di Mitia Chiarin fatacarabina
Le stelle da qui, dalla torre del petrolchimico, sono vicine,
Sembrano aver voglia di parlare, loro, mentre io e i miei compagni
quassù sentiamo solo il freddo che ci entra dentro e
ci toglie anche la voglia di respirare.
Io ho una moglie, due figli, un mutuo da pagare ancora per dieci anni.
Qui attorno tutte le fabbriche stanno chiudendo, anche la nostra è morta
solo che a noi tocca presidiarla, metti che un matto entri e si metta a giocare
al piccolo chimico con tutte le schifezze che ci sono qui dentro.
Farebbe saltare in aria mezzo Veneto.
Sorvegliamo e protestiamo. Stiamo in mezzo a tubi che trasportano roba che per decenni
se ci lavoravi in mezzo,
te ne uscivi con un sacco di scorie sulla tuta e un bel carico di tumori.
Conosco uno, un vecchio operaio in pensione, che ogni anno ha un tumore nuovo,in qualche parte del corpo.
Oramai ci è abituato, ci ride su.
A noi che siamo arrivati dopo, ci è toccato il sogno di considerarci lavoratori specializzati, un passo
oltre quei vecchi colleghi, e la speranza fallita di fare chimica pulita.
Ma adesso che chiudono tutto, dei padroni che non sono qui, che sono lontani
noi parliamo, manifestiamo, urliamo, protestiamo, saliamo
sulle torri della torcia che è spenta e speriamo che qualcuno ci ascolti.
Le stelle mi guardano, Venezia è lì a un tocco di mano con le sue luci.
Le stelle capiscono.
Loro lo sanno che senza lavoro, oggi, a trenta come a cinquant'anni, non sei niente.
Perché la vita è soprattutto denaro e senza quello una famiglia non te la tieni.
E pensare che io, da ragazzo, volevo girare il mondo a cantare ed esser felice così.
Le stelle mi guardano, le sento compagne.
[Occupy Everything. Occupy Barabba.]
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