giovedì 30 settembre 2010
Questo è il mio bar, ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio
Il mio primo bar era un bar in fondo alla via, uno di quei bar sviluppati in lunghezza per ragioni di spazio. Dentro, la mattina, la gente leggeva il giornale e parlava male degli immigrati. Eran tutti pensionati. È un bar, pensavo, leggi il tuo giornale, Marco, mangia la brioche, bevi il cappuccino che è anche buono, non polemizzare, paga ed esci. E così ho fatto per un anno. Poi mi son stufato.
Il mio secondo bar era un bar sotto i portici, uno di quei bar con la vetrina aperta davanti e i tavolini fin sulla piazza. Dentro, la mattina, i manager e gli yuppie entravano di volata, uncaffègraziearrivederci, in piedi. Era un viavai che metteva un po’ d’ansia. È un bar, pensavo, leggi il tuo giornale seduto, Marco, mica in piedi come gli altri, mangia la tua brioche, bevi il tuo cappuccino, un cappuccino davvero superlativo, tra l’altro, alla cappuccinista bisognerebbe darle un premio e abbracciarla, ma tu paga, Marco, paga e saluta e poi esci anche un po’ in fretta. E così ho fatto per sei mesi o poco più. Poi mi son stufato.
Il mio terzo bar era il bar che la prima e la seconda volta avevo evitato, un bar di quelli che ti sembra che sian tutti lì dentro a far cagnara e che non è neanche bello da vedere, da fuori. Un bar vicino agli altri due, ma in una posizione del cavolo, col freddo d’inverno e l’afa da far schifo d’estate. Dentro, la mattina, i lavoratori, i negozianti, la gente, le vecchine, eran tutti lì a far colazione e a leggere il giornale, ma c’era qualcosa di diverso: si salutavano, chiacchieravano. È un bar, pensavo, un bar davvero, un bar dove dopo cinque giorni la barista mi chiede il nome. E andavo là per mangiare una brioche, bere un cappuccino onestissimo, per dire delle cose alle due bariste e agli altri intorno, alcuni non so neanche come si chiamano e parlavamo tutti giorni, e poi potevo entrare col cane, ogni tanto, e ci andavo anche alla sera per una birretta, alle volte, nel mio bar. E così ho fatto per tre anni e qualche mese. Fino a oggi.
Oggi è l’ultimo giorno del Caffè Molinari, a Carpi, tra Corso Roma e Piazzale Ramazzini. Non so cosa ci faranno, dopo, non gliel’ho chiesto, stamattina, non lo voglio sapere. Oggi chiude il mio bar, e un pezzo di quel ragazzetto di campagna emigrato in città per amore se ne va. Verrà un altro bar, dopodomani. Ma intanto, da domani, siam senza bar. Il mio bar.
mercoledì 29 settembre 2010
lunedì 27 settembre 2010
(Trascrizione fedelissima di) La moglie si svegliò quando Jean Jacques Rousseau
La moglie si svegliò quando Jean Jacques Rousseau. L’aria fresca di Montaigne gli aveva leggermente irritato le vie respiratorie e lei, per porre fine a quello scempio, lo dovette per forza Voltaire. Ma al primo sussulto lui si svegliò:
- Che c’è?
- Russavi
- Uhmpf, dovresti comprarmi dei cerottini per il naso
- Sì, hai ragione
- Ma roba di marca, non i soliti Descartes.
- E ti Diderot di più, esiste anche uno spray.
- Io però te l’avevo detto che era meglio non venire d’in Verne in Montaigne, ma almeno aspettare le vacanze Pascal
- Ma saremmo venuti in D’alembret prendendo freddo uguale
- Almeno avremmo evitato le code, facendo più Proust
- Sì, in calzoncini corti per le tue solite scorciatoie, Fourier di pericoli, dove ai Debord della strada è pieno di ortiche che Proudhon
- I pruriti sono il male minore, basta prendersi dietro una crema, mo’ la metti e Maupassant. La trovi alla Stendhal.
- Dai, rimettiamoci a dormire, che domani sul presto devo andare dalla Sartre con mia Sorel, non vorrai farmi arrivare Lyotard…
- Cosa vai a fare?
- Devo farle aggiustare un abito. Ti ricordi quella sera con i tuoi amici? Uno era ubriaco, ha preso un Cocteau e balZAC! Lo ha tagliato!
- Non ricordo
- Eh, e hai pure fatto il codardo dicendo “Io n’esco”
- Cosa vuoi, è che quando bevo non metto bene a Foucault le cose, mi muovo a Zizek. Piuttosto dimmi, la Sartre è quella che c’è in centro vicino alla compagnia Degas?
- Sì, lei, è ottima
- E tua Sorel preferisce andarci Comte?
- E allora? Che problema hai?
- Pensavo volesse andare a vedere Rimbaud al cinema
- No, ci va la sera col suo uomo, le ha promesso di Yourcenar a lume di candela
- Con questo freddo, sarà Duras
- Ma vuoi mettere, cenetta sotto un cielo pieno De Stael?
- Cezanne già come vanno a finire queste cose, Dumas ccheroni e poi si fiondano a letto
- Va bene, bonne nuit
- Ma che fai, ti metti a parlare in francese adesso?
(click)
domenica 26 settembre 2010
(Trascrizione più o meno fedele di) HOP HOP HOP: ebook collettivi, strategie di reclutamento e socialcosi
Si sente se parlo così?
Prima di cominciare vorrei ringraziare l'organizzazione del WriteCamp – fin qui mi è sembrato interessantissimo e mi scuso anticipatamente se il mio intervento imbolsirà tutta la questione, ma è la prima volta che partecipo a un BarCamp, anche da spettatore; e poi ho questa cosa che non riesco a parlare a braccio e mi son scritto tutto, spero che non vi disturbi – ringrazio tutti e in particolar modo vorrei ringraziare Mafe, che ci teneva così tanto che dicessi qualcosa da strapparmi dal torpore benestante che mi porto dietro e farmi venir qui, su questo pulpito a dire delle cose.
Il mio intervento si intitola HOP HOP HOP: ebook collettivi, strategie di reclutamento e socialcosi e affronta questioni legate alla creazione di ebook collettivi da parte, essenzialmente, della blogsfera. Cioè voi. Cioè noi.
All'inizio del 2010, anzi per la precisione alla fine del 2009, ho riesumato un vecchio blog di nome Barabba. Era un blog che non seguiva nessuno, ma visto che mi ero da poco iscritto a FriendFeed e che su FriendFeed era pieno di gente con dei blog, mi sembrava una bella idea, riaprire Barabba – poi ho anche capito proprio in quel momento, quando mi sono iscritto a FriendFeed, il perché da qualche tempo sui blog commentava poca gente, perché commentavano tutti lì: mi sembrava anche un bel modo per delocalizzare i commenti e starci dietro più agilmente, dato che le piattaforme dei blog son tutte male oliate oppure ostiche e portano via del tempo; poi ho capito che portava via del tempo anche FriendFeed, ma ormai ero fregato.
***
Verso la metà di febbraio mi incontro col mio socio – Barabba è un blog collettivo, adesso ci scriviamo in cinque o sei, prima eravamo in due – mi incontro col mio socio e gli dico: Be', ma se facessimo un ebook sulla Resistenza, visto che quest'anno a Carpi – siamo di Carpi, noi – c'è l'anniversario di Materiali Resistenti? Lui, il mio socio, che è un tipo un po' tecnovillano, mi ha detto Ok, pensaci tu per le questioni dell'internet, io organizzo la serata di presentazione. Va bene, gli ho risposto, vorrei fare una cosa come il Post sotto l'Albero. Lui mi ha chiesto che cos'era il Post sotto l'Albero, io gliel'ho fatto vedere, gli ho spiegato che è un ebook collettivo, in pdf, e che c'era da un po' di anni. Lui mi ha detto: va bene. Io gli ho detto: allora siam d'accordo. Lui mi ha detto: sì.
E così abbiamo cominciato.
Su FriendFeed – avevo una trentina di iscritti al mio profilo, all'epoca – ho detto Cosa ne dite se facciamo un ebook collettivo sulla Resistenza?
Il giorno dopo avevo un centinaio di iscritti e di commenti e delle mail che mi dicevano più o meno: sì, bella idea, io ci sto.
Da lì siamo partiti con il reclutamento. Sul blog, Barabba; su facebook, su twitter, su tumblr, a voce eccetera. Ci eravamo inventati un tormentone: “Barabba dice 26x1” (che era il calco del segnale in codice che ha fatto partire la Resistenza, a suo tempo, negli anni '40, e diceva, l'originale: "Aldo dice 26x1", e da lì via tutti sulle montagne a sparare, cose così: è Storia).
Il 15 di Aprile, la deadline per la consegna, avevamo già raccolto una sessantina di contributi, tra racconti, saggi, ragionamenti, poesie, disegni, foto e perfino un monologo teatrale di venti pagine. Era diventata una cosa seria.
Poi abbiamo impaginato (211 pagine) e l'abbiamo chiamato Schegge di Liberazione, forse ne avete sentito parlare. L'abbiamo presentato in pubblico il 24 aprile, in un locale, con delle letture e dei blogger che erano venuti da mezza Italia per leggere in pubblico i propri pezzi o quelli altrui, o anche solo per vedere cosa succedeva.
È andata così bene che ci han chiamati a Bologna in un festival delle culture antifasciste, poi in una radio, sempre a Bologna, poi hanno appeso i racconti in una villa di Mestre, poi a ottobre siamo a Milano e a novembre ci han chiamati a Venezia... e insomma, un ebook e un tour, come per i libri veri.
***
È andata così bene che verso la metà di maggio mi incontro col mio socio e gli dico: Be', ma se facessimo un ebook sulla Sfortuna, visto che quest'anno a Carpi – sembra che a Carpi succeda un po' tutto – c'è il decennale del Festival di Filosofia e il tema è Fortuna. Lui, il mio socio, che è sempre un tipo un po' tecnovillano, mi ha detto Ok, pensaci tu per le questioni dell'internet, io organizzo la serata di presentazione. Va bene, gli ho risposto, allora siam d'accordo. Lui mi ha detto: sì.
E così abbiamo ricominciato.
Su FriendFeed – sempre lì – ho detto Cosa ne dite se facciamo un ebook collettivo sulla Sforuna eccetera eccetera?
Il giorno dopo avevo già una valanga di commenti e delle mail che dicevano più o meno: sì, bella idea, io ci sto.
Da lì siamo ripartiti con il reclutamento. Sul blog, Barabba; su facebook, su twitter, su tumblr, a voce eccetera. Ci eravamo inventati un altro tormentone: “Accettate la sfiga” (che era il primo gioco di parole che ci è saltato in mente, ma alla gente piaceva, abbiamo scoperto).
Il 9 di settembre, la deadline per la consegna, avevamo già raccolto una sessantina di contributi, tra racconti, saggi, ragionamenti, poesie, disegni e foto; e alcuni degli autori avevano partecipato a Schegge di Liberazione, altri erano nuovi.
Poi l'abbiamo impaginato (due volumi, questa volta, da 130 pagine l’uno) e chiamato Cronache di una sorte annunciata (che era il secondo gioco di parole che ci è saltato in mente), forse ne avete sentito parlare, è uscito venerdì 17 settembre. L'abbiamo presentato in pubblico quella sera lì, in un locale, con delle letture e dei blogger che erano venuti da mezza Italia per leggere in pubblico i propri pezzi o quelli altrui, o anche solo per vedere cosa succedeva.
Ed è andato bene anche questo, anzi, da Barabba, dove ora è scaricabile insieme a Schegge di Liberazione, ormai non riesco più a contare i download.
***
Non so se ne faremo degli altri, di ebook collettivi, perché è un gran lavorare. È bello, ma è un gran lavorare. Però da questa esperienza abbiamo capito delle cose sulla rete e sul reclutamento degli scrittori, per la maggior parte blogger, che poi non dobbiamo aver paura di chiamare scrittori.
La prima che abbiamo capito è che su Facebook han fatto bene a chiamarla bacheca: ci passano tutti davanti senza leggere niente. Ogni appello su Facebook alla scrittura era un appello a vuoto; sarà perché è gente che conosci di faccia, sarà che non gliene frega niente, ma su Facebook abbiamo raccolto poco. Poi si è rivelato utile per la promozione dell'ebook finito e tutto il resto, però bisognerebbe fare un altro discorso e non c'è tempo.
La seconda cosa che abbiamo capito è che Twitter è un'apparecchiatura simplex, cioè monodirezionale, con alcuni momenti fastidiosissimi di half-duplex, cioè come i walkie talkie, e che anche lì, se vuoi procacciarti degli scrittori, stai fresco. Anche twitter è utile per la promozione, ma non per la conversazione e per la progettazione. Ma non c'è tempo per parlare del dopo, qui stiam parlando del prima, di come si fa un ebook.
Un'altra cosa che abbiamo capito è che se vuoi fare un ebook collettivo dovresti avere un blog; non dico che sia indispensabile averlo, ma aiuta. Perché, dicano quello che vogliono, i blog vengono ancora letti da un bel po' di gente.
E così vale anche per il Tumblr, che è un modo abbastanza rapido per condividere degli annunci, degli strilli, dei richiami, eccetera, e che alla fin dei conti è una versione ridotta e velocissima della blogsfera.
E poi c'è FriendFeed. La maggior parte degli autori di Schegge di Liberazione e a Cronache di una sorte annunciata son gente di FriendFeed, perché sul FriendFeed italiano c'è la blogsfera – ma forse lo sapete già – e gli appelli su FriendFeed diventano conversazioni, discussioni e condivisioni e, insomma, per farla breve, se volete fare un ebook collettivo iscrivetevi a FriendFeed, anche se vi farà perdere del tempo... ma alla fine cosa facciamo, poi, tutta la giornata?
Insomma, per fare gli ebook collettivi con la blogsfera servono un blog – non necessariamente, ripeto, ma è meglio averlo, anche solo per accaparrarsi un po' di credibilità – e soprattutto FriendFeed. Davvero, funziona. Almeno in Italia, dalle altre parti non lo so. Forse in Turchia.
***
Non ho altro da aggiungere sulla questione. Se volete, potete andare su Barabba e scaricare Schegge di Liberazione e Cronache di una sorte annunciata, che nel frattempo son diventati anche dei blog autonomi, si chiamano Schegge di Librazione e Cronache di una sorte annunciata. Se cercate su Google, trovate tutto.
Poi, sempre se ne avete voglia, potete venirci a vedere quando li leggiamo in pubblico e, se ve la sentite, potete venire a leggere anche voi, potete dircelo all'ultimo minuto, tanto noi siam lì, è tutto gratis.
Se faremo degli altri ebook non esiteremo a comunicarvelo, proprio come abbiamo già fatto e come ho spiegato nel corso del mio intervento, se non vi siete addormentati o non siete andati fuori a bere una birra.
Se farete degli ebook voi, invece, e se queste cose che ho detto vi sono state d'aiuto, ditecelo che ci fa piacere.
***
Vorrei concludere il mio intervento citando la regola squonkiana, che è la regola fondamentale per ogni collezionista di pezzi per ebook, la regola che è stata la capostipite di tutto quanto abbiamo fatto fino ad ora; la prima volta l'abbiamo seguita in modo inconsapevole, la seconda volta – avendo noi ricevuto la benedizione del maestro, quello del Post Sotto l'Albero, quello che ha iniziato tutto, anni fa, perché non ci siamo inventati niente, noi che siamo venuti dopo – la seconda volta, dicevo l'abbiamo abbiamo seguito la regola squonkiana alla lettera. E non si scappa: se vuoi fare un ebook collettivo con la blogsfera, attraverso i socialcosi, FriendFeed in particolare, e vuoi farlo bene, i passi da seguire sono tutti elencati nella regola squonkiana.
La regola squonkiana dice così:
- Partire con annunci casuali quattro mesi prima della data prefissata per la pubblicazione.
- Una breve campagna teaser nel mese precedente l'inizio delle operazioni.
- Invito a sorpresa in un qualsiasi giorno di [due mesi precedenti la pubblicazione], poco prima dell'ora di pranzo.
- Crescendo rossiniano;
- Creazione di un tormentone.
- Hop hop hop.
- Minuetto.
- Happy end.
venerdì 24 settembre 2010
Glabro
L’altro ieri un amico mi ha chiesto quale di quei due ero io, quale mi sentivo.
E io ho pensato che, mentre leggevo il romanzo, avevo preso davvero a immedesimarmi in uno dei due protagonisti.
Però mi sono pure ricordato che rimasi un po’ deluso quando leggendo scoprii che quel personaggio, nel quale volevo identificarmi, era glabro.
mercoledì 22 settembre 2010
Furbi
"Hai una scrittura paratattica - annotava Imbeni, alludendo alla tecnica letteraria che consiste nell'accostare le frasi senza una gerarchia -, effetto della tua totale sottovalutazione della consecutio temporum". E Cornia, effettuata fra i presenti una rapida indagine sulla conoscenza del termine "paratattico", non poteva che riconoscere quella che in fondo è una peculiarità, assolutamente non casuale, della propria scrittura erratica. Così come non poteva che assecondare un'altra osservazione di Imbeni: "Mi sembra - gli rinfacciava l'improvvisato conduttore - che la tua costante siano le digressioni. Un po' come in Gogol, solo che Gogol alla fine tornava a poma, mentre tu ti ci perdi". Il resto è stato lettura di pagine del romanzo, alla quale Imbeni spingeva Cornia, "per via - diceva - di quel suo curioso modo di leggere che fa sembrare che lui sia il primo a meravigliarsi delle cose che ha scritto". (*)
Quella sera, era il 2007, Ugo Cornia presentava Le pratiche del disgusto e tra il pubblico c'era quasi tutto il direttivo di Barabba, senza contare il vecchio malvissuto in qualità d'intervistatore a tener banco insieme allo scrittore. All'epoca volevamo fare una rivista, volevamo chiamarla, pensa te, Barabba. Dopo la presentazione, seduti a un tavolo in un baretto rumoroso della città, Ugo ci disse: Dai, stiam facendo una cosa che si chiama Accalappiacani, venite anche voi. Noi rifiutammo gentilmente dicendo che volevamo farcela da soli. Furbi.
lunedì 20 settembre 2010
Biografie essenziali (89)
Biografie essenziali (88)
domenica 19 settembre 2010
Cronache di una sorte annunciata: il blog
Pubblicheremo lì, d'ora in poi, tutte le robe relative alla sfiga. Da queste parti, invece, continueremo a barabbare come sempre. Grazie ancora. Fine dello spam.
sabato 18 settembre 2010
Barabbisti dal volto umano (4)
Cronache di una sorte annunciata: mineros
Minatore 2: il segreto per l’empanada è che non ci deve essere troppo tonno
Minatore 3: Déjate caer, déjate caer, la tierra es al revés
Minatore 1: Se mi salvo, ci vado tutti i giorni, in chiesa […] Forse la Madonna non vuole che ci vado, allo stadio […] Forse non tifa il San José!?
Minatore 2: tace e pensa all’empanada della madre.
Minatore 3: La sangre es amarilla, déjate caer
Buio. Le poche luci accese traballano. I volti illuminati spalancano le bócche. Le barbe si rizzano.
venerdì 17 settembre 2010
Cronache di una sorte annunciata: un ebook, anzi due
Ci abbiamo preso gusto. Dopo il successo di Schegge di Liberazione (e se non sapete di cosa parliamo, peste vi colga) noi barabbisti ci siamo raccolti intorno a un tavolo e abbiamo deciso di rifarlo, un ebook, un altro, magari meno “impegnato” del primo. Così, per vedere se ci riuscivamo ancora.
Il decennale del Festival di Filosofia sul tema della “fortuna” ci ha dato l’idea e abbiamo subito diramato l’appello agli scrittori della rete: accettate la sfiga, abbiam detto loro, mandateci dei racconti, dei saggi, delle foto, dei disegni, vogliamo fare un ebook sulla sfortuna, dai, accettate la sfiga.
L’hanno accettata, loro, in tanti. Il risultato è raccolto qui, in due volumi. Cronache di una sorte annunciata è un titolo di (s)fortuna, non ci veniva in mente niente e abbiamo optato per un misero calembour. Se non vi piace, eh, sfiga.
Buona lettura.
Volume 1: si scarica gratuitamente in pdf qui o nella sua forma economica ed ecologica, sempre in pdf, qui. Per gli amanti del libro elettrico, invece, qui c'è l'epub e qui il mobi.
Volume 2: si scarica gratuitamente in pdf qui o nella sua forma economica ed ecologica, sempre in pdf, qui. Per gli amanti del libro elettrico, invece, qui c'è l'epub e qui il mobi.
(Note: ringraziamo infinitamente il buon Alessandro Bonino per la supervisione attenta e la consulenza nella creazione dell'epub; e ringraziamo in maniera inimmaginabile la paolina per la creazione del mobi per Kindle --- putroppo nei formati epub e mobi non sono visibili fotografie e disegni, presenti invece nei due formati pdf; stiamo lavorando per risolvere il problema --- Se trovate dei refusi, eh, sfiga... no, scherziamo: cominicatecelo al solito indirizzo marcomncrd chiocciola gmail punto com)
giovedì 16 settembre 2010
Aria
Ricordo che una volta un professore ci disse che se Aristotele avesse viaggiato nel tempo sino a giungere ai giorni nostri, non solo non avrebbe capito nulla di filosofia, ma sarebbe addirittura morto perché incapace di respirare l'aria che respiriamo noi.
mercoledì 15 settembre 2010
Che nervoso
(Non me ne voglia Tiziano Scarpa, ma questo post me l’ha ispirato lui)
martedì 14 settembre 2010
Cronache di una sorte annunciata: appuntamenti
Insomma, è fatta. Abbiamo accettato la sfiga, i gatti neri son sul ciglio delle strade e pronti allo scatto, i gufi roteano gli occhi anche al mattino, il sale capitombola sul tavolo e non c'è ferro e non c'è legno che possa salvarvi al tocco. Cronache di una sorte annunciata, l'ebook, è quasi pronto. Di seguito gli appuntamenti, le pacche sulle spalle, le consolazioni:Si apre e poi si richiude subito in un sorriso la forza indomabile e bella degli sfigati, che è nelle crepe, nelle onde, nei dettagli e nei tartagli. E che da sempre serve a tutti per guarire il mondo.
(L’ha scritto Bruno Tognolini per il Cabudanne de sos poetas di Seneghe dell’anno scorso, il resto si trova qui - via Paolo Nori)
- Venerdì 17 Settembre: pubblicazione ufficiale del libro (se volete, nel frattempo, potete leggervi questa specie di making of).
- Venerdì 17 Settembre: reading al Mattatoio Culture Club di Carpi (MO).
- Sabato 18 Settembre: letture zingare e clandestine, forse, se il tempo lo permette, se abbiamo voglia, per le vie del centro carpigiano durante la notte bianca del Festival di Filosofia.
lunedì 13 settembre 2010
Primo giorno di scuola e manici di scopa
Io ero stato Michelangelo tutta l’estate, e mi ero fabbricato un paio di nunchaku con due pezzetti di legno, una corda e dei chiodini. Li usavo spesso al pomeriggio, quasi tutti i giorni, al parco con Gabriele, che invece era Donatello e aveva un bastone bō abbastanza brutto fatto col manico di una scopa svitato dalla scopa. Me li aveva invidiati tutta l’estate, i miei nunchaku, tanto erano belli.
Quel primo giorno di scuola in quarta elementare, però, me lo ricordo bene, la questione era che la Marcella, la biondina più carina della classe, che aveva il banco davanti al nostro, a un certo punto si era girata e ci aveva detto Vengo anch’io a giocare con voi, oggi pomeriggio, faccio April. A noi questa cosa ci mandava in tilt: April, ci risultava, nel cartone stava con Donatello e Donatello era Gabrilele, e a Gabriele piaceva la Marcella, e anche a me piaceva la Marcella, però io ero Michelangelo. Un bel casino.
Siamo rimasti seduti al banco a contrattare anche per la ricreazione, stavamo addirittura rischiando una nota, così, appena tornati dalle vacanze. Mi toccava usare l’unica moneta di scambio che avevo per diventare Donatello, che nel cartone non era simpatico come Michelangelo, e all’inizio avevo pure fatto il diavolo per essere Michelangelo, perché tutti volevano essere Michelangelo, all’inizio, e invece l’avevo spuntata io. Ma adesso era diverso, adesso bisognava fare Donatello per stare con April, la Marcella, solo che Donatello era Gabriele. E insomma, sul piatto ho messo i miei nunchaku.
Quel primo giorno di scuola in quarta elementare, mi ricordo bene, a un certo punto ho messo la mano sul grembiulino di Gabriele e gli ho detto Dammi pure il tuo manico di scopa. È un bastone bō, mi ha risposto lui. È un manico di scopa, gli ho detto, ti do i miei nunchaku e faccio Donatello, tu fai Michelangelo, io sto con la Marcella e tu ti tieni i miei bellissimi nunchaku, te li regalo: o così o niente. Ok, ha risposto Gabriele.
Così al pomeriggio abbiamo fatto lo scambio, e mi piangeva il cuore, ma in fondo ero contento perché diventavo Donatello e stavo con April.
Solo che al parco, dopo il primo giorno di scuola in quarta elementare, ahimè, mi ricordo bene, April, la Marcella, non è mica mai venuta. Abbiamo aspettato un bel po’, ma niente. Eravamo lì, io e Gabriele, lui a fare Michelangelo coi suoi nunchaku fichissimi, io Donatello, imbronciato, appoggiato a un manico di scopa che mi faceva anche un po’ schifo. Lui roteava quei meravigliosi bastoncini collegati dalla cordicella fissata sui chiodini e saltellava, e io, secondo me, se non ricordo male, l’ho mandato a cagare.
Quella sera decisi di smettere di giocarci e pure di guardarlo, il cartone, per la rabbia e per il nervoso e la delusione e i nunchaku e l’amore perduto. Metti che poi April si fidanza con Michelangelo, ho pensato, metti che molla lì Donatello e sposa Michelangelo, non ci voglio neanche pensare, pensavo.
Il secondo giorno di scuola in quarta elementare, mi ricordo bene, dopo la ricreazione vedo che sotto il banco, nello scomparto di lamiera che noi chiamavamo “sottobanco”, ci sono i miei nunchaku. Mi giro verso Gabriele e lo vedo che mi sorride con uno di quei sorrisi dell’amicizia che non so spiegare, ma ci siamo capiti. Sotto i nunchaku c’era un bigliettino. Quando l’ho aperto mi veniva quasi da piangere, ma non potevo, perché ero un maschietto e c’erano delle regole da rispettare. C’era scritto: Cowabunga!
Ti riporto il tuo bastone bō, ho detto subito a Gabriele.
No, dai, mi ha risposto, è un manico di scopa. Ne faccio un altro.
Biografie essenziali (87)
Biografie essenziali (86)
domenica 12 settembre 2010
Barabbisti dal volto umano (3)
sabato 11 settembre 2010
Pensieri in apnea: a-mare-ggiamenti
"Odio l'estate. Datemi l'inverno, voglio l'inverno, o almeno l'autunno..." (Rossella P.)
"Adoro l'estate perché puoi non usare il deodorante per mesi." (Chiara R.)
"Avete una manovra di Heimlich?" (Filippo B. aka Dj Klaus Augenthaler al ristorante)
"Non siamo sempre così, a volte siamo anche peggio." (Gioia C. al ristorante)
"Paesaggisticamente parlando di notevole a Marina di Ravenna c'è solo l'acqua, non puoi mica definirlo mare quel coso piatto lì davanti, la pineta che sembra una foresta primordiale e sembra che da un momento all'altro salti fuori un brontosauro, e le bariste dell'Hana-Bi, quelle son davvero fantastiche." (Carlo Dulinizo)
venerdì 10 settembre 2010
Hop hop hop: ebook collettivi, strategie di reclutamento e socialcosi
Quel giorno, nei dieci minuti più domande a mia disposizione, parlerò, credo, di come abbiam fatto a mettere insieme Schegge di Liberazione e Cronache di una sorte annunciata.
Durante la BlogFest ci sarà una specie di notte degli oscar della blogsfera. Leonardo spiega bene per chi dovreste votare. Noi votiamo Leonardo.
Infine, appiccico tra le Cianfrusaglie, nella colonnina qui a fianco, una cosa che vi informa, se passate da queste parti, che alla Blogfest io ci sono. Se vi va, ci vediamo là. È gratis.
Non sono mai stato a un BarCamp, nemmeno da spettatore. Ma ho discusso una tesi in ingegneria, quasi sei anni fa. Ce la posso fare, no?
giovedì 9 settembre 2010
Cronache di una sorte annunciata: la scrofa di Falaise
Cronache di una sorte annunciata: deadline!
mercoledì 8 settembre 2010
Cronache di una sorte annunciata: penultimo minuto
Allora mi ero detta Via, andiamo alle Poste Centrali che sono aperte anche di pomeriggio. E avevo pensato Facciamo pure un po' di foto a questa Bologna così silenziosa, così vuota e chiusa per ferie che cammini in giro e ti sembra di stare a Pompei.
E così ho fatto.
Pomeriggio del 12 agosto, bicicletta, schivare il primo Fiorino che girava contromano sotto casa, facile, carreggiate libere, parcheggi liberi, gioie da città sottopopolata.
Lavanderia chiusa per ferie, bar chiuso per ferie, negozio di elettrodomestici "Chiuso per un riposino, a rivederci il 17", fotografo chiuso per ferie, tabaccheria aperta "Superenalotto Jackpot 11.490.973 €", edicola chiusa per ferie, pizzeria chiusa per ferie, calzolaio "Riapro il 28\08\2010", etc.
Camminavo in giro e, se non proprio Pompei, che comunque poco ci mancava, mi veniva il dubbio che magari mi stessero facendo la Finale dei Mondiali di nascosto. Tipo "Italia-Brasile", così, a mia insaputa. Scusi, cosa sta facendo l'Italia?, avrei voluto chiedere a trabocchetto al primo passante che mi fosse capitato a tiro, però peccato, l'unica passante del 12 agosto ero io, che stavo andando alle Poste Centrali a rifare la postepay.
Però peccato, perché le Poste Centrali, il pomeriggio del 12 agosto, chiuse, pure le Poste Centrali. Allora ho fatto una foto e ho ripreso la bicicletta per tornare a casa. Però peccato, perché quando ho ripreso la bicicletta la bicicletta era rotta. E niente, allora ho cercato un biciclettaio, ma il 12 agosto, peccato, col biciclettaio "Ci rivediamo il 30 agosto. Buone ferie".
Di sera dopo volevo andare a guardare le stelle, ma alla fine mi sono detta che il 12 agosto le stelle non si sa mai, era meglio stare in casa. Allora sono andata sul terrazzo e ho mangiato dei fru-fru.
Come si chiama? Si chiama sfiga, e cosa vuoi fare, io l'ho accettata.
Accettatori di sfiga, inviate le vostre sfighe dell'ultimo minuto (che dicono essere tra le più efficaci!) a marcomncrd chiocciola gmail punto com, le ritroverete in Cronache di una sorte annunciata, il nuovo e-book in uscita il 17 settembre.
martedì 7 settembre 2010
Cronache di una sorte annunciata: ispirazioni
"La pioggia è quella cosa che fa crescere i fiori e scomparire i taxi." (Anonimo)
"Ebbe la sfiga di finire i suoi giorni in galera. Ma per fortuna era completamente innocente." (Paco D'Alcatraz)
"Massimo Giuliano era l'eccellente doppiatore di John Belushi. Quando si dice la sfiga: una carriera stroncata dagli eccessi di un altro." (Lella Costa)
"Sono il più grande teorico della figa in Italia e il più grande pratico della sfiga in Europa." (Dario Vergassola)
"La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo." (Roberto "Freak" Antoni)
Bene, ora avete tempo fino a dopodomani 9 settembre alle 23:59 (barabb-ora locale) per inviare qualsiasi cosa vi sia venuta in mente in merito alla malasorte e al suo seguito e strascico di persone, cose e fenomeni (para)normali, all'indirizzo marcomncrd chiocciola gmail punto com. L'ebook, summa di tutte le nostre tragicommedie, vedrà la luce del web venerdì 17 settembre e verrà proclamato pubblicamente al FestivalFilosofia di CarpiModena e Sassuolo il giorno seguente.
Siate brevi, concisi e felici. Alla fine, accettate la sfiga...
lunedì 6 settembre 2010
Dicono di noi
Mentre eravamo lì, a cazzeggiare e a bere e a divertirci, gente del mondo della cultura e dello spettacolo che passava da quelle parti si è fermata al barabbanchetto per lasciarci dei pensierini scritti su pezzetti di cartoncino adesivo. Dicevano così:
"Buonasera. Si sente se parlo così? Bene, saluto Barabba, intanto." (Paolo Nori)
"Non leggo nient'altro." (Carlo Pastore)
"Mio figlio, ho pensato, lo chiamo Barabba." (Gianna Nannini)
"Rivendica la proprietà della punteggiatura." (Giorgio Assumma)
"Barabba non ha ragione." (Augusto Minzolini)
"...puntai 50 dollari su Barabba, e mi diressi al bancone del bar" (Charles Bukowski)
"Ho studiato latino su Barabba. Che fatica!" (Belen Rodriguez)
"Eravamo io, Barabba, il Subcomandante Marcos e gli Inti Illimani..." (Gianni Minà)
"E chi non legge Barabba, peste lo colga." (Ugo Pagliai)
"Meno male che c'è Barabba." (Giovanni Lindo Ferretti)
"Leggere Barabba fa bene al cuore" (Francesco Alberoni)
"Anche Lui, ogni tanto, lo legge." (Sandro Bondi)
"C'era un post di Bud Spencer che ho letto su Barabba." (Niccolò Ammaniti)
"Lo volevamo al Milan, Barabba, ma non ci siamo intesi con la loro società." (Adriano Galliani)
"Barabba... alla fine muoiono tutti." (William Shakespeare)
"E leggeremo Barabba, lo leggeremo alla brutto Dio!" (Carlo Dulinizo)
"Associato ad una dieta corretta e ad un'attività fisica costante, Barabba è il segreto della longevità mediterranea." (Luciano Onder)
"Leggevamo Barabba / nelle balere estive / mentre nella mia dacia / l'afa ci soffocava." (Franco Battiato)
"Barabba, per dire, era l'uomo col fucile." (Clint Eastwood)
"Spegni la televisione, dico a mio figlio, spegnila! E leggi Barabba." (Raffaele Morelli)
"Barabba ha rivoluzionato l'idea della forma-concerto nella musica classica contemporanea." (Luciano Berio)
"Barabba ha sempre da fumare." (Vasco Brondi)
"Quando la persona è niente, l'offesa è Barabba." (Anna Tatangelo)
"Barabba giustifica i mezzi." (Niccolò Machiavelli)
"Il segreto di Barabba è lo strutto." (Antonella Clerici)
"Darei la vita per Barabba." (Gesù di Nazareth)
"Ero lì che costruivo quadrati sui cateti, poi ne costruisco uno sull'ipotenusa e passa Barabba. «Sono uguali, veh!» mi dice. E da lì..." (Pitagora)
"Barabba l'ho scritto io." (Umberto Eco)
"Il cielo stellato sopra di me, la legge di Barabba dentro di me." (Immanuel Kant)
"A me queste cose con la gente della Bibbia, boh." (Piergiorgio Odifreddi)
"Barabba ha dato il via a mani pulite." (Ponzio Pilato)
"Sì, stasera sono qui, per dire al mondo e a Dio, Barabba amore mio." (Emanuele Filiberto di Savoia)
"Prima mi sembrava d'aver visto la mia ex, invece era Barabba, per fortuna." (Ilke Bab)
"Barabba, io so' stato co' la sorella. Che tempi, te nun lo pòi capì." (Franco Califano)
"Come può un blog / arginare Barabba?" (Mogol)
"This time for Barabba." (Shakira)
"Barabba è una cazzo di fottuta opera d'arte." (Vittorio Sgarbi)
"Eh, la barabbità." (Platone)
"L'heautontimorumenos, bandiera rossa, Silvia inferno. Due." (Edoardo Sanguineti)
"Barabba è ok, ma il Vecchio Testamento era molto meglio." 3.2 (Pitchfork)
"Ho deciso, i prossimi libri li pubblico con Barabba." (Vito Mancuso)
"Barabba, cassa dritta, quattro quarti e via andare." (Samuel Reynolds)
"Barabba è quasi come internet." (Alessandro Bonino)
"Barabba lo leggi poi a casa tua." (Roberto Calderoli)
"Certe notti la radio si sbaglia, allora leggo Barabba." (Luciano Ligabue)
"Before I sink / into the big sleep / I want to read / a post on Barabba." (Jim Morrison)
"Nel mio intimo c'è Barabba." (anonimo)
"Lo dirò una volta sola: Barabba si scrive con l'accento sulla seconda A." (omissis)
"iBarabba. Ci penseremo." (Steve Jobs)
"Avessi letto Barabba, sarebbe andata diversamente." (David Foster Wallace)
"Scusa ma leggo Barabba." (Federico Moccia)
"Ho visto cose che voi umani [...] ero su Barabba." (Philip K. Dick)
"Infattamente, allora, co' u pilu, Barabba." (Cetto Laqualunque)
"Io quanto che aveva le mane sporche de terra penzave Barabba." (Vincenzo Rabito)
"Lo leggo prima dello yogurt. Funziona." (Alessia Marcuzzi)
"Uh-la uh-lalaaa Bara-bah Ba-ra-baah." (Lady Gaga)
"Leggendo Barabba era tutto un turbine elettrico e Rimbaud." (Patti Smith)
"Eh, Barabba è, sì, è una cosa che, cioè, la leggi e, così, capisci che, eh cioè, va bene." (Vasco Rossi)
"Una stanza buia. Vuota. Accanto al cadavere un pc acceso su un blog. Barabba." (Carlo Lucarelli)
"Sonny faceva sempre i popcorn e Barabba li mangiava." (Cher)
"Meglio degli Arcade Fire." (Marco Manicardi)
domenica 5 settembre 2010
sabato 4 settembre 2010
Cronache di una sorte annunciata: pastorale
Riattaccò sopra la scrivania il ritratto senza vetro dell'impassibile Conte e poi, come se ascoltare persone che ciarlavano senza tregua di questo o di quello fosse il compito assegnatogli dalle forze del destino, lasciò l'inferno in cui si era avventurato per tornare alla solida e metodica buffonata della cena. Era tutto ciò che gli restava per non perdere il controllo: una cena. L'unica cosa cui poteva aggrapparsi mentre la grande impresa che era stata la sua vita continuava a sfrecciare verso la distruzione: una cena.(Philip Roth, Pastorale americana - Einaudi, 1998, p.380)
Cronache di una sorte annunciata, l'ebook, verrà pubblicato sul web, neanche a farlo apposta, venerdì 17 settembre in occasione del gran galà d'apertura del festival filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, e verrà letto pubblicamente (da qualche parte, in qualche modo) sabato 18 settembre durante la notte bianca.
Accettate la sfiga.
giovedì 2 settembre 2010
Vite dei filologi: Joseph Bédier (2)
Il terremoto che segue non risparmia nessuno e a scorrere il ruolino degli interventi e delle querelles, sembra di assistere a un torneo di pesi massimi: Bédier VS la memoria del suo maestro Paris, con cui aveva già curato, per la laurea, un’edizione lachmanniana del Lai de l’ombre (1890) – da qui tanto si è detto del suo controverso rapporto col maestro, scomodando anche Freud; Don Quentin VS Bédier; Pasquali – con la memorabile accusa di ‘dadaismo scientifico’ – VS Bédier; Don Froger e poi Rychner VS il defunto Bédier e i suoi seguaci; bedieristi VS lachmanniani VS new medievalists e così via. A volte, c’è da riconoscerlo, non c’è niente di meglio di una bella rivoluzione per tenere svegli i professori. Kuhn insegna.
Il tardo Bédier, dopo i fuochi artificiali dei primi anni di carriera, dopo gli sconquassi di una guerra mondiale, ci piace immaginarlo come appare nelle ultime foto. Un uomo così appagato, sereno e dignitoso da poter indossare, senza sembrare ridicolo, due voluminosi mustacchi bianchi da moschettiere, arricciati all’insù, eredità del bisnonno Louis Philippe Marie che il moschettiere del re l’aveva fatto per davvero. Bédier. Uno che è il ‘conformismo incarnato’ (Lot). Uno che ama tutto della Francia: Tout ce qui se fait en France est bien parce que français ( ‘Tutto quello che si fa in Francia va bene perché è francese’). Un Seymour Levov d’oltralpe, di cui viene da dire, come di Levov, che ‘al posto dell’anima aveva l’affabilità’. Uno che nel 1920 è nell’Académie française (1920), dove prende il posto del defunto Rostand; uno che al Collège de France frequenta colleghi del calibro di Lucien Febvre, Émile Mâle e Paul Valery e chissà pure Einstein; ma anche uno che sa godersi la vita e che va a pesca nel buen retiro di Le Grand Serre.
Ogni mattina, nella bella stagione, Bédier si sveglia prima dell’alba, beve il suo caffè bollente e si prepara una sigaretta, fumandola di nascosto, perché il dottore l’ha proibito. Poi si veste e prende la canna e parte per la pesca alla trota. L’unica cosa pratica che gli riesce. La mattina del 29 agosto 1938 si sente male, proprio in riva al fiume. Lo portano a casa e le sue ultime parole sono: «Non è niente, non è niente».
mercoledì 1 settembre 2010
King Kong
King Kong era basso, più basso della media di un bambino di terza elementare. Era così basso che avresti potuto pensare a dei problemi di crescita, cosa non vera, dopotutto, perché poi crebbe come tutti gli altri, anche se oggi è sempre un po’ basso, ma non troppo, non così tanto. Lo chiamavano King Kong per quel motivo, perché era basso. Era basso ma era anche un torello, tamugno, come si dice da noi, e quando c’era da fare delle volate, uno scatto, un colpo di reni, anche in tenera età, era sempre lì davanti, tra i primi, o addirittura davanti ad alzare le braccia.
King Kong era un casertano e portava gli occhiali da vista, da bambino, quando le lenti a contatto stavano solo nei libri di fantascienza e per pedalare dovevi legarti i piedi con i cinturini, che se cadevi eran tutti cavoli tuoi, coi piedi impigliati nella bici. Portava degli occhialetti tondi, King Kong, legati con l’elastico perché non cadessero, in gara e in allenamento, e noi ci chiedevamo come facesse a far fatica, a sudare, ad andare così forte portando quegli occhialetti tondi da vista.
Sono miope, ci diceva lui, e poi li porta anche a Fignonne, o’ professo’.
Laurent Fignon, il professore, come lo chiamavano, è morto ieri pomeriggio, era malato da tempo, un brutto male. Io a diciannove anni con la bici ho smesso, quando lo sport diventò fasullo, dopato, televisivo, antiagonistico. E non ho più toccato una bici da corsa, da allora. King Kong smise di correre un po’ più tardi, un paio d'anni dopo, aveva già moglie e figli e un lavoro da muratore per costruirsi una casa tutta sua, dove abita ancora. Lui, però, non ha mai smesso di andare in bici, anche se oggi lo fa per diletto, non per competere con qualcuno, non per i colpi di reni e per le volate e gli scatti. Lo fa perché gli piace.
Lo vedo, a volte, mentre torno dal lavoro in macchina. Vedo King Kong da solo, al sole, per la strada, tutto bardato e con la bici sempre pulita, la testa bassa a tagliare il vento. Ogni tanto ha gli occhiali da sole, ogni tanto le lenti a contatto, ogni tanto gli occhiali da vista, degli occhialetti tondi e legati con l’elastico per non farli cadere. Come a Fignonne, come o’ professo’.