[Il vecchio malvissuto ha scritto un lungo articolo su Voce, che è tipo il Time carpigiano.]
A tanto tempo di distanza ancora punge una sensazione provata da bambino mano a mano che si approssimava la fine dell'anno 1948. Si consumavano le celebrazioni del centenario della insurrezione di Milano contro gli Austriaci e la fantasia di noi decenni si ostinava a rimanere legata alle battaglie sulle barricate erette da tutta una città, monelli e 'tusan' compresi, contro lo straniero oppressore, quel "Germano" al quale "Dio non disse giammai: / Va', raccogli ove arato non hai / spiega l'ugne, l'Italia ti do". Come impone l'età tenera eravamo fieramente conservatori, e perfettamente a misura della storia di una Nazione nata, così ci pareva, grazie ad un popolo di giovani intelligenti e coraggiosi che trasformarono in realtà sogni antichi, secolari illusioni.
Con sacra enfasi pari a quella dell'Inno manzoniano citato sopra, ci avevano acceso di orgoglio nazionale misto a tremori, tre anni prima, i giorni estremi della Resistenza quando, al sibilare improvviso di una lugubre "sirena", i grandi ci trascinavano dentro i rifugi antiaerei per lo più scavati nei cortili e protetti dal velo di una cupola di cemento armato (ma uno di quei rifugi, forse il meno assurdo, era costituito dalla torre medievale della chiesa della Sagra). I più avventurosi di noi ragazzetti, tuttavia, ci si attardava nella grande piazza, per "vedere la guerra", gli occhi tesi in alto verso le rombanti formazioni dei bombardieri alleati impegnati anche allora in "missioni mirate" contro le "installazioni nemiche". E pazienza se le "schegge della Liberazione" raggiungevano qualche civile o scavavano fumanti crateri vicino a obiettivi non propriamente militari (fu colpita anche la parrocchia di San Francesco scoperchiando le tombe dell'antico, semidimenticato cimitero dei frati).
Molti racconti letterari o cinematografici del secondo dopoguerra sono popolati da bambini che sciamano, sciolti da ogni controllo, lungo strade dissestate e tra le rovine delle città. Bimbi che entrano curiosi dappertutto per trovare campo ai loro giochi sospinti dal fremito di avventurose scoperte, per inciampare magari nelle tragedie narrate così efficacemente dal cosiddetto Neorealismo: bombe inesplose maneggiate incautamente, pistole ancora cariche puntate per scherzo contro il compagno.
(continua tantissimo, ma ne vale la pena, qui)
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