Sempre difficile scrivere di qualcuno che se n'è andato. Sopratutto se t'ha segnato nel profondo senza averti mai conosciuto. Anche se ero già informato delle difficili condizioni di salute, immaginavo che "il Mario" avrebbe superato persino questa quota e che sarei potuto finalmente andare a trovarlo e ricambiare con poca cosa i grandi doni ricevuti. Per scrivere qualcosa di appena decente dovrò strapparmi dall'asfittica piana in cui mi trovo e proiettarmi su una delle tre cime di Lavaredo, prima dell'alba, quando solo la natura parla. Diversi sono stati i motivi per cui ho scelto d'incentrare la mia tesi sulla sua opera, i più forti e numerosi sono personali. "Il Sergente nella neve" è stato il primo libro regalatomi dal nonno paterno, nato anche lui nel 1921, soldato e partigiano dopo l'8 settembre del '43. In scala lillipuziana rispetto all'immensa ritirata del Sergente dal fronte russo, nell'estate del 1997 insieme ad amici mi son ritrovato, per dieci ore soltanto, ad agognare una baita sull'Adamello. Il mattino successivo la natura e la vita che si esalta in essa non mi sono mai sembrate così eccezionali e stupende nella loro danza eterna. Probabilmente non sono in grado di dare una giusta commemorazione al vécio, posso solo consigliarvi di leggere qualunque cosa sia uscita dalla sua penna e chiedervi di non ridurlo ad un eccezionale testimone bellico, ad un nitido ed elegante narratore di folklore montanaro, ad un appassionato e colto amante e difensore degli animali, delle piante e della montagna. Mario Rigoni Stern, attraverso la sua vita e la sua scrittura, ci porterà continuamente di fronte all'enigma di cos'è l'essere umano e come può vivere nel mondo.