sabato 31 luglio 2010

L’avrete visto. Il video delle simpatiche bagnanti di Ostia, tra i più cliccati in rete queste settimane, è, in apparenza, un classico esempio di ironia involontaria scaturita dal cortocircuito fra il contesto della comunicazione, ‘formale’ e ‘alto’, l’intervista televisiva su una rete nazionale, e il registro linguistico, ‘basso’, adottato dai parlanti, qui una colorita varietà dialettale.

Per un istante ci sembra di essere ripiombati negli anni del dopoguerra in cui scrittori e giornalisti come Soldati (Chi legge?), armati di telecamere, affidavano ai teleschermi i loro bollettini sullo stato dell’alfabetizzazione nel paese. C’è persino il calippo, gelato d’altri tempi, a confonderci le idee.

Poi ci pensiamo su. Duemilaerotti. In pieno luglio, un giornalista di sky approda sul lido di Ostia per porre la seguente domanda: fa caldo? La vera molla dello sghignazzo, allora, non è più la pittoresca parlata delle bagnanti, ma il rovesciamento, questo sì geniale, del paradigma socio-linguistico analizzato in partenza.

Se l’intervista è più coatta delle coatte intervistate dove collocare le categorie dell’alto e del basso, del colloquiale e del formale? Se ai tempi di Soldati la tivvù ha contribuito ad affermare l’italiano ‘standard’ sui dialetti regionali, il trash del terzo millennio è pronto ad affermarsi come registro ‘standard’ di qualsiasi comunicazione.

Dunque, cari barabbisti, tenete pronto il vostro repertorio da spiaggia.

lunedì 26 luglio 2010

Biografie essenziali (74)

Joseph Conrad era polacco e scriveva in inglese.
Ma nessuno diceva che gli rubava il lavoro.

Biografie essenziali (73)

Pier Paolo Pasolini l'hanno preso, menato, rotto le ossa e ci son passati sopra con la macchina in uno. Dicesi sineddoche.

domenica 25 luglio 2010

Notizia da terza pagina. Amazon comunica che per la prima volta le vendite degli e-book hanno superato quelle dei libri cartacei. Nel frattempo negli Stati Uniti sono stati venduti più di tre milioni di i-pad, mentre nelle nostre scuole spuntano le prime LIM, Lavagne Interattive Multimediali.
Per prepararvi all’evoluscion, cari barabbisti, Cosimo vi dedica una riscrittura dal capitolo diciassettesimo del Philobiblon di Richard de Bury. Eccovi dunque il Philotechnon. Il vecchio maestro si lamenta di come gli studenti usano i loro i-pad:

Non solum Deo prestamus obsequium novorum e-librorum exponendo volumina, sed sacrate pietatis exercemus officium, si i-padios nostros nunc illese tractemus, nunc locis idoneis redditos illibate custodie commendemus, ut gaudeant puritate. Videbis fortasse iuvenem cervicosum studio segniter residentem, et dum hiberno tempore hiems alget, nasus irriguus frigore comprimente distillat, nec prius se dignatur emunctorio tergere quam subiectam digitalem tabellam madefecerit turpi rori. Perturbatione continua litterculas sociis mittere non desinit, et dum multitudinem rationum scribit a sensu physico vacuarum, cum i-padio suo in gremio imposito audit foedos m-p-tertios. Quid plura? Statim duplicatis cubitis reclinatur in i-padium et per breve studium soporem invitat prolixum. Iam poma et flores apparent in villa ficta. Tunc scholaris quem describimus obliviscerit officium suum et manibus aquosis et scatentibus sodore incipit fructus percipere digitales.

[Quando scarichiamo nuovi e-book, non solo onoriamo Dio, ma adempiamo al dovere della santa pietà. Così dobbiamo trattare con cura i nostri i-pad, bisogna riporli in luoghi adatti nelle apposite custodie, affinché si conservino puliti. Capita tuttavia di vedere un giovane, testone e svogliato, che, siccome è inverno e fa un gran freddo, ha il naso gelato che gocciola e lui non si degna di soffiarselo prima che la sua pioggia disgustosa non abbia inzuppato lo schermo che ha sotto gli occhi. Non smette mai, smanioso, di spedire messaggini ai suoi amici e, mentre scrive un sacco di cose prive di senso, ascolta orribili mp3 con il suo i-pad appoggiato in grembo. E che di più? D’improvviso incrocia le braccia sull’i-pad e lo studio, per quanto breve, lo induce a un lungo e profondo sonno. Ma già su Farmville spuntano i frutti e i fiori. Allora quello studente di cui parliamo dimentica i suoi compiti e con le mani umide e sudaticce comincia la sua raccolta digitale].

sabato 24 luglio 2010

Pensieri in apnea: Multiculturalismo

Ventiquattresima puntata
(Colonna sonora consigliata per la lettura)

C'è poco da fare. Se volete sapere che paese è oggi l'Italia e scoprire quanti immigrati vivono insieme a noi, basta fare un salto qui, nella piscina comunale di Carpi. Spaziosa, accessibile, economica, affollata, inevitabilmente popolare.
D'inverno, al coperto, è frequentata da pallidi habitué, bianchicci veterani, piccoli e grandi eroi alle prese con lunghe riabilitazioni, buffi amatori e barracuda umani. D'estate invece esplode il pellegrinaggio e intorno alle rigide corsie del nuoto libero tutto è un luccichio di epidermidi e voci dalle tonalità più differenti, dal rosso mogano al beige caramellato, dal bianco diafano e trasparente al marrone cioccolato fondente. E i nomi con cui si chiamano ridendo, come nell'antichità, sono incontrovertibili testimoni di questa novità: Selim, Hamed, Sofia, Iris, Zeder, Iqbal, Hafsa, Sinisa, Mandris, Kemal, Taro, Kurgut, Svetlana, Elif...ma qualche stupore è ancora inevitabile.
- Allora, quando pensi di uscire?!
- Non lo so mamma, adesso nuoto ancora per un po'...
- Hai sempre le idee chiare tu, eh?
Il giovane sbuffa, inforca gli occhialini, se li spiaccica ben bene e parte quasi pedalando, buttando su schizzi d'acqua alti un metro.
- Va bene, ti aspetto dallo sdraio, Gregorio!
Nonostante l'impeto, gli schiaffi e il rumore, deve averla sentita lo stesso...

lunedì 19 luglio 2010

Biografie essenziali (72)

Voglio una vita spericolata
Voglio una vita come quelle dei film
Voglio una vita esagerata
Voglio una vita come Lev Tolstoj
...

Biografie essenziali (71)

Gesualdo Bufalino, già vecchietto, è morto in un incidente stradale mentre andava a trovare la moglie. Amore e Morte oltre i 70.

domenica 18 luglio 2010

Apprendo dai giornali che al settantottenne Flavio Carboni, attualmente detenuto nel carcere di Regina Coeli, è stato impedito di tenere in cella i suoi dizionari di greco e di latino. ‘Come faccio a studiare i classici?’

Si consoli Carboni pensando che ad un altro perseguitato politico è andata peggio. Quel Dante Alighieri che, privato dei beni di famiglia e cacciato da Firenze, non ha mai avuto il privilegio di possedere una biblioteca tutta sua.

Dante si arrangiava un po’ come poteva, leggendo i libri altrui:

Ne' suoi studi fu assiduissimo, quanto è quel tempo che ad essi si disponea, intanto che niuna novità che s'udisse da quegli il poteva rimuovere. E, secondo che alcuni degni di fede raccontano di questo darsi tutto a cosa che gli piacesse, egli, essendo una volta tra l'altre in Siena, e avvenutosi per accidente alla stazzone d'uno speziale, e quivi statogli recato uno libretto davanti promessogli, e tra' valenti uomini molto famoso, né da lui stato giammai veduto, non avendo per avventura spazio di portarlo in altra parte, sopra la panca che davanti allo speziale era, si pose col petto, e, messosi il libretto davanti, quello cupidissimamente cominciò a vedere. E come che poco appresso in quella contrada stessa, e dinanzi da lui, per alcuna general festa de' Sanesi, s' incominciasse da gentili giovani e facesse una grande armeggiata, e con quella grandissimi romori da' circustanti (sì come in cotali casi con istrumenti varii e con voci applaudenti suol farsi), e altre cose assai v'avvenissero da dover tirare altrui a vedersi, sì come balli di vaghe donne e giuochi molti di giovani; mai non fu alcuno che muovere quindi il vedesse, né alcuna volta levare gli occhi dal libro: anzi, postovisi quasi ad ora di nona, prima fu passato vespro, e tutto l'ebbe veduto e quasi sommariamente compreso, che egli da ciò si levasse; affermando poi ad alcuni, che il domandavano come s'era potuto tenere di riguardare a così bella festa come davanti a lui s'era fatta, sé niente averne sentito: per che alla prima maraviglia non indebitamente la seconda s'aggiunse a' dimandanti.
[da: Boccaccio, Trattatello in laude di Dante]

Non demorda Carboni e continui a studiare i classici.

Lo immagino seduto su una povera branda, come Dante sedeva sulla panca dello speziale. Nelle mani un bisunto Castiglione-Mariotti preso in prestito dalla Biblioteca di Regina Coeli. Dalla finestra arriva un alto vociare indistinto:

quella lontana festa senese?

La partitella di calcio nell’ora d’aria.

sabato 17 luglio 2010

Pensieri in apnea: Abisso

Ventitreesima puntata

Ormai è passato quasi un mese e posso ricordarlo meglio, senza lasciarmi prendere troppo dall'emozione.
Ero uscito da poco dalla piscina e mentre tornavo a casa stavo ascoltando "Ad Alta Voce" su Radio3, trentesima ed ultima puntata del Martin Eden di Jack London.
Nel furore delle lamiere roventi, del traffico irruente e dell'asfalto fumante ascoltavo, cupo e rapito:
Il Mariposa [nave su cui è salito il protagonista Martin Eden] aveva un grosso carico e, se si fosse appeso per le mani, avrebbe potuto toccare l'acqua con i piedi. Così avrebbe potuto buttarsi in mare senza fare rumore. Nessuno avrebbe udito nulla. Uno spruzzo d'acqua salata improvvisamente lo colpì sul viso. Sentì il gusto di salso sulle labbra, e il gusto era buono. Si chiese se avrebbe dovuto scrivere il suo canto del cigno, ma subito rise a quel pensiero.
La tangenziale ed i semafori che la punteggiano cominciarono a perdere senso. Il calore e il fastidio ottundevano il pensiero, mi rendevano feroce e attento, un animale in agguato, pessimo. l'infelicità narrata placidamente iniziava a combaciare con la mia.
Si era tanto impegnato per uscire dalla nave che s'era quasi dimenticato dello scopo delle sue azioni. Le luci del Mariposa si attenuavano nella distanza, ed egli nuotava tranquillo, come se avesse l'intenzione di raggiungere la terra più vicina, che distava almeno mille miglia. [...] Con una rapida e vigorosa propulsione delle mani e dei piedi riuscì a emergere con le spalle e metà del petto fuori dell'acqua, e ciò per acquistare impeto nella discesa. Poi si lasciò andare e affondo senza più un movimento, statua bianca negli abissi marini. Respirò nell'acqua profondamente, deliberatamente, come farebbe un uomo che respiri un anestetico.
Allo stesso modo la rabbia e il nervoso scemavano, s'inabissavano, e cedevano il posto al disgusto e al disprezzo di me, sensazioni mollicce e soffocanti, glauche e pallide. Immobile al semaforo la vita estiva di un paesucolo come il mio mi pareva completamente inerte e inutile. L'indifferenza e la tristezza si preparavano ad entrare in scena, chiamati con il rimbombo dell'annunciatore.
La volontà di vivere, pensò con sdegno, cercando inutilmente di non immmetere aria nei suoi polmoni che stavano per scoppiare. Bene, avrebbe dovuto trovare un altro metodo. Questa volta riempì i polmoni di aria, li riempì alla capacità massima. Quella riserva l'avrebbe portato molto in giù. [...] In giù, sempre più in giù, finché le braccia e le gambe cominciarono a stancarsi, e non riuscivano quasi più a muoversi. sapeva di essere sceso assai in basso. La pressione sui timpani gli faceva molto male; nella testa avvertiva una specie di ronzio. La sua resistenza stava per abbandonarlo, ma egli forzò gambe e braccia a trasportarlo sempre più in giù, finché la sua volontà non si spezzò e l'aria gli sfuggì dai polmoni, in un gran getto esplosivo. allora avvertì lo strazio dell'asfissia.
Bloccato, incollato allo schienale della macchina davanti casa, fermo in una surreale calma, senza respirare e senza muovermi attendevo la condanna, la dissoluzione del mondo, la fine della (mia/sua) morte nel buio dell'oceano.
Gli pareva di fluttuare languidamente in un mare di vaghe visioni. Colori e raggi luminosi lo circondavano, lo penetravano, lo pervadevano. Cosa era mai? Sembrava un faro, ma un faro nell'interno del suo cervello, un'improvvisa e violenta luce bianca. Cominciò a lampeggiare sempre più rapidamente. Poi udì un lungo rombo, e gli parve di cadere per una vasta scala interminabile. E al fondo di quella precipitò nella tenebra. [...]
Non so come ma, poco dopo, piccolo e gentile premio della catarsi, è nato un desiderio fortissimo, esaudito all'istante: avere un frisbee. Che potrà sembrare stupido, ma è giallo, vola lontano e mi aiuta a sentirmi meglio.

(J. London, Martin Eden, Torino, Einaudi, 2009, pp. 392-394 - Per non scontentare chi lo vuole leggere le ultime frasi non le ho messe...)

venerdì 16 luglio 2010

Commemorazione

Ricordo che ieri quindici luglio moriva a Lille il filologo Ernest Langlois. L'anno era il millenovecentoventiquattro. Per Wikipedia Langlois è morto nel millenovecentotrentadue. Per qualcuno è vivo e vegeto e abita su un'isola tropicale con Elvis e Hendrix.

Della serie elogi funebri sciagurati. Il capolavoro di Langlois, scrive il conte François Delaborde, è l'edizione di 'una delle opere meno seducenti di tutto il medioevo'. Noblesse oblige.

Povero bibliotecario di turno. Un giorno imprecisato del millenovecentodieci il professor Langlois ottiene in prestito dalla Koninklijke Bibliotheek dell'Aja un prezioso manoscritto miniato del Roman de la Rose. L'Università di Lille lo restituirà solo nel millenovecentotrentadue.

Ergo. Per Wikipedia Langlois è morto di crepacuore dovendosi separare dal prezioso manoscritto dell'Aja.

giovedì 15 luglio 2010

Scene da un autotrasporto

Episodio 1 - L'italianità delle imprese

Mi piace parlare francese. Lo parlo bene. Una delle cose che mi piace del mio lavoro è parlare con gli autisti nella loro lingua.
Un francese che carica per la Valle d'Aosta mi chiede se la merce sia da preparare. Gli rispondo che, sì, è da preparare, ma non ci vuole molto. Una mezz'ora al massimo. "Mezz'ora francese o mezz'ora italiana?" è una domanda classica, ho imparato a ridere di questo sciovinismo anche perché a volte hanno ragione, e comunque la gente non si giudica per stereotipi, ma per quello che fa. Per quieto vivere è meglio tacere, su certe cose è meglio sorvolare e poi l'autista lo conosco ed è simpatico e tranquillo. Una risata in due e lo mando al camion. Sono le 9 esatte. Mi dice che se alle 9 e mezza non è fuori di qui gli devo offrire il caffè. Rido. Anche lui. Si comincia.
Arriva un autista di Napoli che carica spesso. Non diciamo nulla, mi fa solo vedere i buoni. Lo mando al camion. Carichiamo anche lui e il destino vuole che si ripresentino entrambi per i documenti nello stesso istante. Sono le 9:34 e il francese, ridendo, mi dice che sono in ritardo di 4 minuti. Allora gli lancio la chiave del caffè. Lui la prende al volo e poi mi dice che no, non è necessario, che scherzava, eccetera. Ribadisco che lui deve prendere il caffè e offro io. Mi chiede se son sicuro e gli rispondo di sì, che non c'è problema. Insomma, una chiacchierata tra signori. Lui prende il caffè e, mentre sto facendo i documenti, il napoletano dice al francese "Aspetta, aspetta". Con i miei soldi, senza avermi chiesto nulla, si prende una lattina di tè freddo. Poi, quando sto per fargli firmare i documenti, mi guarda e mi dice "IL TÈ È RIMASTO IN ITALIA" tutto contento, come se avesse fatto una buona azione.

mercoledì 14 luglio 2010

Campagna acquisti

È con piacere inesprimibile che diamo il benvenuto tra le fila dei barabbisti al dottor Cosimo Frittere, filologo romanzo e concittadino, ahilui, di Salvatore Bagni e Luciano Ligabue. Di seguito la sua biografia essenziale:

Cosimo Frittere è fondatore del movimento letterario noto come 'stoicismo filologico', che predica un approccio ai testi basato sull’απαθς λέγειν (lettura apatica) e sull’ακριτική κρίσις (critica acritica), è conosciuto soprattutto per la sua edizione genetica in otto volumi di 'El dinosaurio' di Augusto Monterroso.

Ora diciamo tutti insieme: "ciao Cosimo Frittere".

martedì 13 luglio 2010

Funhouse

Gli anni '80 erano una merda ma non sono mai del tutto passati. Anche quando passarono. Era il 1990, avevo 18 anni e Funhouse nelle orecchie in una cassetta CHIARA della sony da 74 minuti o 80. Registrato su entrambi i lati. Avevo una camicia di flanella nera, una maglietta della Stone Island fatta con della stoffa fallata comprata a poco e con la tagliaecuci di mia zia, quindi senza colletto e larghissima. Un basco fatto con gli avanzi di stoffa di altre maglie sempre da mia zia, due orecchini fatti con delle clip da tener fermo i fogli raggomitolate (5 per orecchio), i capelli lunghissimi, pesavo 103 Kg e fumavo un pacchetto di Marlboro rosse al giorno. Andavo in stazione delle corriere a Modena e tutti mi guardavano male. Ero davvero una merda. Sinceramente meraviglioso.

lunedì 12 luglio 2010

Biografie essenziali (70)

Elio Vittorini divideva il mondo in uomini e no.

Biografie essenziali (69)

Bohumil Hrabal voleva nutrire dei piccioni ma si è sporto troppo, dalla finestra al quinto piano, volontariamente.

Biografie essenziali (68)

Ricardo Eliecer Neftalí Reyes Basoalto nacque in Cile nel 1904. Morì sessantanove anni più tardi, in settembre, insieme al Cile.

Biografie essenziali (67)

Roald Engelbregt Gravning Amundsen è stato un grande esploratore norvegese. Morì per un gesto troppo Nobile.

(di chamberlain)

sabato 10 luglio 2010

Pensieri in apnea: Luoghi comuni

Ventiduesima puntata

Ieri avevo dormito poco, lo si vedeva dalle sbandate che prendevo a dorso, sempre a sbattere contro i galleggianti o a invadere la parte di corsia di quelli che passano in senso opposto, ma il sole era alto e forte, l'acqua sotto quasi fredda e la voglia di sorridere era nascosta da qualche parte, non so dove, ma c'era.

Uscito dalla vasca, salutato il paesaggio che ogni giorno mi accoglie per un po' di tempo, sono andato verso le docce coperte, che dagli uomini son di due tipi (ma penso che sia la stessa cosa anche per le donne): quelle a celletta, disposte su due file ai lati di uno stanzone rettangolare, con tanto di porta e fermo, che ti permettono un lavaggio placido, approfondito e privato, poi ci sono quelle appese lungo i tre lati di una stanza quadrata e regolare, intervallate l'una dall'altra da poco più di un metro. Ecco, io in queste, collettive e promiscue, non ci vado mai.

Ci andavo quando facevo i vari sport che mi è capitato di fare anni fa, ma lì c'era un motivo cameratesco, uno spontaneo stare insieme a sparar cazzate. Amici e conoscenti che anche sotto la doccia non la smettono di parlare di donne e motori, gioie e dolori, ma adesso...adesso non ne ho motivo e poi ho scoperto che ci sono dei giorni in cui, mentre nuoto, e nello specifico quasi sempre a rana, mi entrano in testa canzoni, tirate fuori chissà da dove e allora quando arrivo sotto la doccia, quella chiusa, tipo gabbiotto, mi viene da cantarla, la canzone, o almeno fischiettarla. Roba tipo Island In The Sun dei Weezer o You Can't Always Get What You Want dei Rolling Stones, oppure Hard To Hold On dei Butter08 e non è che mi viene spontaneo esibirmi in pubblico, davanti a emeriti e riservatissimi sconosciuti, quindi mi rintano in uno dei cubicoli e canticchio tra me e me mentre mi lavo con calma.

Ma ieri non c'era nessuno nella stanza quadrata e subito, per non diventare troppo abitudinario e schizzinoso, mi son detto: "Dai" e ho cominciato a spogliarmi, a insaponarmi e a fischiettare Alle Morane dei mitici Lomas e mentre sto lì a sciacquarmi e a ravanarmi (termine squisitamente tecnico che indica la pulizia decisa ma delicata di ciò che nell'uomo è situato sotto l'ombelico), l'ho intravista, in basso, quasi in angolo, vicino alle griglie di scolo, tra le mattonelle grigie, bianca, piccola, neutra e quasi finta: una saponetta! L'epicentro di milioni di barzellette, la scaturigine di miliardi di scherzi, la grande leggenda dell'erotismo gay!

Mi guardo intorno, penso a uno scherzo, una scenetta preparata, credo anche che in realtà sia tutto un'allucinazione causata dalla mia stanchezza e da un effetto ottico tra le sbarre delle griglie, i riflessi della luce e le piastrelle. Ma non resisto, preso dalla smania di San Tommaso, una mano dietro a coprire il presunto bersaglio, una davanti verso il miraggio, mi chino. È vera, bianca, morbida e profuma. È sapone di Marsiglia, ne ha tutta la consistenza farinosa. E intanto niente. Non è successo niente.

La saponetta l'ho rimessa dov'era come quelle reliquie di santi che sai che non faranno mai miracoli, con tenera disillusione e un po' di sarcasmo, come quando ti aspetti un brutto scherzo che non arriva e ti eri già preparato al ghigno e alla controffensiva. I miti quando s'infrangono sono liberatori, scaricano energie fino a prima compresse e portano un po' di buon umore, così durante il risciacquo m'è venuto da ridere. Ero un etero pacificato con i timori repressi e le favole dell'altra sponda e canticchiavo.

Enola Gay, you should have stayed at home yesterday...


giovedì 8 luglio 2010

Piccolo

«Ciao Marco, sei contento di fare il ciclista?»
«Sì.»
«Quanto tempo è che corri in bici?»
«Cinque anni.»
«Hai mai vinto delle gare?»
«No.»
«Ti sei mai piazzato?»
«No.»
«Come mai?»
«Perché sono piccolo.»
«Sei piccolo?»
«Oppure, insomma, gli altri son più grandi.»
«E come mai?»
«Non lo so. È la natura.»
«E non vorresti vincere?»
«Boh.»
«E non puoi impegnarti di più per vincere?»
«Ce la metto tutta, ma arrivo fin lì.»
«E come mai?»
«Sono piccolo.»

Il ciclismo te lo vendono come uno sport di squadra, come effettivamente è, dai sedici anni in su. Prima, fino ai quindici, è uno sport individuale, per la maggior parte. Vincono sempre quelli che fanno lo sviluppo prima degli altri, quelli che diventano grandi. E io ero piccolo.

L'ultima volta che sono stato alla radio avrò avuto dodici o tredici anni, era una radio indipendente nel reggiano, una radio locale che la sera faceva delle trasmissioni sul ciclismo e intervistava i giovani delle squadre della zona. Eravamo andati là molto contenti, con tutta la squadra e il direttore sportivo, che era mio padre, per giunta, e quando siamo usciti eran tutti contenti tranne me e l'intervistatore, diceva che con me avevamo fatto una brutta figura. Lui, l'intervistatore, un certo Morselli, mi fece quelle domande lì. Penso ancora, dopo tanti anni, che ci fosse una certa dignità nelle mie risposte. Anche se ero piccolo.

Stasera torno in radio, a Bologna, con Schegge di Liberazione. Sono cresciuto, nel frattempo.

mercoledì 7 luglio 2010

Le greciate: in prosa

L'altro giorno, mentre prenotavo il traghetto da Ancona a Igoumenitsa, pensa te che nome, mi è venuto in mente che alle elementari la maestra Mila, che era una di quelle maestre a cui rimani grato per tutta la vita per le cose che ti ha detto e i posti che ti ha fatto vedere e gli insegnamenti preziosi e l'umana umanità dei modi e tutto il resto, insomma, la maestra Mila ci aveva fatto leggere tutta l'Odissea di Odisseo, così si chiamava il protagonista, in prosa, ce la faceva sottolineare e ogni giorno, la sera, a casa, dovevamo illustrare il capitolo che avevamo letto in classe, a turno, ad alta voce, perché la maestra Mila era fatta così, ci coinvolgeva e ci sconvolgeva, come quando avevamo fatto la stessa cosa con Pinocchio; e l'Odissea di Odisseo, si chiamava così il protagonista, mi è rimasta dentro per tutta la vita, tanto che poi, da grande, quando me la son letta in versi, non ero mica tanto convinto che quella fosse la storia che avevo illustrato alle elementari, e mi è venuto in mente l'altro giorno, mentre prenotavo il traghetto da Ancona a Igoumenitsa, pensa te che nome, mi è venuto in mente che la storia era la stessa, c'erano le stesse cose, lo stesso viaggio, le stesse creature, le stesse ninfe, gli stessi Proci, lo stesso cane, lo stesso figlio, la stessa moglie, la stessa tela, lo stesso ciclope, la stessa nutrice, la stessa cicatrice, le stesse sirene, gli stessi maiali, insomma, lo stesso tutto, ma c'era questa cosa che non riuscivo proprio a capire, perché nell'Odissea di Odisseo, quella in prosa, quella della maestra Mila alle elementari, c'era Odisseo. E adesso chi cazzo era Ulisse?

martedì 6 luglio 2010

O me o te

Mio nonno, Corrado, quello che una volta ha sporcato la divisa del Balilla, poi ha disertato e si è nascosto in una concimaia, quando andavo o vado in manifestazione, da quelle della scuola contro la Jervolino a quelle della FIOM per il contratto, tutte le volte mi racconta le stesse due storie. Una è la storia delle fonderie e l’ho già raccontata, mesi fa, a suo tempo. L’altra è la storia della sbarra di ferro, e la racconto adesso. Mi è tornata in mente perché domani, cinquant’anni fa, a Reggio Emilia, morivano delle persone.

Mio nonno, Corrado, nel primo dopoguerra e poi negli anni ’50, non aveva più una gran voglia di fare il contadino. C’era l’Italia da ricostruire e da rimettere in piedi e lui, che era un gran lavoratore, prestava le braccia in giro, dove serviva, come per la bonifica del canale. Mi racconta che, mentre bonificavano, ogni tanto c'erano degli scioperi. E quando arrivavano i celerini, loro si mettevano con le pale e i forconi puntati in avanti. La prima fila in ginocchio, la seconda in piedi, le altre file dietro pronte a sostituire i caduti. Non gliel’aveva insegnato nessuno, a fare così, e, visto che erano in gran parte semianalfaberi, non lo sapevano mica che erano disposti come i macedoni di Alessandro Magno. Chissà, forse la tattica militare e la lotta ce le abbiamo tutti in un angolo del cervello, un angolo che pulsa e si risveglia nel caso del bisogno. Come usare la spada o qualsiasi altra cosa contundente per colpire. Lo sai fare, quando è ora, non te lo insegna nessuno.

E infatti, mio nonno, Corrado, dieci anni dopo, negli anni ’60, era già un operaio della cooperativa dei muratori che avevan fondato per rifare l’Italia. Adesso, che l’Italia era rifatta, c’era da modernizzarla. Loro, gli operai, pensa te che ingenuoni, l'Italia la volevano moderna ma senza compromessi etici. E allora scioperavano e scioperavano, continuamente, in tutta l’Italia e anche a Novi di Modena, alla cooperativa dei muratori di mio nonno. Scioperavano e scioperavano ancora, manifestavano, urlavano gli slogan, si tenevano a braccetto per proteggere i rappresentanti sindacali, nei cortei, lungo la piazza del paese, che adesso è un parcheggio, ma allora chissà quante lotte, quante urla, quante rivendicazioni.

Poi arrivava la celere, con le camionette, gli elmetti, le armature, i manganelli, le pistole e tutto il resto.

E via, di corsa, sparpagliati per il paese, una gran foga, un parapiglia, ognuno col suo celerino dietro al culo, il manganello e la pistola puntati alla schiena. Loro, i manifestanti, erano a mani vuote, perché ci credevano ancora che le cose le si potesse cambiare solo alzando la voce. E invece niente, te alzavi la voce e subito arrivava il celerino con l'elmetto, l'armatura, il manganello e la pistola, e tu via, di corsa. Sempre così.

Anche mio nonno, Corrado, correva anche lui. Anche lui col suo celerino dietro al culo.

Mi racconta che mentre correva come un matto per la paura ha visto il cortile di una ferramenta e ci si è infilato dentro, e il celerino dietro, ma un po’ distante dal culo, perché mio nonno correva veloce ed era il figlio di Archimede, l’uomo più forte del paese.

Poi è arrivato anche il celerino, lì, dentro il cortile della ferramenta. È entrato per il cancello e si è fermato di colpo, sudava. Davanti a lui c'era mio nonno, Corrado, che si era fermato con le gambe divaricate e ben piantate, e una sbarra di ferro in mano che sarà stata lunga un metro e mezzo, una di quelle sbarre di ferro piene, che fan male.

O me o te, ha detto mio nonno, Corrado, al celerino.
O me o te. Impugnava la sbarra di ferro come una mazza, come una spada.

Deve essersela vista brutta, il celerino. Tirare fuori la rivoltella e sparare non poteva, o meglio, non se la sentiva, da solo, sai te i casini, dopo. Aveva solo il manganello e l’elmetto e l’armatura. Mio nonno, Corrado, invece, aveva la camicia aperta, sudata, il torso nudo sotto, coi pettorali ereditati da suo padre che pulsavano, le gambe larghe e ben piantate e in mano la sbarra di ferro, come una mazza, come una spada, per far male. O me o te, diceva.

È scappato via, alla fine, il celerino. Mio nonno, Corrado, ha tirato fiato, come si dice, ha messo giù la sbarra di ferro e si è incamminato verso casa. Mentre camminava, con la testa bassa e il fiatone per la gran paura, pensava che non lo sapeva mica se avesse avuto il coraggio di spaccargliela, la testa, al celerino. Però, mi racconta oggi, gli era venuto automatico comportarsi così. Chissà, forse la tattica militare e la lotta ce le abbiamo tutti in un angolo del cervello, un angolo che pulsa e si risveglia nel caso del bisogno. Come usare una sbarra di ferro o qualsiasi altra cosa contundente per colpire. Lo sai fare, quando è ora, non te lo insegna nessuno.

lunedì 5 luglio 2010

Biografie essenziali (66)

Knut Hamsun ha sostenuto sia la Germania del Kaiser Guglielmo II che quella di Hitler. Finita la seconda guerra mondiale lo dichiararono matto mentre folle di concittadini bruciavano i suoi libri. Era meglio se tifava per la Germania di Klose e Schweinsteiger.

Biografie essenziali (65)

William Shakespeare durante gli "anni perduti" (1585-1592) gestiva in subappalto la tela di Penelope ma poi i Proci l'hanno sgamato.

Biografie essenziali (64)

Nazım Hikmet Ran amò l'amore. L'amò così tanto da scoppiargli il cuore.

sabato 3 luglio 2010

Le greciate: Primo primissimo

L'altro giorno, mentre prenotavo il traghetto da Ancona a Ηγουμενίτσα, pensa te che nome, mi è venuto in mente il primo primissimo libro della mia vita, primo nel senso del primissimo libro che mi son preso da solo, in biblioteca, a Novi di Modena, avrò avuto sette o otto anni, era estate e non sapevamo dove andare, io e mio nonno, con quel caldo afoso che scioglieva il gelato prima che la lingua potesse leccarlo, e lui, mio nonno, mi ha detto Andiamo in biblioteca, che c'è fresco, là, e c'è la Guidetta che fa la bibliotecaria, te la ricordi, la Guidetta?, era la tua maestra alla scuola materna, e io Sì, nonno, andiamo dalla Guidetta, al fresco; e siamo andati là, in biblioteca, tra i libri, mi son perso per gli scaffali, intanto che mio nonno parlava con la Guidetta, e giravo per le stanze fresche e a un certo punto l'ho trovato, o lui ha trovato me, e mi è venuto in mente l'altro giorno, mentre prenotavo il traghetto da Ancona a Ηγουμενίτσα, pensa te che nome, mi è venuto in mente che era il primo primissimo libro della mia vita, quello che mi son preso da solo, in biblioteca, a Novi di Modena, quel giorno là d'estate col nonno e la Guidetta al fresco, si chiamava “Dei e eroi dell'antica Grecia”. Era bellissimo.

venerdì 2 luglio 2010

Pensieri in apnea: Controllo del livello

Ventunesima puntata

Se appena ti stacchi dal bordo senti che nel darti la spinta la pelle sotto la pianta del piede, per una minuscola frazione di secondo, si muove tutta, va tutto bene.

E mentre sei sotto a mulinare solo con le gambe a due millimetri dalle piastrelle del fondale e dentro di te senti di avere tanta aria come un hangar per aeroplani, stiamo migliorando.

Quando dopo emergi e cominci a slungarti e a pigiare tutta quella massa d'acqua e ti accorgi che dalla foga ti si è arricciata la cuffia sopra l'orecchio, vuol dire che cominci a essere veloce.

Se poi tutte le bolle che butti fuori dal naso ti rimbombano in testa come i motori di un B-52 e mentre incroci casualmente, arto contro arto, il nuotatore dell'altra corsia, il suono è un "Ciach!" secco e duro, ti senti forte e sicuro.

E poi ti accorgi che, mentre giri la faccia per respirare, il tuo braccio, l'avambraccio e la superficie dell'acqua formano nel tuo occhio un triangolo immaginario che ti sembra la pinna metafisica di uno squalo, e ti monta dentro qualcosa.

Che poi se senti che dalla punta della tua testa, in un posto imprecisato, tra la fine della fronte e l'inizio della calotta cranica, come per una strana kundalini, ti nasce un'onda, la tua onda, che crei, fai salire, trascini e spingi via, allora ti senti davvero velocissimo.

E se alla fine, arrivato dall'altra parte, in attesa che le tartarughe davanti a te prendano un po' il largo per non doverle tallonare, di colpo e senza pensarci ti accartocci e fai una capriola all'indietro, allora stai veramente diventando supersonico... oppure sei solo incazzato nero.

giovedì 1 luglio 2010

Cronache di una sorte annunciata: Per esempio

Per esempio

Quando in autostrada teli perché hai fretta. E a un certo punto sei in riserva e ti fermi al distributore. E c'è fila e per guadagnare tempo ti lavi i vetri da sola. E arriva il benzinaio e dice Quanta? E dici 40 euro per favore. E continui a pulire e poi vai a pagare. E a quel punto il benzinaio chiude il serbatoio e dice Ma questa è Diesel! E dici Sì, è Diesel, perché? E il benzinaio si mette le mani sulla testa e dice È una vita che non mi capitava, ti ho messo 40 euro di benzina.

Oppure

Quando dici Oh, oggi faccio una bella lavatrice di bianchi và, e metti in lavatrice tutti i bianchi ma ti sei dimenticata che la sera prima avevi pensato Oh, domani faccio una bella lavatrice di colorati và, e per cominciare avevi messo in lavatrice una maglietta rossa e alla fine esce fuori che Oh, oggi hai fatto una bella lavatrice di arancioni và.

Ricordati

Che ogni sfiga è buona per Cronache di una sorte annunciata, il prossimo ebook di Barabba sul tema della sfortuna. Entro il 9 settembre 2010 mandateci foto, disegni, racconti, poesie, fumetti e chissà che altro a marcomncrd chiocciola gmail punto com. Su su, accettate la sfiga.

Biografie essenziali (63)

John Wayne, una volta, era il suo compleanno, degli amici volevano fargli un regalo, ma non sapevano cosa. Allora han chiesto a John Ford se secondo lui potevano regalargli un libro. No, meglio di no, ha risposto John Ford, ne ha già uno.