Ero in terza media e mi piaceva la scienza. Avevo già iniziato a scrivere, scrivevo anche bene, così, senza falsa modestia, per l’età che avevo, ma mi piaceva la scienza. Avevo già letto Stephen Hawking e guardavo Star Trek come un credente infervorato ascolta l’omelia del prete in chiesa. Ero fatto così, mi piaceva la scienza ed ero anche bravino in matematica.
La prof di italiano non mi aveva in simpatia. Le rompeva un sacco dovermi dare dei voti alti nei temi e dei quattro o cinque all’orale perché non studiavo mai, ero sempre per la strada con gli amici, al pomeriggio, e in classe ero uno di quelli dell’ultimo banco che fan sempre del casino; lei mi metteva in punizione nel banco di fianco alla cattedra e io facevo del casino anche da lì. Mi odiava. Però anche lei aveva i suoi bei difetti, tipo che era burbera, cattiva e un po’ stronza. Me lo ricordo ancora, il suo nome. Me lo ricordo ma non lo scrivo.
Insomma, avevamo appena fatto Leopardi, e mi piaceva un bel po’, con tutte quelle sue teorie sull’Infinito, dentro e fuori, e il naufragar m’è dolce in questo mare era una frase che ammiravo molto. Ne avevamo fatte un bel po’, di poesie di Leopardi, e la prof d’italiano ci ha dato un tema in classe: “Alla luna: cosa pensi, tu, quando guardi la luna?”.
Eh, cosa penso, io? Mah. Mi son messo lì, nel banco di fianco alla cattedra in punizione, con la penna in mano e il foglio di brutta e pensavo pensavo pensavo.
Cosa penso, io, quando guardo la luna? Penso che è un satellite bellissimo, una palla bianca che gira gira gira ma noi vediamo sempre una faccia sola perché, guarda un po’, il suo periodo di rotazione è uguale a quello di rivoluzione: una cosa straordinaria, una coincidenza di quelle che ti fanno venire il mal di testa.
E così, con buona pace del buon Leopardi che, l’ho scritto anche nel tema, mi piace molto e forse è il mio poeta preferito, con buona pace del buon Leopardi, per me, scrivevo, la luna è un satellite bellissimo, con quella faccia bianca che sembra una faccia di una persona per via dei crateri che ci son sopra, una faccia col culo sempre al buio per la questione della rotazione e della rivoluzione che sono uguali. E noi ci siamo anche stati, là, sulla luna, così lontani, a un secondo luce dalla Terra – sapevo cos’era un secondo luce, a quattordici anni, per dire – degli uomini ci avevano messo i piedi e poi erano tornati indietro a raccontarlo; e mio padre mi dice sempre che quel giorno lì qualcosa era cambiato nella testa delle persone: dal giorno dopo che l’uomo era stato sulla luna, lo spazio aveva perso una specie di magia e l’umanità era diventata importantissima, come concetto. La luna, un satellite stupendo, ecco quel che pensavo quando la guardavo. Era un bel tema, secondo me. Un bel tema per un argomento interessantissimo.
Mica tanto, secondo la prof d’italiano. Mi ha guardato male, dopo averlo corretto. Non ci ho neanche messo il voto, mi ha detto. Adesso lo strappo in due e te, a casa, ne fai un altro spiegando cosa pensi quando guardi la luna. Non è possibile che guardando la luna non ti vengano in mente dei pensieri fantastici e metafisici o non ti capiti mai di parlarci, con la luna.
No, prof. Non ci parlo, è un essere inanimato.
Marco, sul serio, adesso te rifai questo tema, a casa. E così dicendo, arrabbiata, l’ha strappato. HA STRAPPATO IL MIO TEMA SULLA LUNA. Capite quanto era stronza? Lo capite, vero?
Niente, sono andato a casa e ho cominciato a scrivere delle cose del tipo O tu, Luna, come sei bella, quando ti guardo la sera penso a delle cose candide e ti chiedo spesso come sarà la vita, quaggiù, per me, quando mi sento tanto solo e son triste, eccetera eccetera. Ho scritto che parlavo con la luna, che la luna era bellissima e un prodigio del pensiero, era magica. Ho scritto alla luna dandole del tu, ed ero incazzatissimo, ma dovevo farlo per forza.
Poi, la mattina dopo, ho ridato il tema alla prof d’Italiano. Lei l’ha letto e il giorno dopo ancora me l’ha riportato con sopra scritto “Sufficiente”.
Sufficiente?
Sì, Marco, è un tema molto ben fatto, ma hai dovuto riscriverlo a casa e più di Sufficiente non posso dartelo. Però, vedi, che anche tu ci parli, con la luna?
Ci parlo un corno, volevo dirle, ma son rimasto zitto, che era meglio così.
Ho preso il mio Sufficiente, ho chiesto se potevo fare una fotocopia del tema per portarlo a casa, poi l’ho detto alla mamma. La mamma l'ha letto e mi ha detto Bravo. Era contenta. Bravo.
Ma bravo cosa? Le ho risposto. Bravo cosa? Che son tutte delle balle.
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