi passava per la testa. E anche il dulinizo ha ripreso a scriverci. Lo usavamo proprio come si usa un blog, senza impegno eccessivo. Ma verso la metà di febbraio del 2010 ci siamo incontrati ancora, io e il mio socio, e gli ho chiesto Be’, ma se facessimo un ebook sulla Resistenza, visto che quest’anno a Carpi c’è l’anniversario di Materiali Resistenti? Lui, il mio socio, mi ha detto Ok, pensaci tu per le questioni dell’internet, io organizzo la serata di presentazione. Va bene, gli ho risposto, proviamo a fare ebook collettivo, in pdf, proviamo a coinvolgere le blogsfera. Lui mi ha detto Va bene. Io gli ho detto Allora siam d’accordo. Lui mi ha detto Sì.
Così abbiamo cominciato. Siamo partiti a reclutare scrittori, disegnatori, fotografi e poeti su tutti i social network disponibili (facebook, twitter, tumblr, il blog, eccetera, anche se quello che ha funzionato di più, in termini di partecipazione, è stato FriendFeed). Ci eravamo inventati un tormentone: “Barabba dice 26×1” (una specie di calco del segnale in codice che ha fatto partire la Resistenza, a suo tempo, negli anni ’40, e diceva: “Aldo dice 26×1”) così il 15 di aprile, il termine per la consegna, invece dei dieci o venti racconti che ci aspettavamo di ricevere, avevamo già raccolto una sessantina di contributi tra racconti, saggi, ragionamenti, poesie, disegni, foto e perfino un monologo teatrale di venti pagine.
Allora abbiamo impaginato tutto e l’abbiamo chiamato Schegge di Liberazione. L’abbiamo pubblicato gratuitamente su internet, in pdf, e presentato in pubblico il 24 aprile 2010, in un locale di Carpi, con delle letture e dei blogger che erano venuti da mezza Italia per leggere in pubblico i propri pezzi o quelli altrui, o anche solo per vedere cosa stava succedendo. Dentro ci sono dei racconti bellissimi, come quello che ha scritto Ilke Bab e che adesso vi legge l’elena, cioè osvaldo.
(l’elena legge Resistenza di Ilke Bab)
E com’è andata? Eh, è andata così bene che ci han chiamati a leggerlo a Bologna (due volte), poi a Milano, a Venezia, a Perugia, a Roma, a Fabriano e anche in una radio. Insomma, un ebook e un tour di presentazione, proprio come per i libri veri.
***
È andata così bene che verso la metà di maggio, sempre nel 2010, mi incontro ancora col mio socio carlo dulinizo e gli dico: Be', ma se facessimo un ebook sulla Sfortuna, visto che quest'anno a Carpi – adesso sembra che a Carpi succeda un po' tutto – c'è il decennale del Festival di Filosofia e il tema è la Fortuna. Lui, il mio socio, mi ha detto Ok, pensaci tu per le questioni dell'internet, io organizzo la serata di presentazione. Va bene, gli ho risposto, allora siam d'accordo. Lui mi ha detto Sì.
Così abbiamo ricominciato. Ancora, su facebook, su twitter, su tumblr, a voce, e soprattutto su FriendFeed, abbiamo reclutato scrittori, poeti, fotografi e disegnatori. Ci eravamo inventati un altro tormentone: “Accettate la sfiga” (che era il primo gioco di parole che ci è saltato in mente, ma alla gente piaceva). E il 9 di settembre 2010, il termine per la consegna, avevamo già raccolto un'altra settantina di contributi, tra racconti, saggi, ragionamenti, poesie, disegni e foto; e alcuni degli autori erano tra quelli che avevano già partecipato a Schegge di Liberazione, altri erano nuovi.
Poi l’abbiamo impaginato (due volumi, questa volta, sempre in pdf) e l’abbiamo chiamato Cronache di una sorte annunciata (che era il secondo gioco di parole che ci è saltato in mente). È uscito venerdì 17 settembre 2010. L'abbiamo pubblicato gratis su internet e presentato in pubblico quella sera lì, in un locale, con delle letture e dei blogger che ancora erano venuti da mezza Italia per leggere in pubblico i propri pezzi o quelli altrui, o anche solo per vedere cosa stava succedendo. Dentro ci sono delle cose che secondo noi vale la pena ascoltare, come il pezzo che adesso vi legge grushenka, l’ha scritto lei, si chiama “Venticinque”.
(grushenka legge Venticinque)
***
È andato molto bene anche Cronache di una sorte annunciata, con migliaia di download e apprezzamenti. E intanto eravamo ancora in giro a leggere Schegge di Liberazione. E insomma, ci siam detti Va bene, siamo contenti così, portiamo ancora in giro le Schegge per un po’, dove ci chiamano, ché la Resistenza è un argomento che ci fa piacere portare in giro, poi magari torniamo alle nostre normali occupazioni, io l’ingegnere, dulinizo il letterato disoccupato e il nuotatore.
Solo che, insomma, quando inizi a fare una cosa, poi ti rimane il tarlo lì che gira nel cervello, e ti vien voglia di provare a spingerti più in là, percorrere strade nuove… e intanto che il mondo gira, il tempo passa, il 2010 sta per finire e il tarlo è ancora lì che tarla, succede che esplodono gli ebook reader: Kindle, iPad, telefoni che leggono i libri, cose così. E intanto, mentre siamo lì che convertiamo e pubblichiamo le Schegge e le Cronache anche in formato epub e mobi, si avvicina anche il compleanno del mio socio carlo dulinizo.
Quasi quasi, mi son detto, quasi quasi prendo i suoi post di Barabba sulla sua esperienza in piscina – perché a trent’anni, il dulinizo s’è iscritto in piscina, ha imparato a nuotare e ha scoperto un mondo nuovo; settimanalmente ne parlava nel suo modo un po' iperletterario su Barabba – prendo i suoi post, mi son detto, e ci faccio un ebook.
E l’ho fatto davvero. L’ho impaginato e l’ho chiamato Pensieri in apnea, forse ne avete sentito parlare, e in fondo ci ho scritto in piccolo: “Barabba Edizioni”. Era la prima volta che lo scrivevamo da qualche parte.
Pensieri in apnea è stato pubblicato online, gratuitamente, in pdf e in epub, il 20 dicembre del 2010, giorno del trentunesimo giro intorno al Sole di carlo dulinizo. Si tratta forse di un caso unico nella Storia dell’editoria: il primo libro pubblicato all’insaputa dell’autore, il primo regalo di compleanno fatto al mondo, invece che al festeggiato. Adesso carlo ve ne legge un passo. Se lo conoscete già, portate pazienza e vogliategli bene.
(carlo dulinizo legge Tutto quel che so)
***
E Schegge di Liberazione? Schegge di Liberazione, intanto, continuava a girare. Ci chiamavano a leggerlo in giro, c’era sempre più gente che veniva per leggere o per ascoltare o per vedere cosa stava succedendo. Allora, già che ci siamo, abbiamo pensato, inventiamoci una casa editrice che non esiste e chiamiamola Barabba Edizioni, e proviamo a rifare Schegge di Liberazione anche nel 2011, magari collaborando con l’ANPI di Carpi.
Come nel 2010, al grido, lanciato su tutti i social network, di “Barabba dice 26×1” (l’abbiamo riusato perché funzionava benissimo) sono arrivati oltre novanta contributi. Solo che stavolta, per provare, volevamo fare un libro di carta, e novanta contributi, per ragioni fisiche ed economiche non ci stavano tutti. Così ne abbiamo selezionati una manciata, e questa manciata, l’abbiamo impaginata, stampata in 500 copie e rilegata con un po’ di colla e filo. Dietro ci abbiamo scritto “Barabba Edizioni” e “Creative Commons”.
Il 25 aprile del 2011 dovevamo presentarlo all’Ex Campo di Concentramento di Fossoli, solo che poi è successa una tragedia, in piazza a Carpi, e allora, ufficialmente, è andata a finire che l’abbiamo presentato alla Società Operaia di Mutuo Soccorso d’ambo i sessi Edmondo De Amicis, a Torino, durante il Salone Internazionale del Libro, dove ci avevano addirittura chiesto di tenere una conferenza su Barabba Edizioni ed eravamo l’unica casa editrice inesistente al Salone del Libro, che a ripensarci ci scappa da ridere, come si dice.
Intanto, Schegge di Liberazione del 2011 l’abbiamo anche pubblicato gratuitamente su internet, in pdf, epub e mobi. E dentro ci sono ventinove racconti sulla Resistenza e sulla Liberazione, argomenti che, non so come va ai vostri tempi, ma ai miei non ci arrivavamo mai, col programma. Questi racconti secondo noi sono bellissimi, come la poesia di Azael che si intitola “Virginia che non si muove” e che vi legge l’elena, cioè osvaldo.
(l’elena legge Virginia che non si muove di Azael)
***
Non sono necessariamente i migliori, i contributi che abbiamo messo dentro a Schegge di Liberazione 2011, ma sono quelli che forse più si adattavano al formato cartaceo, ma non è detto, non siamo mica degli editori veri. Gli altri sessanta e passa li abbiamo raccolti in un altro ebook che abbiamo pubblicato il 9 maggio 2011, sempre gratuitamente, in pdf e in epub, su internet. Sono 268 pagine di storie resistenti, si chiama Schegge di Liberazione Outtakes. Poi, nel 2012, visto che continuavano ad arrivarci dei racconti anche se avevamo smesso di chiederli in giro, ne abbiamo pubblicato un altro dal titolo Schegge di Liberazione Bonus Tracks. In tutto, alla fine, sono quattro ebook sulla Resistenza pubblicati in un anno e mezzo. Mica male per una casa editrice che non esiste.
***
Poi, niente, noi eravamo anche contenti così. Solo, si vede che siamo diventati di moda, perché anche il Corriere è venuto a intervistarci. E un giorno, per caso, sul blog – Barabba è rimasto comunque un blog, dove adesso che siamo una decina a scrivervi, chi vuole e si sveglia al mattino con una cosa da scrivere, la scrive, proprio come si fa coi blog – comunque, dicevo, un giorno, per caso, ci siamo messi a scrivere dei post che raccontavano delle cicatrici che avevamo addosso, quelle vere, quelle delle cadute in bici, o dal seggiolone, per intenderci, e si vede che i blogger si erano abituati alle nostre pubblicazioni collettive, perché stavolta han cominciato ad arrivarci spontaneamente un sacco di racconti.
Così, a un certo punto, ci siamo inventati ancora un tormentone che diceva “dateci un taglio”, perché alla fine siamo poi anche simpatici, e in poco più di un mese ci siamo trovati in mano più di un centinaio di cicatrici altrui. Come per gli altri, quindi, abbiamo impaginato questo ebook pieno di sfregi e difetti e l’abbiamo pubblicato gratis su internet a luglio del 2011 col nome Cicatrici (ci dispiace solo per Gianluca Morozzi che ha scritto un libro dal titolo uguale, se non sapete chi sia Gianluca Morozzi, che non siete mica obbligati a saperlo, davvero, comunque se non lo sapete, Gianluca Morozzi è uno scrittore italiano contemporaneo vivente).
Insomma, è andato molto bene anche Cicatrici, addirittura c’è stato Matteo B. Bianchi (se non sapete chi sia Matteo B. Bianchi, che non siete mica obbligati a saperlo, davvero, comunque se non lo sapete, Matteo B. Bianchi è uno scrittore italiano contemporaneo vivente molto bravo) c’è stato Matteo B. Bianchi che su l’Unità ha scritto che era il libro più bello che si era portato in vacanza, e che l’abbiamo messo in pace col mondo. Che a ripensarci vien da fare la coda da pavone, come si dice.
Dentro a Cicatrici, come abbiamo detto, ci sono un centinaio di sfregi, uno è quello di carlo dulinizo, vogliategli bene, adesso ve lo legge.
(carlo dulinizo legge Giro giro tonfo)
E adesso, visto che c’è anche Peppe Liberti che è venuto a trovarci e noi ce lo siam portati dietro, e visto che anche Peppe Liberti, che è un fisico, ha scritto una cicatrice nel nostro libro sulle cicatrici, adesso ve ne legge una anche lui.
(Peppe Liberti legge Salame)
***
Ecco, e con questo abbiamo esaurito la storia di Barabba Edizioni per quanto riguarda il collaborative writing e self-publishing, dove vi abbiamo raccontato dei libri collettivi che pubblichiamo gratis e di come a tutti gli effetti siamo una casa editrice che non esiste.
Ci sarebbero poi degli altri libri che abbiamo pubblicato, ma sono libri di un solo autore, come croccantissima, che è una sottospecie di romanzo di simone rossi (se non sapete chi sia simone rossi, che non siete mica obbligati a saperlo, davvero, comunque se non lo sapete, simone rossi è uno scrittore forlivese contemporaneo vivente molto bravo che si stampa da solo i libri e li porta in giro con dei reading musicati, e li vende così, senza casa editrice oppure li distribuisce gratis con le case editrici inesistenti); o come Spellicolaggini, il manuale di cinema che ha scritto Elena Marinelli, cioè osvaldo, e Febbraio 29, una raccolta di racconti ambientati il 29 febbraio e pubblicati il 29 febbraio di quest’anno sempre da Elena Marinelli, cioè osvaldo.
E infine, un mese fa, visto che io e il carlo dulinizo siamo stati invitati a partecipare al Treno della Memoria 2012, da Carpi ad Auschwitz – c’era anche qualcuno di voi sul treno – abbiamo scritto quattro racconti e un report di viaggio che abbiamo pubblicato gratis il 15 aprile in un ebook che si chiama E far l’amore anche se il mondo muore. Però non ve li leggiamo perché sono racconti lunghi e poi sul treno ci siete stati anche voi, o qualcuno di voi, e insomma, sarete anche stanchi di sentirci parlare, avete ragione, abbiamo quasi finito, portate pazienza.
***
(Poi, vabbè, ci sarebbe anche Barabba Elettrolibri, che è una collana di Barabba Edizioni che oltre a non esistere non pubblica niente. In pratica se uno scrittore che ci piace – tipo Azael o Gianni Solla (se non sapete chi siano Azael e Gianni Solla, che non siete mica obbligati a saperlo, davvero, comunque se non lo sapete, Azael e Gianni Solla sono degli scrittori contemporanei vivente molto bravi) – se uno scrittore che ci piace pubblica sul suo sito un racconto o un libro gratis in pdf, noi lo contattiamo e gli chiediamo se non vuole per caso che glielo convertiamo in epub e mobi da leggere sugli ebook reader, e delle volte li pubblichiamo anche prima di leggerli, ché in pdf si fa fatica a leggere gli ebook. Non dovrebbero nemmeno chiamarli ebook, i libri in pdf. Ma stiamo già andando lunghi e, se volete, quando siete a casa stasera su internet, cliccate “Barabba Elettrolibri” sul nostro blog Barabba, poi capite.)
***
Intanto, noi continuiamo a girare l’Italia con Schegge di Liberazione, con dei reading musicati che ormai sono diventati un po’ il nostro cavallo di battaglia. E siamo andati, oltre che a Torino, anche a Carpi, a Scandiano, a Forlì, all’ex Campo di Concentramento di Fossoli, a Forte Marghera, a Sogliano al Rubicone, a Bologna, a Milano e in tanti altri posti, alcuni dei quali, come Busto Arsizio, non avevamo neanche idea di dove fossero, prima che ci chiamassero a leggere i nostri racconti sulla Resistenza. Adesso lo facciamo anche insieme al Coro delle Mondine di Novi di Modena, non so se le conoscete, sono molto brave. E poi siamo andati anche a Parigi, a leggere le Schegge di Liberazione davanti al Console, che a ripensarci, ci trema ancora l’orlo delle mutande, come si dice.
E poi basta, adesso siamo qui a dire delle cose in una scuola lungimirante, che oltretutto, ci han detto, fa leggere Pensieri in Apnea a voi studenti quando non fate educazione fisica – che rispetto ai miei tempi, io che vengo da un istituto tecnico di maschi, dove se non facevi educazione fisica perché avevi i tuoi motivi, ti prendevano e ti mettevano a giocare a pallone, magari in porta, e insomma, rispetto ai miei tempi è una bella evoluzione.
Va bene, alla fine di tutto questo intervento, sono due le cose che vorremmo dirvi. La prima è che se vi obbligano a leggere Pensieri in Apnea, non odiatelo, carlo dulinizo, vogliategli bene, non trattatelo come Dante o Manzoni (se non sapete chi siano Dante Alighieri e Alessandro Manzoni, ecco, allora è un problema, perché mi han detto che è obbligatorio) o comunque, una volta diplomati, smettete di odiarli, Dante, Manzoni e il dulinizo.
La seconda cosa che volevamo dirvi è che noi, quando abbiamo iniziato, non sapevamo fare i libri, non sapevamo leggere dal vivo, non sapevamo niente. Adesso non è che sappiamo fare i libri, o leggere dal vivo, non siamo professionisti di niente. Ma un po' di esperienza ce la siamo fatta. E non lo sappiamo, se ne faremo degli altri, di ebook collettivi, ma se ne faremo degli altri, mandateci pure dei racconti, dei disegni, delle poesie. Poi, se ne avete voglia, potete venirci a vedere quando leggiamo in pubblico e, se ve la sentite, potete venire a leggere anche voi. Potete dircelo all'ultimo minuto.
Grazie.
Abbiamo finito.
sabato 5 maggio 2012
Pensieri in Apnea: Bonus Track
In questi minuti una piccola ma nutrita falange barabbista è davanti a classi di quarta e quinta superiore del Liceo G. Pico di Mirandola (MO) a parlare di blog, editoria digitale, ebook, scrittura e altre cose. Siamo qui, back to school e fa certamente impressione per noi baldi trentenni (almeno) considerare le nuove facce e cercare di ricordarci com'eravamo alla loro età, più di 10 anni fa. Qui c'è gente che è stata obbligata, spero non troppo seriamente, a leggersi Pensieri in Apnea quando non faceva educazione fisica. Non so cosa leggiamo, che linea seguiamo, non so cosa leggo da Pensieri in Apnea.
Ma mentre le nostre voci e le nostre presenze sono lì insieme ai ragazzi e agli insegnanti e a tutti gli altri, mi piace l'idea che qualcuno legga queste righe, che forse sono le ultime di quel che ho ancora da dire su Pensieri in Apnea e vorrei farlo seguendo questo video che va. Da ora. (Fate partire il video e togliete pure l'audio.)
La storia non so se la sapete. L'atleta è un ragazzo della Guinea equatoriale. Nuota per qualificarsi al passaggio successivo alle olimpiadi di Sidney 2000 e nuota da solo perché gli altri due avversari hanno bruciato la partenza prima dello start, quindi sono stati automaticamente squalificati. Ora, la situazione ha del surreale e del comico, ma lo sport ha le sue regole come ogni gioco serio e non ammette errori. Così un intero palazzetto, migliaia di occhi là sotto e milioni a casa nelle case o nei bar sono tutti su di lui. E con gli occhi anche le bocche, i nasi, i muscoli facciali, tutti interi e uniti, quelli del collo, del deltoide, le braccia, i piedi, le gambe, i lombi, gli addominali e le dita. Cosa volete, quando si guarda uno sport, anche il più stupido, secondo me, anche se dominiamo molto bene l'istinto, tutto quel che siamo, i nostri corpi in apparente stato di passività tendono a mimare quel che vediamo, almeno a livello inconscio. Ma forse per il curling potremmo fare una eccezione. No, neanche lì si riesce a stare fermi, a ben pensarci. (Andate a vedere su il video se ci siamo.)
Guardate un po' il suo inizio, il tuffo in acqua, che è quasi una spanciata, e il suo approccio all'acqua: un attacco, sì questo è un puro attacco all'acqua. I piedi restano rigidi, come se si spingesse avanti coi talloni e non con il collo del piede e la gamba. Cosce e gambe restano separate fin dalla spinta e cercano come una scalata immaginaria, fatta a balzi, a saltelli di tre in tre; praticamente una danza tirolese. Le braccia invece, come un boxer alle prime armi, sono un mulinello che tira pacche all'acqua senza il minimo ritegno. Dall'asimmetria si capisce anche che è destro. Gambe e braccia in assoluto fuori sincrono. Tutta la testa e le spalle fuoriescono dalla superficie e non ci tornano salvo che in pochissimi momenti. La respirazione è sempre dallo stesso lato, sempre il destro. Lo slancio però non dura. (Tornate su a verificare.)
Già arrivato verso la fine della prima vasca il nostro eroe comincia ad annaspare per l'infinita sequenza di jab e diretti dati a un avversario che poco o niente spazio ti lascia. E poi la capriola, che io gliela invidio pure questa cosa, la capriola. Io ancora non la riesco a fare. C'è qualcosa nella torsione, nel ripiegarsi e ruotare al contempo, che io non so proprio rifare. Ci provo e finisco per ruotare su me stesso e battere sulla sponda ma a piedi piatti, parallelo all'acqua e non perpendicolare come fanno loro. Mi sembra un movimento facile, lo vedo in sequenza ed è tutto lineare ma mi accorgo che dentro di me c'è una lacuna, un vuoto, un deficit. Forse come gli attori mi manca una motivazione o una metafora per arrivarci. Sono sicuro che se qualcuno mi desse una metafora per spiegarmi come fare quella metafora, riuscirei. Lui invece caprioleggia e va, riparte e per un minuscolo istante, grazie alle riprese sott'acqua, ci offre una cosa che mai ci saremmo aspettati di vedere alle olimpiadi: mezzo secondo di stile a quattro zampe. Succede. Riguardate bene.
Un errore. Uno dei tanti. E come nella vita, come facciamo tutti noi, nel novanta per cento dei casi, forse anche novantacinque, non puoi tornare indietro, cancellare o rimettere a posto, puoi solo andare avanti e riprometterti che non lo farai più. Che migliorerai. Che presterai più attenzione. Che imparerai dai tuoi errori. Che non baderai ai dolori e al respiro corto. Che andrai avanti, sempre. Con la speranza di poter sempre rispondere a questa promessa che stai facendo a te stesso. Anche se fuori da quella vasca, lo senti attraverso tutta quell'acqua, c'è il mondo intero, il mondo intero che fa rumore, che gorgoglia e applaude, ride e urla, il mondo che ti guarda, che ti osserva, ti sminuzza e trita per poterti alla fine ingoiare meglio. E allora il rumore di fuori comincia ad infiltrarsi nelle bracciate che sempre più lentamente colpiscono il pelo dell'acqua. Il gesto delle braccia diventa più elastico, più allungato ma si riduce in frequenza e potenza. Le gambe ormai sembrano quelle trottole ormai definitivamente inclinate che fanno gli ultimi giri giusto per inerzia. Prendi respiro ad ogni bracciata, confondendo a volte quando aprire o chiudere la bocca. Il mondo ti assale, la pressione sale e pulsa nelle tempie, non è il sangue dello sforzo, è tutto il mondo che sta cominciando a schiacciarti, a premere, mentre cerca delle fessure in cui tuffarsi e insediarsi, come olio che non si mescola all'acqua e che comincia a riempirti per l'imbalsamazione. (Siamo agli sgoccioli.)
Sei stato nominato cartina di tornasole, fulcro e Aleph del mondo fintanto che non esci da quella vasca e te ne sei accorto solo ora, a metà della vasca finale. Forse stai per soccombere, forse potresti finire qui, sepolto sotto il peso specifico di milioni di attenzioni, ma il numero e il senso di altro e di tutto è talmente alto in te da diventare incalcolabile, inconcepibile, talmente alto da essere qualsiasi numero pari a zero, allo zero che sei tu ora, in questo momento che sei Aleph. E allora inverti i fattori, e qui chissà come i risultati cambiano, e ora sei tu il mondo. Il mondo che avanza, prosegue sprona e gioisce mentre le braccia in scalata si avvicinano al fondo, alla fine della tua sfida, dove le tue mani si aggrapperanno quiete alla fine dell'acqua, all'inizio del mondo. (possiamo congratularlolitivimici con lui essi tu voi io noi.)
Ma mentre le nostre voci e le nostre presenze sono lì insieme ai ragazzi e agli insegnanti e a tutti gli altri, mi piace l'idea che qualcuno legga queste righe, che forse sono le ultime di quel che ho ancora da dire su Pensieri in Apnea e vorrei farlo seguendo questo video che va. Da ora. (Fate partire il video e togliete pure l'audio.)
La storia non so se la sapete. L'atleta è un ragazzo della Guinea equatoriale. Nuota per qualificarsi al passaggio successivo alle olimpiadi di Sidney 2000 e nuota da solo perché gli altri due avversari hanno bruciato la partenza prima dello start, quindi sono stati automaticamente squalificati. Ora, la situazione ha del surreale e del comico, ma lo sport ha le sue regole come ogni gioco serio e non ammette errori. Così un intero palazzetto, migliaia di occhi là sotto e milioni a casa nelle case o nei bar sono tutti su di lui. E con gli occhi anche le bocche, i nasi, i muscoli facciali, tutti interi e uniti, quelli del collo, del deltoide, le braccia, i piedi, le gambe, i lombi, gli addominali e le dita. Cosa volete, quando si guarda uno sport, anche il più stupido, secondo me, anche se dominiamo molto bene l'istinto, tutto quel che siamo, i nostri corpi in apparente stato di passività tendono a mimare quel che vediamo, almeno a livello inconscio. Ma forse per il curling potremmo fare una eccezione. No, neanche lì si riesce a stare fermi, a ben pensarci. (Andate a vedere su il video se ci siamo.)
Guardate un po' il suo inizio, il tuffo in acqua, che è quasi una spanciata, e il suo approccio all'acqua: un attacco, sì questo è un puro attacco all'acqua. I piedi restano rigidi, come se si spingesse avanti coi talloni e non con il collo del piede e la gamba. Cosce e gambe restano separate fin dalla spinta e cercano come una scalata immaginaria, fatta a balzi, a saltelli di tre in tre; praticamente una danza tirolese. Le braccia invece, come un boxer alle prime armi, sono un mulinello che tira pacche all'acqua senza il minimo ritegno. Dall'asimmetria si capisce anche che è destro. Gambe e braccia in assoluto fuori sincrono. Tutta la testa e le spalle fuoriescono dalla superficie e non ci tornano salvo che in pochissimi momenti. La respirazione è sempre dallo stesso lato, sempre il destro. Lo slancio però non dura. (Tornate su a verificare.)
Già arrivato verso la fine della prima vasca il nostro eroe comincia ad annaspare per l'infinita sequenza di jab e diretti dati a un avversario che poco o niente spazio ti lascia. E poi la capriola, che io gliela invidio pure questa cosa, la capriola. Io ancora non la riesco a fare. C'è qualcosa nella torsione, nel ripiegarsi e ruotare al contempo, che io non so proprio rifare. Ci provo e finisco per ruotare su me stesso e battere sulla sponda ma a piedi piatti, parallelo all'acqua e non perpendicolare come fanno loro. Mi sembra un movimento facile, lo vedo in sequenza ed è tutto lineare ma mi accorgo che dentro di me c'è una lacuna, un vuoto, un deficit. Forse come gli attori mi manca una motivazione o una metafora per arrivarci. Sono sicuro che se qualcuno mi desse una metafora per spiegarmi come fare quella metafora, riuscirei. Lui invece caprioleggia e va, riparte e per un minuscolo istante, grazie alle riprese sott'acqua, ci offre una cosa che mai ci saremmo aspettati di vedere alle olimpiadi: mezzo secondo di stile a quattro zampe. Succede. Riguardate bene.
Un errore. Uno dei tanti. E come nella vita, come facciamo tutti noi, nel novanta per cento dei casi, forse anche novantacinque, non puoi tornare indietro, cancellare o rimettere a posto, puoi solo andare avanti e riprometterti che non lo farai più. Che migliorerai. Che presterai più attenzione. Che imparerai dai tuoi errori. Che non baderai ai dolori e al respiro corto. Che andrai avanti, sempre. Con la speranza di poter sempre rispondere a questa promessa che stai facendo a te stesso. Anche se fuori da quella vasca, lo senti attraverso tutta quell'acqua, c'è il mondo intero, il mondo intero che fa rumore, che gorgoglia e applaude, ride e urla, il mondo che ti guarda, che ti osserva, ti sminuzza e trita per poterti alla fine ingoiare meglio. E allora il rumore di fuori comincia ad infiltrarsi nelle bracciate che sempre più lentamente colpiscono il pelo dell'acqua. Il gesto delle braccia diventa più elastico, più allungato ma si riduce in frequenza e potenza. Le gambe ormai sembrano quelle trottole ormai definitivamente inclinate che fanno gli ultimi giri giusto per inerzia. Prendi respiro ad ogni bracciata, confondendo a volte quando aprire o chiudere la bocca. Il mondo ti assale, la pressione sale e pulsa nelle tempie, non è il sangue dello sforzo, è tutto il mondo che sta cominciando a schiacciarti, a premere, mentre cerca delle fessure in cui tuffarsi e insediarsi, come olio che non si mescola all'acqua e che comincia a riempirti per l'imbalsamazione. (Siamo agli sgoccioli.)
Sei stato nominato cartina di tornasole, fulcro e Aleph del mondo fintanto che non esci da quella vasca e te ne sei accorto solo ora, a metà della vasca finale. Forse stai per soccombere, forse potresti finire qui, sepolto sotto il peso specifico di milioni di attenzioni, ma il numero e il senso di altro e di tutto è talmente alto in te da diventare incalcolabile, inconcepibile, talmente alto da essere qualsiasi numero pari a zero, allo zero che sei tu ora, in questo momento che sei Aleph. E allora inverti i fattori, e qui chissà come i risultati cambiano, e ora sei tu il mondo. Il mondo che avanza, prosegue sprona e gioisce mentre le braccia in scalata si avvicinano al fondo, alla fine della tua sfida, dove le tue mani si aggrapperanno quiete alla fine dell'acqua, all'inizio del mondo. (possiamo congratularlolitivimici con lui essi tu voi io noi.)
si parla di:
antieroi,
feuilleton,
pensieri in apnea,
squola
giovedì 3 maggio 2012
Neverending tour: maggio 2012
Sarà un mese di discorsi, questo, e sarà circa così:
Sabato 5 maggio
Andiamo in un liceo di Mirandola (MO), dove hanno organizzato incontri e laboratori di editoria digitale e dove soprattutto obbligano chi non fa educazione fisica a leggere Pensieri in Apnea (davvero). Noi ci andiamo a parlare un po' di Barabba, Barabba Edizioni e barabbate varie, leggendo anche dei pezzetti dai nostri ebook, in una cosa che si chiama Una casa editrice punk tra collaborative writing e self-publishing. Sarà molto divertente osservare lo sguardo degli studenti all'ingresso del dottor carlo dulinizo, che per loro ormai sarà al pari di Dante e Manzoni, scolasticamente parlando.
Domenica 13 maggio
Siamo al Salone del Libro di Torino, anche quest'anno, a riprendere il discorso da dove l'avevamo lasciato l'anno scorso. Il titolo dell'intervento, alle 16:00 nello spazio Book To The Future, è ancora Un nome nuovo per l’imperatrice (contro la minaccia del selfpublishing), ma invece di durare 10 minuti come a Roma, durerà quasi un'ora, sarà più approfondito e soprattutto intersecato da un reading. Speriamo bene.
(Forse, il giorno prima, il 12 maggio, leggiamo E far l'amore anche se il mondo muore in un localino del centro, ma non è ancora sicuro, poi vi aggiorniamo.)
Venerdì 18 maggio
Infine, a Fiorano Modenese, che per noi è un posto molto importate perché una volta era la casa della nostra radio preferita, di sera, in centro, ci han chiamati a dire delle cose su Barabba. Ovviamente ci abbiamo infilato un reading di barabbate varie, una specie di best of di due anni e passa di blog. Sarà divertente.
Poi, maggio è anche il mese della masturbazione. Sarà per quello che si dice Vieni o maggio... (scusate.)
Sabato 5 maggio
Andiamo in un liceo di Mirandola (MO), dove hanno organizzato incontri e laboratori di editoria digitale e dove soprattutto obbligano chi non fa educazione fisica a leggere Pensieri in Apnea (davvero). Noi ci andiamo a parlare un po' di Barabba, Barabba Edizioni e barabbate varie, leggendo anche dei pezzetti dai nostri ebook, in una cosa che si chiama Una casa editrice punk tra collaborative writing e self-publishing. Sarà molto divertente osservare lo sguardo degli studenti all'ingresso del dottor carlo dulinizo, che per loro ormai sarà al pari di Dante e Manzoni, scolasticamente parlando.
Domenica 13 maggio
Siamo al Salone del Libro di Torino, anche quest'anno, a riprendere il discorso da dove l'avevamo lasciato l'anno scorso. Il titolo dell'intervento, alle 16:00 nello spazio Book To The Future, è ancora Un nome nuovo per l’imperatrice (contro la minaccia del selfpublishing), ma invece di durare 10 minuti come a Roma, durerà quasi un'ora, sarà più approfondito e soprattutto intersecato da un reading. Speriamo bene.
(Forse, il giorno prima, il 12 maggio, leggiamo E far l'amore anche se il mondo muore in un localino del centro, ma non è ancora sicuro, poi vi aggiorniamo.)
Venerdì 18 maggio
Infine, a Fiorano Modenese, che per noi è un posto molto importate perché una volta era la casa della nostra radio preferita, di sera, in centro, ci han chiamati a dire delle cose su Barabba. Ovviamente ci abbiamo infilato un reading di barabbate varie, una specie di best of di due anni e passa di blog. Sarà divertente.
Poi, maggio è anche il mese della masturbazione. Sarà per quello che si dice Vieni o maggio... (scusate.)
mercoledì 2 maggio 2012
Pensieri in Apnea: una postilla
Come in ogni settore anche in piscina il calcolo delle probabilità trova la sua applicazione: nella zona delle docce pubbliche, tutti nudi senza separé, su cinque erogatori, i primi tre daranno acqua fredda, il quarto calda e il quinto a fianco sarà già occupato.
si parla di:
feuilleton,
pensieri in apnea
martedì 1 maggio 2012
Lavoratori di tutto il mondo unitevi e amatevi gli uni con gli altri
I socialisti italiani, vivamente consapevoli del fascino spontaneo della nuova Festa del lavoro agli occhi di una popolazione in gran parte cattolica e analfabeta, usarono l'espressione «Pasqua dei lavoratori» almeno a partire dal 1892, e simili analogie diventarono correnti in campo internazionale dalla seconda metà degli anni Novanta. È facile capirne il motivo. La somiglianza del nuovo movimento socialista con un movimento religioso e perfino, nei primi anni eroici della Festa del lavoro, con un movimento di rinascita religiosa a tinte messianiche, era evidente. E per certi versi, uguale era la somiglianza dei leader, attivisti e propagandisti di quel movimento con una gerarchia ecclesiastica, o almeno con un ordine missionario. Possediamo uno straordinario volantino del 1898 proveniente da Charleroi, in Belgio, riproducente quella che può essere solo definita una predica da Primo maggio; nessun'altra etichetta sarebbe adeguata. Fu stilato dai, o a nome dei, dieci deputati e senatori del Parti Ouvrier Belge - atei dal primo all'ultimo, senza dubbio - sotto il duplice motto «Lavoratori di tutto il mondo unitevi (Karl Marx)» e «amatevi gli uni con gli altri (Gesù)». Qualche citazione dà un'idea del contenuto:
(Eric J. Hobsbawm, Il Primo maggio: nascita di una ricorrenza, 1990; in Gente non comune, BUR Storia, 2007.)
Buon Primo maggio. Noi lo festeggiamo coi cappelletti.
È questo [così inizia] il tempo primaverile e festivo in cui la perpetua evoluzione della natura rifulge in tutta la sua gloria. Come la natura, riempitevi di speranza e preparatevi a una Nuova Vita.Dopo qualche riga di raccomandazioni morali («Abbiate rispetto di voi stessi: guardatevi dalle bevande che ubriacano e dalle passioni degradanti», e così via) e buoni propositi socialisti, la predica si concludeva con un brano di sapore millenaristico:
Presto le frontiere si dissolveranno! Presto finirà il tempo di guerre ed eserciti! Ogni volta che praticherete le virtù socialiste della Solidarietà e dell'Amore, farete sì che questo futuro sia più vicino. E allora, nella pace e nella gioia, verrà un mondo in cui il socialismo trionferà, una volta compreso il dovere sociale di tutti di favorire il pieno sviluppo personale di ciascuno.[...] Diversamente da altre ricorrenze, comprese molte manifestazioni più o meno ritualizzate del movimento operaio tenutesi in precedenza, il Primo maggio non commemorava niente, almeno al di fuori dell'influsso anarchico che mirava a collegarlo all'episodio degli anarchici di Chicago del 1886. Non verteva su niente fuorché sul futuro, che, al contrario di un passato che niente aveva avuto in serbo per il proletariato se non tristi esperienze («Du passé faisons table rase» cantava non per caso l'Internazionale), prometteva l'emancipazione. Inoltre «il movimento» non offriva, come invece la religione, ricompense dopo la morte ma una Nuova Gerusalemme su questa Terra.
(Eric J. Hobsbawm, Il Primo maggio: nascita di una ricorrenza, 1990; in Gente non comune, BUR Storia, 2007.)
Buon Primo maggio. Noi lo festeggiamo coi cappelletti.
Iscriviti a:
Post (Atom)