sabato 24 dicembre 2011

La Befana quotidiana: storiellina di natale

Al sabato, se non sono su Marte o giù di lì, il pranzo lo faccio dai miei nonni materni. Sempre.
Domenica invece vado dalla nonna paterna. Sempre.
Chiamatelo se volete cerchiobottismo familistico italiano, ma è l'equilibrio genealogico più stabile di tutta la mia vita (equilibrio che precipita tutto sui miei lardelli), superato solo dai miei genitori giovinastri, motociclisti e rockettari.
Comunque, i nonni abitano in un palazzo alto quattro piani vicino alla stazione, e oggi, come ogni sabato, sono entrato nell'androne, ho pigiato il pulsante e l'ascensore ha cominciato la discesa.
Arrivato a piano terra, si apre e dentro compare la Befana. Giuro. Era bassina bassina, tondissima, vestita pesante come una montanara. Aveva i capelli color paglia e fieno legati con la coda, una discreta quantità di rughe, il proverbiale naso e due occhi chiarissimi. E ha subito trillato: "Auguri!"
Mentre la lasciavo uscire dalle porte stavo per dirle, Sei in anticipo di quasi 2 settimane, ma intanto la modalità pavloviana festiva e cortese che mi risiede nell'emisfero destro aveva già risposto con: "Anche a lei!".
Occupato l'ascensore e pigiato per risalire, mi son chiesto se era sola questa signora per le feste e se non le sarebbe piaciuto avere compagnia e dove avesse lasciato amici e parenti. Mi son chiesto poi chi sarebbero i parenti e gli amici della Befana (a parte Babbo N. che in queste ore dev'essere proprio indaffaratissimo), e quale vita aspetta i nostri piccoli e grandi miti quando escono dall'occhio di bue del loro "momento".
Arrivato sul piano mi son messo a scrivere lì, subito fuori dall'ascensore, appoggiato al muro, l'incontro e queste piccole riflessioni. Mia nonna è venuta fuori e mi fa: "Ma cosa fai lì?! Aspetta che ti accendo la luce, almeno." perché nel tempo che scrivevo si era spenta. Poi rientra in casa e quasi subito, o comunque a me lì che scrivevo in verticale sul muro è sembrato quasi subito, riesce sul pianerottolo e mi fa: "E tuo fratello?"
Porca... Mio fratello, son venuto qui senza passarlo a prendere, sarà a casa dei miei che mi aspetta. Metti il punto, pigia il pulsante, scendi giù, esci e metti in moto.
Intanto scrutavo se riuscivo a rivedere la Befana, cercavo altezza uomo perché non credo si attenti a volare di giorno, potrebbe insospettire troppa gente.
Nel tragitto per recuperare mio fratello continuo a chiedermi se i nostri miti fanno vite ordinarie finché non devono miracolarci e arrivo pure a pensare che forse, pur di avere ogni anno quel giorno fantastico ed incredibile tutto per loro, non barattino il resto dell'anno per uno stile di vita frugale, appartato, solitario e silenzioso. Invece degli angosciosi problemi dell'Uomo Ragno e dei vari supereroi sull'identità segreta, sul giudizio dei propri cari e la paranoia imperante che il mondo scopra cosa c'è dietro la maschera, i miti tagliano la testa al toro e vivono in solitudine, per non dover mentire, per non doversi giustificare per assenze immeritate per i loro prossimi ma gloriose e celebrative per tutti noi. Forse.
E poi cosa succede tra di loro, miti del nostro mondo? Si conoscono? Si salutano? Si odiano? Si stimano? In che rapporti sono?
Caricato il fratellino di 10 anni di meno e di una spanna più alto, torniamo lì dal palazzo ed entriamo nell'androne. Sarà per via che gli piace sgambare dopo esser rimasto fermo a studiare in casa o per via che non gli piace molto aspettare in generale, mio fratello molto raramente prende l'ascensore, butta lì un "ci vediamo su" e sfrutta le leve delle sue gambe salendo le scale a tre e tre. Guardo la lucina, l'ascensore è occupato, sento di fianco le pompe idrauliche che miagolano lo sforzo di muovere quella cabina per i quattro piani. Salgo anch'io. Non a tre a tre perché ormai ho un'età e una cartellina di cuoio chiaro slavata che fa molto professor. Facciamo a due a due e poi uno (gli scalini sono dispari).
Giunto al terzo piano, mentre sto per attaccare la nuova serie, l'ascensore di fianco alla rampa si apre, sporgo indietro la testa e ricompare la Befana, con una sportina e l'immancabile gobbetta. Vista di profilo la linea della pancia e quella della schiena ti mostrano che il suo collo e la sua testa non potevano che incastrarsi in quel punto magico.
"Auguri!" esclamo io, tutto preso dalla scalata, dall'apparizione e dalla frenata.
"Auguri anche a lei signore - un po' titubante mentre armeggia per aprire la porta - mi può dire dove sta andando?"
"Al piano di sopra, dai miei nonni, l'Anna e Vittorio."
"Ah... Scusi sa se glielo chiedo ma ci son stati i ladri in fondo al viale e ..."
Nella sospensione della frase mi guardo da fuori: Giaccone loden verde un po' frusto, sciarpa verdone scuro chilometrica ed arrotolata sotto la bocca baffuta, borsalino grigio da cui fuoriescono ciuffi di capelli neri, scarponi un po' infangati. Di sera non sarei molto rassicurante, credo.
Se fossimo nell'Ottocento canticchierei vecchi vaudevilles mentre affilo la lama e griderei slogan libertari e bombaroli alle vetrine.
Marius Jacob che incontra la Befana. Ecco qua.
Avrei tanto voluto darle un bacio sulla piccola fronte rugosa.
Sposto la sciarpa e mi tolgo il cappello, sorrido "Si figuri e ancora auguri!", saluto e risalgo le scale.
I miti, come gli auguri, si rinnovano in noi, per noi e attraverso di noi.
E quindi auguri amici.
Che i vostri miti vi siano vicini.
Barabba tra i primi.

2 commenti:

  1. ah, gli incontri della vigilia http://barabba-log.blogspot.com/2010/12/il-babbo-natale-in-borghese.html

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  2. che piacere capitare da queste parti...

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