giovedì 29 agosto 2013

La gente si dividono in due (5)

Quelli che escono di casa, guardano in su, conoscono le nuvole e prendono la bici anche se minaccia pioggia; e quelli che escono di casa, guardano in su e cercano il sole.

martedì 27 agosto 2013

L'(n+1)esimo libro della fantascienza: Giuro che non lo sapevo

“Quinn aveva già sentito parlare di casi simili a quello di Peter Stillman. Nei giorni della sua vita precedente, poco dopo la nascita del figlio, aveva recensito un libro che parlava del ragazzo selvaggio di Aveyron, e perciò si era documentato sull’argomento. A quanto ricordava, i primi resoconti di esperimenti del genere compaiono nelle opere di Erodoto: nel VII secolo a. C. il faraone egiziano Psammetico isolò due neonati ordinando allo schiavo cui erano affidati di non pronunciare mai una parola in loro presenza. Secondo Erodoto, cronista di famigerata inaffidabilità, i bimbi appresero a parlare: la loro prima parola fu «pane» in lingua frigia. Nel Medioevo l’imperatore Germanico Federico II ripeté l’esperimento con metodi analoghi nella speranza di scoprire il vero «idioma naturale» dell’uomo: ma i bambini morirono prima di avere detto una sola parola. Infine, nella prima metà del Cinquecento, il re di Scozia Giacomo IV asserì – senz’altro mendacemente – che dei bimbi scozzesi isolati in ugual modo avessero finito per parlare «in ottimo ebraico». Tuttavia non furono solo gli eccentrici e i filosofi a interessarsi dell’argomento. Anche un pensatore equilibrato e scettico come Montaigne esaminò attentamente la questione, e nel suo saggio più importante, l’Apologia di Raymond Sebond, scrisse: «Io credo che un fanciullo che sia stato allevato in completa solitudine, lontano da qualsiasi rapporto umano (e sarebbe un esperimento difficile a effettuarsi) avrebbe qualche sorta di linguaggio per esprimere le proprie idee. E non è credibile che la Natura abbia negato a noi quella risorsa che ha elargito a tanti altri animali… Ma è ancora da sapere quale lingua quel bimbo parlerebbe; e ciò che per congettura se ne è detto non appare probabile». A parte gli esperimenti, ci sono stati i casi di isolamento accidentale – bambini smarriti nei boschi o allevati dai lupi, naufraghi su un’isola deserta – oltre a quelli di genitori crudeli e sadici che segregavano i loro figli, li incatenavano al letto, li picchiavano dentro gli armadi, li torturavano senza altro motivo che la coazione della loro follia: e Quinn aveva compulsato la vasta letteratura dedicata a queste vicende. C’era stato il marinaio scozzese Alexander Selkirk (da alcuni ritenuto il modello di Robinson Crusoe) che visse quattro anni in solitudine su un’isola al largo della costa cilena e, secondo il capitano della nave che lo soccorse nel 1708, «per mancanza di pratica aveva scordato la sua lingua a tal punto che a stento riuscivamo a comprenderlo». Meno di vent’anni più tardi Peter di Hannover, un fanciullo selvaggio di circa quattordici anni, scoperto muto e ignudo in una foresta presso la cittadina tedesca di Hamelin, fu condotto alla corte d’Inghilterra sotto la speciale protezione di Giorgio I. Sia Swift sia Defoe ebbero la possibilità di avvicinarlo, e l’esperienza sfociò nell’opuscolo di Defoe Mere Nature Delineated (1726). Peter però non imparò mai a parlare, e alcuni mesi dopo fu mandato in campagna dove visse fino a settant’anni senza mostrare interesse né per il sesso, né per il denaro né per altri aspetti del mondo. Poi ci fu il caso di Victor, il fanciullo selvaggio di Aveyron scoperto nel 1800. Grazie alle cure pazienti e scrupolose del dr. Itard, Victor imparò alcuni rudimenti del linguaggio, ma mai oltre un livello infantile. Ancor più famoso di Victor fu Kaspar Hauser, che apparve a Norimberga un pomeriggio del 1828 con indosso un bizzarro costume, praticamente incapace di proferire alcun suono comprensibile. Sapeva scrivere il proprio nome, ma per il resto si comportava come un infante. Adottato dalla città e affidato alle cure di un insegnante locale, passava le giornate seduto sul pavimento a baloccarsi con i cavallini giocattolo, mangiando solo pane e acqua. Tuttavia Kaspar fece dei progressi. Diventò un ottimo cavallerizzo, diventò maniaco della pulizia, gli nacque una passione per i colori bianco e rosso, e a detta di tutti dimostrò una memoria eccezionale, specialmente per i nomi e per i volti. Tuttavia, preferiva rimanere in casa, fuggiva la luce troppo intensa e, come Peter di Hannover, non manifestò mai interesse per il sesso o per il denaro. A mano a mano che in lui riaffiorava il ricordo del passato, ricordò di avere trascorso molti anni sul pavimento di una stanza oscurata, nutrito da un uomo che non gli parlava mai né gli mostrava il volto. Non molto tempo dopo queste rivelazioni, Kaspar fu ucciso a coltellate da uno sconosciuto in un parco pubblico.”

(Paul Auster, Città di vetro)
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“Quand’ero piccolo, ma piccolo piccolo, diciamo in prima media, mia mamma m’aveva regalato di sua spontanea volontà un computer: era un Olivetti PC1, un 8086 senza disco fisso, con 512Kb di RAM, lo schermo monocromatico verde e due porte per i dischetti da tre pollici e mezzo. Ero il bambino più felice della Terra. Non che immaginassi che quel computer m’avrebbe poi condizionato la vita, le passioni, le scelte e, insomma, il futuro. Ma questa è un’altra storia. [...] con quel computer lì, con l’Olivetti PC1, ci facevo di tutto; e in particolare è sul quel computer lì che ho cominciato a scrivere. Mi ricordo che avevo un dischetto, con l’etichetta “RACCONTI”, in cui raccoglievo tutto quello che scrivevo nella mia stanzetta, davanti allo schermo monocromatico verde, dove avevo anche imparato a scrivere usando quasi tutte le dita e senza guardare la tastiera, che è una cosa che è come andare in bicicletta, poi uno non si dimentica più come si fa.
Chissà dov’è andato a finire, il dischetto “RACCONTI”, anche se, comunque, nel caso in cui saltasse fuori adesso, improvvisamente, non saprei davvero come fare a leggerlo. Però di due racconti che c’eran dentro mi ricordo qualcosa, non i titoli, ma mi ricordo che erano entrambi incompiuti.
In uno si parlava di un bambino che veniva strappato alla madre subito dopo il travaglio e veniva chiuso in una stanza buia da un gruppo di ricercatori; poi questi ricercatori l’hanno sfamato e lavato fino all’adolescenza, e tutte le volte che entravano nella stanza buia in cui l’avevano chiuso, gli parlavano a caso, con delle parole che non esistono, senza senso, le prime combinazioni di suoni che passavan per la testa, tipo “asdurubala scuri scalavateri” o “sberfi maraviona patori” o “pleburi tani tuttidrugini bibbi” e così via; e il bambino, arrivato a quindici o sedici anni, si era creato un linguaggio tutto suo, nella sua testa, ed era anche riuscito a scappare non ricordo come. Poi il racconto si interrompeva lì, immagino che fosse perché non sapevo come andare avanti.”

(Io, dalla prefazione a L’ennesimo libro della fantascienza)
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Ho cominciato a scrivere con l’Olivetti PC1 nel 1990, avevo undici anni.
Paul Auster ha pubblicato Città di vetro nel 1985, ho iniziato a leggerlo qualche giorno fa.

Voi, invece, avete poco più di una settimana, cioè fino alla data stellare -310071.2347792999 (le 23:59 del 5 settembre 2013), per mandarci un racconto, un saggio, un ragionamento, una foto, una poesia, un disegno o quello che vi pare sul tema della fantascienza all'indirizzo marcomncrd [chiocciola] gmail [punto] com.
Le cose che ci manderete, le pubblicheremo il 19 settembre 2013 in un libro elettrico e gratuito dal titolo L'(n+1)esimo libro della fantascienza.

Dovete rispettare una sola regola: NO FANTASY.
Dài. Ripensate al futuro.

lunedì 26 agosto 2013

La gente si dividono in due (4)

Quelli che al cinema comprano il popcorn per mangiarlo e quelli che lo spargono ben benino davanti al sedile così ci fanno la pedicure.

venerdì 23 agosto 2013

Miglior sito letterario?

Incomprensibilmente, visto il calo di almeno due terzi nella quantità e forse anche nella qualità dei post su Barabba, anche quest'anno, e per il terzo anno di fila, siete diventati matti e avete candidato questo bizzarro blogghetto ai Macchianera Italia Awards 2013, nella categoria Miglior sito letterario (insieme a gente del calibro di Paolo Nori, minima et moralia e al nostro amico Stefano Amato de L'Apprendista libraio al quale auguriamo tutto il bene del mondo).



Potete esprimere il vostro voto per Barabba a questo indirizzo fino al 19 settembre. Nel rendere grazie a tutti quelli che hanno candidato il blog, vi chiediamo di nuovo un piccolo sforzo: o popolo, fai come un paio di migliaia d'anni fa, VOTA BARABBA.

venerdì 2 agosto 2013

L'(n+1)esimo libro della fantascienza: «Porta le chiappe su Marte!»

Vi piacerebbe sciare nell'Antartico ma siete sepolti sotto una valanga di lavoro? Sognate una vacanza sul fondo del mare ma il prezzo vi manderebbe a fondo? Avete sempre desiderato scalare le montagne di Marte ma al momento vi trovate in una valle di lacrime? Allora venite alla Rekall Incorporate, dove potrete acquistare le memorie della vostra vacanza ideale meno cara, più sicura e migliore di una vacanza normale! Non lasciate che la vita vi lasci indietro, chiamate la Rekall, per le memorie di tutta una vita!
Mentre noi partiamo per le ferie, voi avete tempo fino alla data stellare -310071.2347792999 (cioè le 23:59 del 5 settembre 2013) per mandarci un racconto, un saggio, un ragionamento, una foto, una poesia, un disegno o quello che vi pare sul tema della fantascienza all'indirizzo marcomncrd [chiocciola] gmail [punto] com.

Le cose che ci manderete, se siete di quelli che ancora non lo sanno, le mettiamo il 19 settembre 2013 dentro a un libro elettrico e gratuito dal titolo L'(n+1)esimo libro della fantascienza, che è il seguito de L'ennesimo libro della fantascienza che abbiamo pubblicato il 19 settembre dell'anno scorso.

Ci teniamo MOLTO a sottolineare l'unica regola che dovete rispettare: NO FANTASY.
Ovunque voi siate, ripensate al futuro.