Corro a casa col sorrisone stampato in faccia e tiro fuori il disco. Puzza. Diobono, mamma, senti che puzza, accidenti, ecco perché costava meno. Mia madre prende il disco e ride. Non è puzza, è patchouli, si vede che a Madonna piace il patchouli. Ci rimango di sasso. Era il primo disco che compravo con i miei soldi. E puzzava. Cinque mila lire per Like a Prayer con il taglietto in alto a destra (la marchiatura impietosa dello scaffale delle offerte) e la puzza del patchouli.
Mi avevano appena regalato lo stereo, vale a dire un monoblocco con il giradischi in alto e la doppia cassetta in basso, una meraviglia che mi avrebbe permesso di doppiare le cassette e registrare addirittura da vinile a cassetta. Il lettore cd sarebbe arrivato un paio d’anni più tardi, ma senza meraviglia. Non ci potevi fare niente col cd, niente che non potessi già fare con le cassette. I cd, poi, costavano una cifra. Il vinile invece era il massimo, perché la copertina era più grande e faceva bella mostra di sè in cameretta. Guarda che dita tozze che ha Madonna, al diavolo lei e il patchouli.
Ce l’ho ancora, quel disco, con un bel graffio sulla prima traccia, un graffio che sta lì a ricordarmi le domeniche mattina passate a ballare in mutande con mia madre. Sempre la stessa canzone. Cinque o sei volte almeno.
Avevo la fortuna di abitare in una cittadina provvista di fonoteca. Si può dire che la fonoteca fosse il mio doposcuola. Ero sempre là dentro, dall’apertura alla chiusura. Sceglievo il cd, mi mettevo le cuffie e via così per quattro ore. Se il disco valeva l’acquisto mi sarei fermata da Tosi Dischi, mi sarei fatta due conti in tasca e l’unico pensiero della settimana sarebbe stato se prendere questo o quello. Un disco era una scelta, se ne prendevo uno avrei rinunciato a un altro, almeno per un po’. Il Baffo mi aiutava molto in questa scelta. Andavo alla cassa con due dischi e lui mi diceva, prendi quello lì, l’altro te lo faccio ribassato tra una settimana. Affare fatto. Il giorno che comprai la colonna sonora di The Doors al posto di Dangerous il Baffo mi fece un mezzo sorriso. Stiamo facendo progressi, fu il suo commento. Non l’avrei più comprato, Dangerous. Io non lo sapevo, ma il Baffo sì.
Tosi Dischi di lì a poco sostituì la fonoteca. Potevo chiedere consigli, questi chi sono, cosa fanno, bella copertina. Potevo guardare la gente entrare e scommettere sul disco che avrebbero comprato. Mi piaceva assistere alla sistemazione degli scaffali, i vinili che lentamente sparivano e gli espositori dei cd che si moltiplicavano. E la prima settimana dell’aprile del 1994 mi ricordo bene il gran via vai nel negozio. Me ne stavo in un angolo ad ascoltare i commenti sulla morte di Kurt Cobain, rodendomi l’anima per non avere avuto il permesso di andare al concerto. Ci vai poi la prossima volta, diceva la mamma. Eh, proprio. Al diavolo Kurt Cobain e i cantanti che si ammazzano.
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