Mia bisnonna si chiamava Galavotti Angiolina, prima il cognome e poi il nome, come d’uso tra la gente nata povera e mezzadra, specie nel 1905, anno di nascita, appunto, di Galavotti Angiolina detta Bionda. Bionda forse per il colore dei capelli, non so, io li ho sempre visti in bianco e nero, quei capelli, sulle foto e sulla sua testa. Per me e per la mia famiglia rimane ancora un mistero.
Ci ricordiamo, invece, dell’altro soprannome: Scelba. E la Bionda, Scelba, non era, come avrete capito, una personcina alla mano. Era spietata, una matriarca, una matrona, una severa padrona di casa come in un romanzo ottocentesco; ma a me mi amava talmente tanto che penso di essere la persona che da lei, in vita sua, ha ricevuto più sorrisi di tutti. Con mia sorella non era così. Con lei mai un sorriso, solo convenzioni e convenevoli, magari soldi, ma mai sorrisi. Per me, il maschio primogenito, sorrisi e buffetti. Sorrisi, buffetti e minestrone: lei faceva sempre il minestrone.
Con la Bionda ci passavo le giornate, perché i miei genitori lavoravano in fabbrica ed erano talmente giovani che lavoravano in fabbrica anche i miei nonni, non erano ancora in pensione. In casa con lei, la Bionda, Scelba, guardavo i cartoni animati mentre lei mescolava il minestrone e ogni tanto, sempre senza smettere di mescolare, la Bionda si girava di scatto e mi sorrideva. Una cosa che mi viene il magone solo a ripensarci. Una cosa che quando lo raccontavo a mia mamma, la sera, quando tornavo a casa, quando le raccontavo che la Bionda mi sorrideva, mia mamma diceva mavalà.
Quando non c’erano i cartoni ogni tanto leggevo, perché mi piaceva leggere, e a lei piaceva farmi leggere e sorrideva mentre mescolava il minestrone. Leggevo per modo di dire, ma leggevo. Leggevo Topolino, leggevo l’Unità, che in casa della Bionda, di Scelba, non mancava mai, leggevo la Gazzetta di Modena e TV Sorrisi&Canzoni. Lì, un giorno, su TV Sorrisi&Canzoni, mentre la Bionda era sempre a mescolare il minestrone, mi soffermo sulla foto di un manifesto elettorale, che per me era una foto bellissima, e manifesto elettorale, a quell’età lì, non sapevo nemmeno cosa fosse. La foto era bianca, a tutta pagina, con un garofano rosso che faceva da pavimento a un signore pelato con gli occhiali, distinto ma un po’ buffo, che ci camminava sopra. Allora avrò fatto un risolino, così tra me e me, e la Bionda si è girata per guardarmi, mescolando il minestrone, col suo solito sorriso a ricambiare il mio.
Nonna, chi è questo qui con gli occhiali? le ho chiesto, sempre col risolino, tirando su la pagina per fargliela vedere. La Bionda, Scelba, ha allungato il collo e subito è diventata seria. Ma seria tipo serissima, una faccia che non avevo mai visto, peggio di quella della mamma quando si arrabbiava, peggio, molto peggio, seria serissima come le zie cattive dei cartoni per ragazze. Smette di mescolare e si siede di fianco a me, seria serissima, io con l’ansia e quasi il fiatone, lei seria serissima. Marco, mi dice… Marco, guardalo bene, guardalo bene perché lui, questo qui, lui è il nemico. E io lo guardavo bene, il nemico. Lo guardavo bene sperando che la Bionda, Scelba, smettesse di guardare me seria serissima.
Oggi, che la Bionda non c’è più, tutte le volte che vedo quella faccia buffa e con gli occhiali in televisione o sento quel nome, buffo anche lui, perché vogliono metterlo su qualche strada, su una targa, o ribadire chi era e chi non era, insomma io vedo mia bisnonna, la Bionda, Scelba, Galavotti Angiolina, cognome e nome, che molla il minestrone e diventa seria serissima come le zie cattive dei cartoni per ragazze. Poi comincia l’ansia. E il fiatone. E se sto facendo un risolino, ecco, non sorrido più.
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