giovedì 1 dicembre 2011

Hanno ucciso Barbapapà o Io per me vorrei essere una rana (7)

di Sara Parravicini (settima parte)

“Maria, non li guardi più i cartoni?”
“No. Non mi piacciono più i cartoni. Hanno ucciso Barbapapà.”
“Ma cosa dici, Maria!”
“Sì, l’hanno ucciso perchè è cattivo. È così cattivo che l’hanno ammazzato.”
“Io a volte non ti capisco, Maria. Non possono averlo ucciso: Barbapapà è buono e tutti gli vogliono bene.”
“Eh, già, è proprio buono... Però è morto. Io non li guardo più i cartoni. Andiamo a casa.”

***

che io quel giorno stavo solo guardando barbapapà in tv, a me piacevano i barbapapà, facevano sempre delle cose bellissime per i bambini e per gli animali, i barbapapà.
io stavo guardando i cartoni
e lui arriva
si piazza davanti alla tv
se lo tira fuori
davanti a me
mi dice:
cosa guardi?
e io dico:
niente
e cerco col mio sguardo di trapassarlo
di continuare a vedere
la tv
e i barbapapà
attraverso quel lardo
attraverso quella cosa che non dovevo vedere.
ma lui continua:
come niente? ti piace, eh?
e io, silenzio
allora? cos’è che guardi?
guardo barbapapà. sì, mi piace barbapapà.
adesso però spostati, che non vedo.
see, barbapapà ti piace! lo so io cosa ti piace…!
ed esplode in una risata sghemba.
e quella risata mi umilia,
quella risata
è una cinghiata in piena faccia,
quella risata
mi seppellisce viva.

***

Al termine del taglio, il papà vecchio (il bis-bisnonno) fece quello che non aveva mai fatto nella sua vita di contadino: rubò al padrone.
Rubò un pezzo di legno del noce, un pezzo di un ramo, per la precisione.
Lo tagliò nel senso della larghezza, lo lavorò, ci incise le iniziali sue e di sua moglie e ci disegnò sopra, sempre con un coltellino, in modo molto stilizzato, una casetta. Casa Nocina.
Il tagliere fu l’unico regalo d’amore che il mio bis-bisnonno fece alla mia bis-bisnonna in cinquantadue anni di matrimonio.

Il tagliere di Casa Nocina andò in dote alla mia bisnonna, venne recuperato dopo i bombardamenti tra le macerie della sua casa milanese e uscì dalla spartizione dei beni di mia nonna senza che nessuno posasse gli occhi su di lui.
Nessuno tranne me.

Il tagliere di Casa Nocina è scuro, molto scuro. È scuro perché il legno di noce è un legno che ha dentro tutto il buio del bosco. Ma è scuro anche perché fu gettato nel fuoco da una prozia disgraziata un ultimo dell’anno non troppo lontano. Mia nonna lo trovò il giorno dopo ai margini del falò, molto annerito ma fondamentalmente integro. L’incisione del papà vecchio non è più visibile ad occhio nudo, ma le dita, se ci passano sopra attente, riescono a scorgerla.
Il tagliere di Casa Nocina mi piace perché nelle sue vene scorre la storia della mia famiglia, delle donne della mia famiglia.

C’è un buco nel tagliere, un buco nel quale un tempo passava un cordino. Una volta nelle case non c’erano molti mobili, perciò in cucina si sfruttavano gli spazi in verticale e si appendeva tutto ciò che si poteva: pentole, mestoli, coperchi. E taglieri.
A causa del tempo, dell’acqua e del fuoco, si è creata una profonda crepa che parte da quel buco e termina dalla parte opposta.

E intorno, è tutto un ammucchio disordinato di righe di tagli, è tutto una ferita, il tagliere di Casa Nocina.

***

Ma ora vi racconto della lucertola. La lucertola è un sauro. Già dal nome capite che deriva dai dinosauri. E questa cosa qui secondo me è già affascinante. Poi, la lucertola è uno di quegli animali strani, ma strani tanto! Di quelli che sembra che abbiano dei superpoteri.

La lucertola è così attaccata, ma così attaccata alla vita che a volte, per salvarsi, fa finta di essere morta, così, appena il gatto che l’ha acchiappata si distrae, lei fiuuuu! se la svigna ai duecento!
Io questa cosa qui quando l’ho scoperta l’ho trovata fortissima. E da allora mi esercito ogni giorno a fare la morta. Che quando la piovra mi prende, se io mi fingo morta, non sento più niente e divento di carta e mi dimentico tutto.
Poi, quando la piovra se ne va, posso tornare a respirare e a giocare.

E sono salva.

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(qui ci sono le altre parti, dalla prima alla sesta)

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