martedì 5 febbraio 2013

Ricicciamenti: Il nome del padre

Mio padre si chiama Iules, ma non si è mica sempre chiamato così. Prima era Jules.

Fino ai quarant'anni, più o meno, su alcuni documenti c'era la I, su altri la J. All'anagrafe dicevano che c'era la I ma poi si grattavano la testa e rispondevano che boh, non erano sicuri neanche loro, perché una volta le schede venivano compilavate a mano e proprio sotto la I di Iules c'era uno sbavo. Non si capiva se fosse inchiostro sputato dalla penna (forse non era una biro, ché chissà quando è arrivata in un paesino di poche migliaia di anime la penna a sfera, la biro, anche se è stata inventata nel 1938 e le prime le han vendute nel 1945) o uno sbavo intenzionale, perché nel 1953 la J non era una lettera tanto in voga, c'era della gente che non la conosceva, la J, e l'impiegato dell'epoca, nel dubbio, c'è il caso che avesse sbavato apposta.

Mia nonna, sua madre, gli aveva dato nome Jules perché leggeva i fotoromanzi su Grandhotel e nei fotoromanzi di Grandhotel c'era questo Jules che era un gran figo. Mio nonno, quando è corso all'anagrafe per registrare suo figlio, su un bigliettino aveva scritto Jules copiandolo da un Grandhotel con una calligrafia tremolante per l'emozione e non s'immaginava, forse, che Jules si dovesse leggere alla francese. All'impiegato dell'anagrafe avrà detto "iules", poi gli avrà fatto vedere il bigliettino e l'impiegato, nel dubbio, ha compilato la scheda, forse apposta, con lo sbavo.

Mio padre fino ai quarant'anni, più o meno, si firmava con una I che sembrava una J, ed era contento così. Faceva un più bel ricciolo sotto la I, una cosa quasi artistica, una felicità ogni volta che doveva firmare un assegno o un voto sul mio diario o una giustificazione per la scuola o una nota. E io lo guardavo sempre con ammirazione, ogni volta che firmava. Gli dicevo: Babbo ma che bella firma, ma che bel nome.

Solo che a quarant'anni, più o meno, gli è arrivata una lettera dallo Stato. C'era da decidersi, da chiudere la questione, perché lassù, nello Stato, non erano mica sicuri che fossero arrivate tutte le bollette. Gli han detto: Sig. Iules, o Jules, si decida, le mandiamo un modulo da compilare e lei sceglie il suo nome una volta per tutte, noi le inviamo dei documenti nuovi di zecca e aggiorniamo tutte le sue pratiche; però si decida, ché qua non ci capiamo niente. Allora mio padre è stato una settimana col mento appoggiato sul pugno, seduto al tavolo della cucina, a decidere come chiamarsi da lì in poi.

Una mattina, senza dir niente a nessuno, si è alzato presto ed è andato a spedire il modulo. Quando è tornato a casa si è fatto un caffè, e quando ci siamo svegliati, io e mia sorella, ci ha detto: Ragazzi, ho una notizia, mi chiamo Iules con la I.

Ho sempre pensato che decidere il proprio nome a quarant'anni, più o meno, è una cosa giusta. Fosse per me, scriverei, voterei e approverei una legge per la quale ognuno, a quarant'anni, più o meno, o anche prima, se vuole, può scrivere una lettera allo Stato dove dice che nel pieno delle proprie facoltà mentali ha preso la decisione fortemente ragionata di cambiare nome. E anche il cognome, se ha voglia. Poi, ovviamente, se a uno invece gli piace il nome che porta, quello che gli han dato alla nascita, lo può anche tenere. Sarebbe una specie battesimo laico, scegliere coscientemente il proprio nome. Una cosa matura per una persona e, mi vien da pensare, anche per uno Stato. Io, per esempio, non avrei dubbi. Io, lo so, se potessi, da domani mi chiamerei John Laser.

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Ricicciamenti non è una nuova rubrica. Ricicciamenti è un prodotto della crisi delle idee. Nei ricicciamenti si prende un vecchio post di Barabba e lo si riciccia, cioè lo si riscrive o lo si mette a posto e lo si ripubblica. Magari in un'occasione speciale come questa, ché ieri mio padre, Iules Manicardi, con la I, ha compiuto sessant'anni.

5 commenti:

  1. Questa strana cosa che avete voi Emiliani con i nomi…

    Auguri!

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  2. Ma si chiamava Il nome del padre anche nell'originale?

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