Ieri sera ero alla Palazzina Liberty di Piazza Marinai d’Italia a Milano perché c’era Paolo Nori che leggeva pezzi da Disastri di Daniil Charms (Marcos y Marcos), accompagnato dal Coro delle Mondine di Novi. Io non sono mai stata a Novi di Modena, un giorno mi ci faccio portare, ho deciso.
Quando sono arrivata sentivo le prove, perché alla Palazzina Liberty si può entrare da due porte che stanno ai lati del palazzo, le entri dai fianchi insomma, si passa accanto alle finestrelle del seminterrato, aperte, e ieri sera sentivo le Mondine fare i vocalizzi.
La maggior parte di loro ha i capelli corti, alcune hanno una sciarpa al collo, altre una spilla, alcune gli occhiali, alcune i capelli bianchi, altre la messa in piega fatta e io noto sempre quando una signora si fa la messa in piega, specie se ha i capelli bianchi, perché mi viene in mente quando mia nonna avvisa tutta la famiglia di non telefonare al pomeriggio del sabato dalle cinque alle sei perché lei è dalla parrucchiera e non può rispondere e le dispiace non rispondere al telefono: è maleducazione.
Soprattutto: alcune di loro hanno una medaglia attaccata al petto e all’inizio non la noto mica: sono miope, sono giovane da meno tempo di loro, non ho gli occhiali.
Sarà un discorso sull’anarchia, dice Paolo Nori, sembra che all’inizio siano un sacco di cretinate, ma poi no, portate pazienza. Noi abbiamo portato pazienza, alla fine abbiamo capito, non tutto ma quasi tutto, ché per capire tutto, bisogna un attimo fermarsi a pensare, con calma, senza frenesia di capire e di uscire più intelligenti di prima. Sempre Paolo Nori poi ci chiede anche se per favore possiamo non applaudire dopo ogni pezzo, vediamo come viene il tutto, dice, e noi no, non applaudiamo mai, ridiamo ma non applaudiamo mai, tranne un tizio che dopo la prima canzone applaude e Paolo Nori gli fa un’occhiata brutta, gliela fa proprio, io non avevo mai visto Paolo Nori fare un’occhiata brutta, poi lui ha gli occhi chiari, non ci crede nessuno che fa un’occhiata brutta, e invece gliela fa e non so bene che pensa, una cosa simile a “ma diobono, l’ho appena finto di dire, anche te.” Però non lo so, non sono sicura.
Ogni tanto, ieri sera, non ho capito.
Fanno l’inchino e si prendono gli applausi. Tanti. Ché a non potergliene fare durante il reading poi ti viene voglia di farne di più dopo, raggrupparli e farli più vigorosi, non sopra le righe, non ci alza in piedi, non si urla brave, proprio le mani quasi quasi te le senti come se fossero più forti perché hanno lavorato - e invece hanno solo ascoltato, su una sedia scomoda, ma si rubano lo stesso le mosse e il vigore.
Mentre tutti iniziavano ad andare via, mi sono avvicinata alla Mondina più bassa e con i capelli più bianchi e la messa in piega fatta, aveva un vassoio di parmigiano in mano ma non ci sono andata per quello, è che sorrideva ed era bassa e le ho detto: “Salve mi chiamo Elena, vi porto i saluti di Marco, il nipote di Corrado, il figlio di Iules” e lei ha alzato entrambi i sopraccigli e ha spanato gli occhi che io mi vedevo già su una sedia tutta notte a sentire le storie di Corrado e Iules e invece no, mi ha detto una roba che non ho capito, forse in novese m’ha detto poi Marco, e mi ha infilato un pezzo di parmigiano in bocca. Come mia nonna il panettone dopo il parrucchiere al sabato pomeriggio.
Ve l’ho detto: ogni tanto, ieri sera, non ho capito.
Ho mangiato il parmigiano, dopo Bella ciao della Mondina che diventa Bella ciao del Partigiano: a questo punto si canta rivolti al pubblico, anche le sei che finiscono il semicerchio ai due lati del semicerchio, quelle sei lì, aprono il semicerchio e ce la cantano in faccia Bella ciao della Mondina che diventa Bella ciao del Partigiano e qualcuno si muove sulla sedia, qualcuno batte le mani con loro, in due-tre punti e succede quella cosa che succede sempre, per la mia esperienza, quando Bella ciao non la cantano al Concerto del Primo Maggio, ma in qualunque posto Partigiani veri o le Mondine, appunto: si sta zitti. Tutti. Fermi. Muti. Non si battono le mani la prima volta, magari poi, se ti incitano, se loro stessi ti danno il permesso con un gesto delle mani o della testa. E se stai zitto, puoi farlo per due motivi: commozione o rispetto. E infatti loro te la cantano in faccia per questo, per vedere se ci riconosciamo, se ci possiamo guardare in faccia liberamente, se adesso che finisce tutto pensiamo in coro a quella domanda difficile di diversi minuti prima, che si è impiantata lì e non vede il verso di uscire, diceva più o meno: è peggio morire ammazzati in un Paese con una dittatura o morire sulla sedia elettrica in un Paese con la democrazia?
Allora mentre mi mettevo a letto ieri sera mi son detta che non lo so e non so rispondere, però ci penserò ogni tanto, me lo sono segnato apposta e poi mi sono detta pure che le Mondine cantano un po’ perché sono orgogliose di essere le figlie e le nipoti delle prime Mondine e può sembrare quasi una tradizione, poi abitudine a cui non si pensa più, alla lunga, e invece no. È che è la loro Bandiera, hanno detto, l’orgoglio di una Bandiera umile e sentita, che non riescono a lasciar sventolare da sola, una Bandiera che spunta dal petto accanto alla medaglia e quasi se ne prende cura, senza urlare e con rispetto.
A me è venuto proprio da pensarlo con la b maiuscola, Bandiera, ed è stata la prima volta.
... questa bandiera gloriosa e bella / noi l'abbiam raccolta e la portiam più in là / dal vercellese a Molinella ...
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