Tredicesima Puntata
Ho la mania dei libri. Davvero. Quel giuramento che ho fatto a gennaio (v. Prima Puntata) l'ho infranto già in febbraio. Son durato poco. Non posso farci niente. Ho la mania dei libri.
Ieri ero a Bologna. Giornata libera. Con tutto il sole che riesco a rubare. Dal 25 aprile ho liberato anche i piedi, solo sandali. Dopo piacevoli e private peripezie mi avvio lentamente verso la stazione dei treni. Ancora oggi non riesco a concepire il suono di quella strage. Mia nonna materna doveva raggiungerci vicino a Rovereto. All'ultimo momento mio nonno è riuscito ad accompagnarla in macchina. Dicono che hanno sentito il botto mentre erano in autostrada a Modena Sud.
C'è un piazzale alla fine di via Indipendenza che ospita una porta della città che però ricorda più un arco monumentale. Sembra il figlio di un notaio in un centro sociale occupato. Ma lui ci sta bene. Il color mattone misto ocra lo mimetizza col resto. Dietro, o davanti se venite dalla stazione, ha un parco indubbiamente "stupefacente". Davanti, o dietro se venite dal centro, ma a debita distanza, come per cautelarsi da un possibile collasso architettonico, c'è un largo e basso capannone bianco. Solido e lucido. Pieno di bancarelle di libri usati.
Sono fregato.
Mi avvicino rilassato con la scusa che tanto il treno ce l'ho tra mezz'ora. Avanzo in scioltezza. Butto l'occhio oltre gli occhiali da sole. Perlustro con piacere. Il guaio di essere un librofilo è che oltre ai tuoi tesori cominci a cercare anche i libri che potrebbero interessare ad altri. È bello regalare libri. Mi fa sentire come i gatti quando portano le loro prede in casa. Orgoglioso della mia indipendenza, con questo rito riconosco il legame di stima e affetto con chi riceve il dono.
I libri rari e notevoli in alto non li guardo neanche, il dolore di non poterli portare via sarebbe troppo forte. Specialmente su queste bancarelle ho l'impressione che se non li prendo io, non è che li piglia qualcun altro, magari, ho la convinzione assurda che i libri verranno gettati, buttati via, stracciati, portati al macero, forse anche bruciati. Quindi non li guardo nemmeno.
Abbasso lo sguardo sul mare dei tascabili. Le dita scorrono, palpano consistenze e grane, girano copertine e polveri, corrono sulle pagine con gli angoli ripiegati. In quelle pagine qualcuno ti ha indicato uno dei pezzi migliori del libro. Succede sempre. Poi sei sempre libero di valutare, almeno è questo quello che credi.
Qualcosa spunta. Un vecchio trombone situazionista diceva (voce nasale prego): "Gli spettatori non trovano quello che desiderano ma desiderano ciò che trovano". Uguale anche per me.
Dizionario del Mondo Subacqueo, a cura di Donatello Bellomo e Fabio Vitale, Varese, 1995, Sugarco edizioni.
Nella mia mente comincia lo stupore. Lo prendo su. Forse potrei trovarci qualcosa di utile per il feuilleton clorato che sto scrivendo. La Sugarco, lo dico per chi non è malsano come me, era la casa editrice che tra anni '80 e '90 pubblicava letteratura beat e americana "alternativa", da Jack London a Kerouac, Allen Ginsberg e Ferlinghetti, e l'opera omnia di Sir William CUT UP Burroughs (ora in ristampa per Adelphi). Scoprire che intanto cercavano di sfondare nell'affollato ma redditizio settore dei dizionari è un poco straniante. Vado alla quarta di copertina. Con orientamento centrale e carattere corsivo leggo: Il Sapere di oggi e di sempre in forma agile ed essenziale. Materia per Materia. Dall'A alla Z.
La curiosità mi picchietta le dita sul cranio. Sfoglio le ultime pagine in cerca degli altri titoli della collana. Una paginetta praticamente vuota: il terzo titolo, del Mondo Subacqueo, quello che ho in mano, è anche l'ultimo. Il primo è Dizionario dei papi, il secondo è Dizionario del nazismo.
La confusione accelera di colpo. Invade tutto.
Poi prendo il portafoglio e pago sorridendo.
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