domenica 28 marzo 2010

Pensieri in apnea: favoletta subacquea

Undicesima puntata


Renato Pavirelli si chiamava così perché appena uscito era subito scomparso dalla sala parto. Dopo ore di ricerche febbrili venne ritrovato in un campo di cavoli. Era stato portato lì da una suora che voleva convincere i suoi giovani ed impertinenti catecumeni sull'origine della specie.

A parte quest'episodio, l'infanzia, l'adolescenza e la giovinezza di Renato furono, come si dice, nella norma. Come tutti odiava i clown, adorava le bigbabol alla cocacola, tifava per l'albinoleffe e usava i righelli come spade. La sua prima parola fu "lampione" e il suo primo pianto di dolore fu per un barboncino di marzapane e cioccolato che non voleva mangiare, perché altrimenti l'avrebbe ucciso. Adorava le birre rosse corrette col gin e con l'andare del tempo aveva assunto la forma dei tanti boccali bavaresi che collezionava.

A 37 anni Renato era quindi felicemente separato, senza figli, lontano dalla famiglia e dagli amici di paese. Alcuni riterrebbero questa situazione sufficiente per un malinconico e solitario suicidio, ma Renato no. Credeva in una corresponsione limpida tra la propria indole bonaria e quella divina. La stessa intima convinzione nutriva il suo unico ed innocuo vezzo: l'esibizione timida ma sincera di una centoventisette verde oliva del 1973, ereditata da uno zio bracconiere.

Ma Renato custodiva un segreto e lo custodiva così bene da esserne all'oscuro egli stesso. Fin dall'età di sette anni Mamma e Papà Pavirelli spedirono Renato a seguire tutti i corsi di nuoto possibili, costringendolo a qualificarsi in tutte le categorie immaginabili, da stella marina a caimano, da delfino a serpente degli abissi. La speranza dei coniugi Pavirelli era di ingannare il corredo genetico bottiforme trasmesso al figlio grazie alla tecnica e allo sforzo umano ma la Natura non si lasciava buggerare così facilmente e reagiva di rappresaglia attraverso il metabolismo, colpendo inesorabilmente le piccole golosità del ragazzino: ogni gianduiotto equivaleva a una scatola da 29 , il gelato estivo diventava una torta nuziale a tre strati, l'uovo di Pasqua la sagra milka del brufolo...ma non era questo il segreto, il suo segreto era che nelle sue inconsapevoli nuotate mattutine, con la piscina deserta e in pieno risveglio del mondo, la sua diciannovesima vasca consecutiva a rana era perfetta, impeccabile; sempre, ogni volta. La torsione del collo, lo scivolo della schiena, il colpo a martello dei talloni, il movimento circolare e un po' parrocchiale delle mani, persino l'espressione stupita sul pelo dell'acqua e da tortellino ripieno sotto, tutto in lui era stilisticamente incantevole, da manuale di nuoto, da danza marina, se mai qualcuno si fosse fermato a osservarlo; ma niente, nessuno l'aveva mai notato e questa sublime sequenza, questo climax, questa vetta artistica rimase a lungo sconosciuta ai più e al fautore stesso.

Finché un giorno accadde qualcosa d'inspiegabile. Come al solito Renato aveva concluso il suo turno notturno (era tornitore specializzato, talmente specializzato che la ditta lo prestava a mo' di campione a tutte le imprese d'Italia) e stava nuotando nella piscina municipale di Sermide (MN) quando, terminata la solita e impeccabile diciannovesima vasca consecutiva a rana, salta la luce. Tutto rimane buio per qualche secondo. Nessun segno di vita da fuori, niente pigro risveglio del mondo, niente vento, nessun rumore, solo lo sciabordio lento e prudente di Renato che guardandosi intorno raggiunge a tentoni il bordo vasca. Tre lampi, tre interruttori che scattano per poi saltare nuovamente e infine la piscina s'illumina di luci rosse d'emergenza, ma qualcosa è comparso nel buio. Immenso, veloce e mostruoso. Frastaglia l'acqua come un bambino pestifero sulla spiaggia, con diciassette lunghissime braccia. Un polipo gigante. Il tetto vetrato della struttura lo trattiene a stento ma lui non sembra intenzionato ad uscire e fuori il cielo è cupo, nero come nello spazio profondo. Renato rabbrividisce e nel suo stupore annota altre due follie: il polipo è un assemblaggio di una miriade infinita di braccioli gonfiabili e gonfiati fino al limite; uno dei tentacoli cinge quella che lui battezza lì per lì Sirena a rovescio, dal tronco in su trota, dal bacino in giù gambe femminee lunghissime. Renato contempla per la prima volta una depilazione alla brasiliana. Il verso atavico e stridente del polipo (ma che verso fa? - tipo quello dei mostri cattivi di godzilla, tipo pterodattilo, skreeeeek! - ah, ok) riporta Renato alla realtà, confusa e pericolosa, che sta vivendo. Intanto la sirena a rovescio inizia a a gridare, con voce roca e sensuale: "Aiutooooo! Salvamiiiii!!! " Sembra Valeria Golino. Renato, con agile scatto felino, rotola fuori dalla piscina, s'avvicina al carrello degli attrezzi e con precisione millimetrica scaglia tutte le tavolette (cinquantasette) che trova, recidendo il polipo in più punti e tramutandolo in un ammasso informe di aria e plastica. Le urla diventano rantoli. Renato impugna la pertica per principianti e la scaglia nel centro di ciò che resta. La sirena Golino è finalmente salva.

Si chiama Wanda e con Renato vive in questa piccola dimensione parallela abitata dai (pochi) appassionati di nuoto sincronizzato e numeri primi. Vi chiederete come faccio a sapere tutto questo. Me l'hanno raccontato loro, stamattina, dopo la mia vasca a dorso consecutiva preferita, la centosessantasettesima.

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