giovedì 6 ottobre 2011

Buongiorno. Si sente se parlo così?

Tutte le volte che leggo un discorso di Paolo Nori, come quelli bellissimi che ci sono ne La meravigliosa utilità del filo a piombo (marcos y marcos, 2011), soprattutto Noi e i governi, o in Esattamente il contrario (drago, 2009), o come nell'ultimo Vorrei fare una domanda, ecco, sempre, tutte le volte, mi sento un po' in imbarazzo perché anch'io, nei miei discorsi, comincio sempre con "Buongiorno. Si sente se parlo così?". Lo faccio apposta, è una specie di omaggio, diciamo.

Una volta, però, al Salone del Libro di Torino, dovevo fare un discorso sulla storia di Barabba Edizioni ed ero abbastanza preoccupato, visto che Paolo Nori era lì e diceva di voler venire a sentirlo. Allora sono andato da lui e, timidamente, che è un eufemismo per dire che mi vergognavo come un cane, gli ho detto Paolo, scusa, volevo dirti una cosa, perché mi rendo conto che il confine tra la citazione e la figura di merda è molto labile e ambiguo - ho detto proprio così, labile e ambiguo, e, mentre lo dicevo, pensavo Ma come parlo? - e allora, ho continuato, volevo farti sapere che il discorso che sto per fare inizia con "Buongiorno. Si sente se parlo così?".

Lui mi ha guardato, si è messo a ridere, come può mettersi a ridere Paolo Nori, cioè alzando le sopracciglia e allargando un po' il sorriso, poco poco, si è messo a ridere e mi ha detto: Se vuoi fare una cosa fatta bene, mentre lo dici dovresti fare anche così. E si è grattato la testa.

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