Era un uomo di circa trent'anni, di corporatura robusta, ma dal colorito terreo; aveva la barba rossiccia e i capelli neri. Le sopracciglia erano anche esse nere, e gli occhi molto infossati, come se lo sguardo avesse quasi voluto celarsi. Sotto un occhio aveva una cicatrice profonda che scompariva tra la barba. Ma l'aspetto esteriore di un uomo non significa molto.
Aveva seguito la turba attraverso le strade, fin dal Pretorio; ma a distanza, un po' dietro gli altri, e quando il Rabbi, stremato, era stramazzato sotto la sua croce, si era fermato un momento; era rimasto là per non giungere dove stava, a terra, la croce; così quelli avevano preso quel Simone in vece sua, e lo avevano costretto a portarla. Gli uomini non erano molti, nel gruppo, oltre i soldati romani, s'intende; erano in gran parte donne quelle che accompagnavano il condannato a morte e c'era, con esse, una brigata di ragazzi che non mancavano mai quando qualcuno veniva condotto alla crocifissione attraverso le loro strade, e consideravano questo come un passatempo. Ma ben presto si erano stancati e avevano fatto ritorno ai loro giuochi, dopo avere gettato uno sguardo all'uomo che camminava dietro gli altri e aveva una lunga cicatrice attraverso una guancia.
Adesso egli era là, sul colle del supplizio e guardava colui che era appeso alla croce di mezzo, e non riusciva a staccare gli occhi da lui. Per la verità, egli non aveva affatto avuto l'intenzione di salire con gli altri fin lì, perché qui era tutto immondo, pieno di contagio, e quando si giungeva in quel luogo funesto e solenne, certo qualche cosa di noi rimaneva lassù, e si poteva essere costretti a farvi ritorno, per non uscirne, allora, mai più. Teschi e ossame giacevano sparpagliati dappertutto, e croci cadute e a metà marcite che non potevano più essere adoperate, ma che tuttavia non erano state rimosse, perché nessuno voleva toccare alcunché di questo luogo.
Perché si trovava là? Lui non conosceva quell'uomo, non aveva nulla da spartire con quell'uomo. Che cosa aveva da fare sul Golgota, lui che era stato assolto?
La testa di quel crocifisso si era reclinata in basso, ed egli respirava pesantemente; non poteva averne ancora per molto. Non era un individuo robusto. Il suo corpo era magro e gracile, le braccia sottili come se mai fossero state adoperate per fare qualche cosa. Un uomo strano, era. La sua barba era rada e il petto affatto privo di peli, come quello di un adolescente. Non gli sembrava un gran che.
[...] Quelli che stavano lassù, radunati intorno alla croce, forse che avevano bisogno di restarvi? A meno che essi stessi lo avessero voluto. Nessuno certo li obbligava ad andare anch'essi lassù a contagiarsi con l'impurità. Ma, senza dubbio, erano dei parenti o degli intimi amici di quello. Strano che non sembrassero avere affatto timore di contaminarsi! Quella donna era, certo, sua madre. Sebbene non gli rassomigliasse. Ma chi poteva rassomigliargli? Lei sembrava una contadina, arcigna e rozza, e ogni tanto si passava il dorso della mano sulla bocca e sul naso che colava, perché lei era sul punto di piangere. Ma non piangeva. Non era addolorata alla stessa maniera degli altri, e non guardava lui nello stesso modo degli altri. Certo era sua madre. Probabilmente sentiva una immensa pietà di lui; ma sembrava anche che lo rimproverasse di essere appeso lassù, come se lui avesse fatto di tutto per essere crocifisso.
[...] Per parte sua, Barabba, non aveva madre, né padre del resto; non aveva mai sentito parlare di loro. E neppure parenti, almeno che lui sapesse. Così se fosse stato lui ad essere crocifisso non ci sarebbero stati tanti lamenti. Non come intorno a quell'altro.
(Pär Lagerkvist, Barabba, Gherardo Casini Editore, 1951, cap. I)
Che belle e desuete letture che fai.
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