"Hai una scrittura paratattica - annotava Imbeni, alludendo alla tecnica letteraria che consiste nell'accostare le frasi senza una gerarchia -, effetto della tua totale sottovalutazione della consecutio temporum". E Cornia, effettuata fra i presenti una rapida indagine sulla conoscenza del termine "paratattico", non poteva che riconoscere quella che in fondo è una peculiarità, assolutamente non casuale, della propria scrittura erratica. Così come non poteva che assecondare un'altra osservazione di Imbeni: "Mi sembra - gli rinfacciava l'improvvisato conduttore - che la tua costante siano le digressioni. Un po' come in Gogol, solo che Gogol alla fine tornava a poma, mentre tu ti ci perdi". Il resto è stato lettura di pagine del romanzo, alla quale Imbeni spingeva Cornia, "per via - diceva - di quel suo curioso modo di leggere che fa sembrare che lui sia il primo a meravigliarsi delle cose che ha scritto". (*)
Quella sera, era il 2007, Ugo Cornia presentava Le pratiche del disgusto e tra il pubblico c'era quasi tutto il direttivo di Barabba, senza contare il vecchio malvissuto in qualità d'intervistatore a tener banco insieme allo scrittore. All'epoca volevamo fare una rivista, volevamo chiamarla, pensa te, Barabba. Dopo la presentazione, seduti a un tavolo in un baretto rumoroso della città, Ugo ci disse: Dai, stiam facendo una cosa che si chiama Accalappiacani, venite anche voi. Noi rifiutammo gentilmente dicendo che volevamo farcela da soli. Furbi.
vuoi mettere la soddisfazione di farcela da soli...(in realtà temevamo - e forse ancora adesso - di non esserne degni, diciamola tutta)
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