venerdì 11 giugno 2010

L’uomo con la macchina da presa

Filmava tutto: gli oggetti, la vita. Telecamera sulla spalla quando usciva all’aria aperta o entrava in case d’altri. Schiena curva, taglia e cuci, luce soffusa nell'archivio audiovisivo del Comune. Dieci, dodici, anche sedici ore al giorno, lì dentro, a montare, smontare e rimontar pellicole. Un corpo minuto, la barba bianca, un occhio chiuso, l'altro guantato dalla plastica del mirino e gli occhiali sulla testa, che non intralcino. Il sorriso, spesso, mai chiassoso: la timidezza dei giusti. Ricordo le lacrime in fonoteca davanti a Ivan Della Mea che canta o cara moglie, asciugate di nascosto, senza mai traballare, tentennare o far tremar le mani: guai rovinare le riprese. Anni e anni di documentazione, di ossessivo filmare tutto: gli oggetti, la vita. Dovremo, dovranno scartabellare per bene l’archivio audiovisivo del Comune, da domani, e troveranno chissà quali documenti, documentari, corto-medio-lungometraggi e la Storia di una città che intreccia le sue strade con le vene della storia di un uomo. Un uomo che non c’è più. Era il nostro piccolo Dziga Vertov. Come Dziga Vertov, per lo stesso male, se n’è andato. Ciao Beppe.

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