«Ma c’è la crisi, adesso, che non è mica poi qui tutta, qui da noi. Non bisogna che ci facciamo i difficili, che tutto il mondo è paese. Tu vai appena là, che ti dici già che ci passeggiano i maiali cotti, qui da noi, per le strade. E intanto, ci avremo il combattimento dei gladiatori, per i tre giorni della festa, ma che sarà una cosa scelta, noi. E non sono mica gli schiavi di squadra, ma che c’è tanto di liberti, invece. E il nostro Tito ci ha l’anima grande, che ci ha la testa calda. Sarà questa cosa, sarà quell’altra, ma qualche cosa sarà. Io me lo conosco bene, che è uno che non se li fa mica, i pasticci. Ci darà le buone spade, la gente che non scappa, con tutta la macelleria lì al centrocampo, che tutto lo stadio se la può vedere. E lui li ha, i mezzi. Si è ereditato i suoi trenta milioni, che il suo padre gli è morto, poveretto. Metti che se ne spende quattrocentomila, ma il suo patrimonio non se ne accorge nemmeno, e lui si fa la sua gloria per sempre. […] Ma me lo sento già, l’odore, io, del banchetto che ci fa il Mammea, e delle due monete d’oro, per me e per i miei. Che se davvero ce lo fa, gli toglie tutte le simpatie, lui, al Norbano. E te lo vedi, tu, come gli andranno a gonfie vele, le sue elezioni, a quello. Perché, davvero, che cosa ci ha fatto poi, di buono? Ci ha dato dei gladiatori da un soldo, dei vecchi decrepiti, che ti cascavano giù, se ci soffiavi tu su. Io me ne sono già visto, che ne hanno gettati alle bestie, ma che erano meglio di quelli. Ne ha fatto morire a cavallo, che ci andavano bene per decorarci un candelabro, che ti sembrano dei polli pollini, ecco. Uno era da buttarlo sopra il mulo, e via. L’altro ci aveva il piede matto. La riserva era più morta che il morto, che ce li aveva tagliati, i suoi tendini. C’era un trace, soltanto, che ci aveva del fiato, un po’, che combatteva che era come a lezione, però. Insomma, che gli toccata la frusta, a quelli, alla fine, a tutti, tanto gli avevano gridato: “Ma dàgliele!”, lì tutti in massa. Ma erano nati per scappare, proprio. “Però, io te l’ho offerto, il combattimento”. E io ti dico che sei bravo, te. Ma poi fa’ un po’ il conto, che ti ho dato di più di quello che mi ricevo, io.»
(Petronio, Satyricon, traduzione di Edoardo Sanguineti, Einaudi, 1993, pp. 51-53)
(Petronio, Satyricon, traduzione di Edoardo Sanguineti, Einaudi, 1993, pp. 51-53)