sabato 5 maggio 2012

Pensieri in Apnea: Bonus Track

In questi minuti una piccola ma nutrita falange barabbista è davanti a classi di quarta e quinta superiore del Liceo G. Pico di Mirandola (MO) a parlare di blog, editoria digitale, ebook, scrittura e altre cose. Siamo qui, back to school e fa certamente impressione per noi baldi trentenni (almeno) considerare le nuove facce e cercare di ricordarci com'eravamo alla loro età, più di 10 anni fa. Qui c'è gente che è stata obbligata, spero non troppo seriamente, a leggersi Pensieri in Apnea quando non faceva educazione fisica. Non so cosa leggiamo, che linea seguiamo, non so cosa leggo da Pensieri in Apnea.
Ma mentre le nostre voci e le nostre presenze sono lì insieme ai ragazzi e agli insegnanti e a tutti gli altri, mi piace l'idea che qualcuno legga queste righe, che forse sono le ultime di quel che ho ancora da dire su Pensieri in Apnea e vorrei farlo seguendo questo video che va. Da ora. (Fate partire il video e togliete pure l'audio.)



La storia non so se la sapete. L'atleta è un ragazzo della Guinea equatoriale. Nuota per qualificarsi al passaggio successivo alle olimpiadi di Sidney 2000 e nuota da solo perché gli altri due avversari hanno bruciato la partenza prima dello start, quindi sono stati automaticamente squalificati. Ora, la situazione ha del surreale e del comico, ma lo sport ha le sue regole come ogni gioco serio e non ammette errori. Così un intero palazzetto, migliaia di occhi là sotto e milioni a casa nelle case o nei bar sono tutti su di lui. E con gli occhi anche le bocche, i nasi, i muscoli facciali, tutti interi e uniti, quelli del collo, del deltoide, le braccia, i piedi, le gambe, i lombi, gli addominali e le dita. Cosa volete, quando si guarda uno sport, anche il più stupido, secondo me, anche se dominiamo molto bene l'istinto, tutto quel che siamo, i nostri corpi in apparente stato di passività tendono a mimare quel che vediamo, almeno a livello inconscio. Ma forse per il curling potremmo fare una eccezione. No, neanche lì si riesce a stare fermi, a ben pensarci. (Andate a vedere su il video se ci siamo.)

Guardate un po' il suo inizio, il tuffo in acqua, che è quasi una spanciata, e il suo approccio all'acqua: un attacco, sì questo è un puro attacco all'acqua. I piedi restano rigidi, come se si spingesse avanti coi talloni e non con il collo del piede e la gamba. Cosce e gambe restano separate fin dalla spinta e cercano come una scalata immaginaria, fatta a balzi, a saltelli di tre in tre; praticamente una danza tirolese. Le braccia invece, come un boxer alle prime armi, sono un mulinello che tira pacche all'acqua senza il minimo ritegno. Dall'asimmetria si capisce anche che è destro. Gambe e braccia in assoluto fuori sincrono. Tutta la testa e le spalle fuoriescono dalla superficie e non ci tornano salvo che in pochissimi momenti. La respirazione è sempre dallo stesso lato, sempre il destro. Lo slancio però non dura. (Tornate su a verificare.)

Già arrivato verso la fine della prima vasca il nostro eroe comincia ad annaspare per l'infinita sequenza di jab e diretti dati a un avversario che poco o niente spazio ti lascia. E poi la capriola, che io gliela invidio pure questa cosa, la capriola. Io ancora non la riesco a fare. C'è qualcosa nella torsione, nel ripiegarsi e ruotare al contempo, che io non so proprio rifare. Ci provo e finisco per ruotare su me stesso e battere sulla sponda ma a piedi piatti, parallelo all'acqua e non perpendicolare come fanno loro. Mi sembra un movimento facile, lo vedo in sequenza ed è tutto lineare ma mi accorgo che dentro di me c'è una lacuna, un vuoto, un deficit. Forse come gli attori mi manca una motivazione o una metafora per arrivarci. Sono sicuro che se qualcuno mi desse una metafora per spiegarmi come fare quella metafora, riuscirei. Lui invece caprioleggia e va, riparte e per un minuscolo istante, grazie alle riprese sott'acqua, ci offre una cosa che mai ci saremmo aspettati di vedere alle olimpiadi: mezzo secondo di stile a quattro zampe. Succede. Riguardate bene.

Un errore. Uno dei tanti. E come nella vita, come facciamo tutti noi, nel novanta per cento dei casi, forse anche novantacinque, non puoi tornare indietro, cancellare o rimettere a posto, puoi solo andare avanti e riprometterti che non lo farai più. Che migliorerai. Che presterai più attenzione. Che imparerai dai tuoi errori. Che non baderai ai dolori e al respiro corto. Che andrai avanti, sempre. Con la speranza di poter sempre rispondere a questa promessa che stai facendo a te stesso. Anche se fuori da quella vasca, lo senti attraverso tutta quell'acqua, c'è il mondo intero, il mondo intero che fa rumore, che gorgoglia e applaude, ride e urla, il mondo che ti guarda, che ti osserva, ti sminuzza e trita per poterti alla fine ingoiare meglio. E allora il rumore di fuori comincia ad infiltrarsi nelle bracciate che sempre più lentamente colpiscono il pelo dell'acqua. Il gesto delle braccia diventa più elastico, più allungato ma si riduce in frequenza e potenza. Le gambe ormai sembrano quelle trottole ormai definitivamente inclinate che fanno gli ultimi giri giusto per inerzia. Prendi respiro ad ogni bracciata, confondendo a volte quando aprire o chiudere la bocca. Il mondo ti assale, la pressione sale e pulsa nelle tempie, non è il sangue dello sforzo, è tutto il mondo che sta cominciando a schiacciarti, a premere, mentre cerca delle fessure in cui tuffarsi e insediarsi, come olio che non si mescola all'acqua e che comincia a riempirti per l'imbalsamazione. (Siamo agli sgoccioli.)

Sei stato nominato cartina di tornasole, fulcro e Aleph del mondo fintanto che non esci da quella vasca e te ne sei accorto solo ora, a metà della vasca finale. Forse stai per soccombere, forse potresti finire qui, sepolto sotto il peso specifico di milioni di attenzioni, ma il numero e il senso di altro e di tutto è talmente alto in te da diventare incalcolabile, inconcepibile, talmente alto da essere qualsiasi numero pari a zero, allo zero che sei tu ora, in questo momento che sei Aleph. E allora inverti i fattori, e qui chissà come i risultati cambiano, e ora sei tu il mondo. Il mondo che avanza, prosegue sprona e gioisce mentre le braccia in scalata si avvicinano al fondo, alla fine della tua sfida, dove le tue mani si aggrapperanno quiete alla fine dell'acqua, all'inizio del mondo. (possiamo congratularlolitivimici con lui essi tu voi io noi.)

2 commenti:

  1. (ho aggiunto il tag antieroi. sono commosso, giuro. grazie dulinì.)

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  2. Bello. Mi sono sentito nella piscina olimpica con Eric Moussambani. Un bel racconto, bello.

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