Mio nonno è milanista, lo è sempre stato. Mio padre è juventino da una vita, da quando era piccolo, nonostante i continui tentativi di mio nonno per trascinarlo dalla sua parte. Son questioni di tifo, mi dice lui, non puoi mica ragionarci, è una brutta bestia, il tifo, una malattia.
Mio nonno mi racconta che una volta è andato allo stadio con mio padre per vedere Milan-Juventus, a Milano. Si son presi su con la macchina da Novi di Modena a San Siro, loro due, padre e figlio, in una di quelle giornate che sono importantissime per i legami padre e figlio, almeno così dicono i pedagoghi.
Mi dice mio nonno che per farlo contento, per far contento mio padre, suo figlio, erano andati a sedersi nella curva della Juve anche se lui era milanista. Ma era la fine degli anni ‘50, racconta, cosa vuoi che gliene fregasse ai tifosi juventini se c’era un milanista in mezzo a loro, si doveva guardare la partita e buona lì. Si faceva il tifo.
Allora si son seduti, mio nonno e mio padre, padre e figlio, e si son messi a guardare la partita.
Quasi subito il Milan ha fatto un gol. Mio nonno racconta che si è alzato dal seggiolino di scatto con le mani alzate, i gomiti a novanta gradi, le gambe un po’ piegate, ha fatto un saltino e ha detto forte, non gridato, ha detto forte: GOL!
Si son girati tutti.
L’han guardato male per qualche secondo, qualche secondo silenziosissimo dove mio nonno mi dice che sentiva il suo respiro. Allora si è seduto, senza fiatare, con i palmi delle mani in avanti e la testa che scuoteva un po’ come a dire Scusate. Ma è rimasto lì, di fianco a mio padre, suo figlio, e han continuato a guardare la partita. Zittissimi.
E poi il Milan ha fatto un altro gol. E allora mio nonno, senza rendersi conto, senza pensarci, si è alzato un po’ dal seggiolino, ha battuto le mani una volta, un solo clap, e ha detto, neanche forte, stavolta, ha detto normalmente: ALÉ!
Si son girati tutti, ancora.
L’han guardato male e in silenzio per qualche secondo. Uno, da dietro, gli ha picchiato una mano sulla spalla e gli ha detto Signore, adesso lei si siede e ci fa il favore di tacere per tutta la partita.
Va bene, ha risposto mio nonno, con le mani avanti e scuotendo la testa come a dire Scusate di nuovo e scusi anche lei. Ed è rimasto lì, di fianco a mio padre, suo figlio, e han continuato a guardare la partita. Zittissimi. Ancor di più di prima.
Mio nonno racconta che era poi finita quattro a zero per il Milan, la partita, e lui per gli altri due gol aveva esultato tantissimo ma dentro di sé, nella pancia, provando anche a rimanere serio e impassibile, con gli angoli della bocca che un po’ ridevano, ma senza farsi vedere. Guardava sempre avanti, guardava il campo.
Era contentissimo, mi dice, che vittoria, mi dice.
Però era poi l’ultima volta che andavo allo stadio, mi dice anche, ché lui da giovane aveva sparato con delle mitragliatrici e non era mica uno che aveva paura della gente, per capirci, ma lo stadio gli sembrava che stesse diventando proprio un brutto ambiente.
Veh Jules, mi racconta di aver detto a mio padre juventino, che era un bambino e che si chiama Jules, Veh Jules, ha detto a suo figlio mentre tornavano in macchina da San Siro a Novi di Modena, è poi la prima e l’ultima volta che veniamo allo stadio, che non mi è mica piaciuto, anche se abbiamo vinto, anche se il Milan ha fatto una gran bella partita, mi sembra che sia proprio una brutta bestia, questa cosa, come la chiamate voi, il tifo. Una malattia.
E deve essere per quel motivo lì, per non farmi ammalare, che a otto anni, quando giocavo a pallone con gli amici nella via, e tenevo la Fiorentina e il Napoli, che un giorno d'estate loro due, mio nonno e mio padre, padre e figlio, mi han dato una bici da corsa e dei vestiti attillati, mi han messo a sedere sulla sella e mi han detto: pedala, Marco, pedala, che è meglio.
Stesso episodio. Io milanista lui juventino. Io nella curva della Juve a Torino nel 2006 (mi pare).
RispondiEliminaCi fu l'espulsione di Gattuso.
Zitta, zittissima che lì le mazzate le davano per davvero.
Rientro con il pullman, fermata a Bologna. Quelli che si dichiararono milanisti furono presi a bottigliate.
Zitta fino a casa.
bel racconto, collega di nick
RispondiEliminaciao many,ho letto il tuo post sul tifo come malattia sia qui che stamane su 'piste'. io sono un tifoso di calcio, seguo una squadretta, pure la squadretta del mio paese e vado allo stadio spesso e capisco e accetto il post e tutti i discorsi sul tifo=male/malattia che uno vuole fare poichè riconosco qualche sintomo della 'malattia' ecc...
RispondiEliminaquello che non capisco o che mi sfugge è il collegamento con quanto successo ieri sera. c'entra il 'tifo' per una squadra in quanto è successo ieri sera? a me sembra (a posteriori, ero a un concerto)che sia stato, il calcio, ieri sera, il contenitore di qualcosa di molto più grande e complesso (semplificando, 'politica estera'). non è la prima volta che capita, il calcio è mooolto visibile, pero' mi sembra eccessivo e abbastanza semplicistico l'assioma, 'tifosi' = 'bestie'. o forse sbaglio io a non cogliere il punto? grazie, ciao.
ecco, cidindon, siamo d'accordo, probabilmente diciamo anche la stessa cosa.
RispondiEliminaIo però vorrei che si facesse uno sforzo linguistico e si trovasse il modo di definire il tuo (e il nostro, in fin dei conti, anche se il mio è per altri sport) con un termine diverso da "tifo". Perché "tifo" è diventato troppo vicino a "fede", negli anni, e con la fede si porta dietro la cecità, l'estremismo e una certa furia iconica che sembra addirittura ammessa.
Quello che è capitato ieri sera è capitato in uno stadio. Un contesto ben definito che in Italia conosciamo bene.
Io sono stanco di chiamare "tifo", come la malattia, appunto, l'apprezzamento e il supporto che si dà sportivamente a una squadra. E sono stanco, tra l'altro, di chiamare "sport" il calcio. A quei livelli, almeno.
sforzo linguistico, ammirevole ma ambizioso. forse dovremmo difendere la parola 'tifoso' con un senso positivo e trovarne un altra per chi sfrutta il calcio per 'altro'. colpa anche di brutti racconti del lato peggiore di questo sport (insisto nel chiamarlo così, appunto) ma ci siamo capiti, certo.
RispondiEliminaps.: ti sfido a non sostenere che il tuo pitcher non è più forte del mio (ossia, una certa cecità è, in maniera benevola, componente naturale del tifo..eheh)
ecco, è proprio per questa ragione che io seguo il rugby... che poi è molto più sport del calcio
RispondiEliminacidindon, non esattamente: nel senso che negli sport che seguo con passione (soprattutto baseball e ciclismo) non c'è un gran tifo in quel senso lì. Capita di cambiare squadra a metà partita, capita di cambiare simpatia per un corridore a metà gara o a metà tour. Cose così. E non capita solo a me.
RispondiEliminaHo un post di tiziano fiorveluti in canna, sulla questione, da mettere qui prima o poi. Magari domani.
ho usato il baseball per fare un esempio di 'tifo applicato ad altri sport' e perchè so da letture precedenti che sei appassionato del batti&corri. conosco il baseball, conosco americani che vanno matti per il baseball, ho visto partite là (anche qua) e quel tifo lì ce l'hanno. mica è un male. ecco. tutto qua. leggerò volentierissimo, come sempre, prossimo pezzo.
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