Mio bisnonno, Archimede, quello che ha quasi spaccato un forcone al cospetto di due nazisti, quello che ha messo fuori dalla finestra al quarto piano il preside della Scuola Elementare di Novi di Modena, lui, vi dicevo, una volta ha fermato un toro per le corna, con le mani. Adesso vi racconto com’è andata.
È andata che il toro si era imbizzarrito non si sa perché, ma dicono che fosse un toro nervoso di natura e che già da un po’ di tempo aveva preso di mira il padrone. Mio bisnonno non aveva un metro di terra sua, lavorava conto terzi. Un giorno il padrone era andato a vedere come funzionavano le cose e il toro l’ha incornato. Il padrone era lì sdraiato in terra che urlava e il toro sopra che cercava di affondare il suo corno preferito: i tori hanno sempre un corno preferito quando attaccano, mi hanno spiegato. Lì di fianco c’era Carlin, il fratello di mia bisnonna, che, nel baccano generale e tra la gente che correva e urlava aiuto, con una vanga stava menando la testa del toro.
“Oh, Carlin, ma c’sa fet, at mas al padroun” (oh, Carlin, cosa fai? Ammazzi il padrone!) gli gridava mio bisnonno, Archimede, perché Carlin colpiva un po’ a caso e ogni due o tre botte alla testa del toro ne arrivava qualcuna sulla testa del padrone.
Mio bisnonno, Archimede, non ci ha pensato due volte: è andato dal toro, gli ha preso le corna con le mani nude e gli ha girato la testa. Lo teneva fermo, così, con le braccia che sembravano attraversate da dei tubi di ferro. Era calmo, le pulsazioni erano basse, la faccia concentrata, il sudore colava giù per la fronte e arrivava in bocca; era una specie di macchina, mio bisnonno. In paese dicevano che Archimede aveva la doppia nervatura, che era un modo per spiegare quello che non capiva nessuno, cioè come mai fosse così forte. Pensavano che avesse una fila di muscoli in più rispetto alla gente normale, che ci fosse un’altra fila di muscoli sotto quella che si vedeva da fuori. C’era della gente, dicevano, che nasceva con la doppia nervatura. Uno era Archimede, mio bisnonno.
Ma torniamo al toro. Il padrone, sanguinante, aiutato da Carlin, è riuscito a scappare mentre mio bisnonno teneva il toro con le mani, per le corna. Poi l’han preso per l’anello del naso, il toro, e l’hanno portato dritto nel recinto.
Solo che quando il toro è entrato nella gabbia ha pensato bene di vendicarsi e si è appoggiato al muro. Tra il muro e il toro c’era il braccio di Archimede. Un toro appoggiato al braccio non lo sposti neanche quando hai la doppia nervatura. Anzi, il braccio comincia a far male, a stortarsi, il sangue non circola più.
Il toro stava lì, a vendicarsi. Mio bisnonno stava lì, ad aspettare.
Non diceva né au né bau, Archimede, aspettava che il toro si spostasse da solo, com’è poi successo qualche minuto dopo. Il braccio gli ha fatto un male cane per una settimana e passa. Gli dicevano Stai calmo, Archimede, stai a letto e guarisci. Ma lui niente. Lui aspettava ancora che il braccio tornasse in forma ma lavorava nei campi con quell’altro. Non lo fermavi mica, non c’era verso.
E il braccio dolorante è poi tornato a posto. Allora mio bisnonno, Archimede, col braccio a posto, ha preso con sé Carlin e sono andati a cercare dei bastoni di metallo. Poi sono andati dal toro e l’hanno portato in campagna, sotto un albero, così che nessuno potesse vederli, e han cominciato a picchiarlo. Non l’hanno mica ammazzato, un toro costa dei soldi e poi chissà cosa dice il padrone se scopre che gli hanno ammazzato un toro. No, l’hanno picchiato tantissimo, pim pum pam, e ancora e ancora, finché il toro era coperto di sangue e di sbraghi sulla pelle. Poi l’hanno brancato per l’anello del naso e l’hanno riportato nel recinto e l’han rinchiuso lì finché non guariva.
Mi han detto che dal giorno dopo, fino alla fine della sua esistenza bovina su questo pianeta, il toro, quando incontrava mio bisnonno, quando incontrava Archimede, s’inginocchiava. Proprio così: s’inginocchiava. Archimede passava e il toro giù, in ginocchio. Era quasi un’attrazione, in paese non si parlava d’altro.
Queste cose me le ha raccontate suo figlio, mio nonno, Corrado, quello che aveva fatto il disertore e si era nascosto in una concimaia per nove mesi, quello che aveva preso una sberla per avere sporcato la divisa del Balilla. Non l’ho mai conosciuto mio bisnonno, Archimede, quello con la doppia nervatura. Doveva essere anche molto bello, con tutti quei muscoli. Ma me lo posso solo immaginare. Non ho ereditato niente.
***
Ce n’era poi un altro, a Novi, con la doppia nervatura. Girava col kilt perché suo padre era scozzese e camminava sempre a piedi nudi, anche sulla neve. Lo chiamavano Stanloun, non so perché. Andava spesso a Carpi a piedi a far due chiacchiere in una vetreria. Scalzo. Era fatto così. Prima o poi vi racconto anche la sua storia.
Ciao Barabba, le correnti della rete inseguendo "schegge di liberazione" mi hanno fatto arenare sulle sponde al tuo blog. L'approdo si è rivelato molto piacevole.
RispondiEliminaMi piace chi tiene traccia del passato, di un certo passato.
Buone storie!
p:S. mi sono appena goduta su Collettivo voci (link trovato da te) la storia del forcone, grazie.
RispondiEliminaciao, grazie a te dei complimenti.
RispondiEliminaStanloun portava sempre un sottanone, era per quello. Sotto bianco e sopra prugna (due stanlounSSS) e aveva dei piedi enormi e girava sempre scalzo e andava a tutti i funerali. Dai raccontami di lui, che è da tanto tempo che non lo sento più nominare.
RispondiEliminaE io lo so, che tutto quello che ci racconti è vero, è proprio tutto vero.
Mi piace tanto leggerti quando racconti del nostro paese... Anche se racconti altro, volevo dire, però.
ah, un novese. Mi devi dire chi sei.
RispondiEliminaSono una discepola di Parcin
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