A me non piacevano le birre scure, nel novantadue. Non bevevo neanche la Coca Cola, figurati la birra, figurati quella scura. Adesso invece. Le cassette di mia madre stavano in una scatola di quelle da stivali che a sua volta stava sotto il lettone. Da lì pescavo a manate sul fondo, che magari le prime no che poi se ne accorgeva. Tiravo fuori Jackson Brown o Bob Dylan, doppiate ovviamente, e andavo sul sicuro che tanto se li sarà scordati, mette sempre Rimmel lei, queste qui son vecchie, si vede, non sa neanche più di averle. Le prendevo e me le mettevo nello zaino che poi le avrei date alla Mary il giorno dopo a scuola. La Mary ci sarebbe andata sopra col disco di quelli dell'uomo ragno, l'aveva comprato suo fratello e alla ricreazione cantavamo sempre.
"Mary, cos'è la mala?" "Boh, una roba dei fumetti" "Ah, già".
Quando i miei facevano le medie (e parliamo di due generazioni distinte) imparavano le poesie a memoria. Quando le ho fatte io, ma anche te forse, no. Nel novantadue non sapevo neanche una poesia a memoria. Sapevo qualche filastrocca, la vispa Teresa, le canzoni di Natale e basta. Mandavo a memoria solo Michael Jackson, ma con parole mie. Qualche canzone italiana, Agnese dolce Agnese color di cioccolata, Rimmel per forza, una o due da Sanremo forse. Mai un disco intero. Hanno ucciso l'uomo ragno è stato il primo disco intero mandato a memoria. Insieme a un altro. L'altro (quello finito su Bob Dylan) era Italyan, Rum Casusu Çikti degli Elio e le Storie Tese. Solo che Il vitello dai piedi di balsa alla Mary non piaceva. Piaceva a mio cugino, lo ascoltavamo pomeriggi interi e ci piaceva soprattutto perché c'erano le parolacce. Quindi gli Elio li tenevo nascosti, era una fruizione al limite della legalità. A casa con mia madre mettevo gli 883. Credo di aver pensato, se non per anni almeno per qualche mese, che gli Elio fossero goliardìa mentre Repetto e Pezzali verità.
Quando lasci le mutande in giro, s'inkazza, s'inkazza / quando il lesso non lo vuoi, s'inkazza, s'inkazza.
Gli 883 nel novantadue mi spiegavano i problemi dei ragazzi più grandi di me, problemi che avrei avuto anch'io, ne ero più che certa, già li nasavo all'orizzonte. Neanche la posta di Cioè avrebbe saputo fare di meglio. Le diecimila lire divennero un deca con loro; prima non le avrei mai chiamate così. Non c'era ai tempi, almeno in Italia, nessuno che scrivesse cose così reali, vere e immediatamente riscontrabili quanto loro. No, neanche Jovanotti, che i punti di riferimento di Jovanotti nel novantadue erano altri e foresti. Memorizzare e annuire era un attimo. Le "bonazze" non mi mettevano più in imbarazzo una volta svelate da Te la tiri; gli eredi degli yuppie anni ottanta diventavano automaticamente degli sfigati (6/1/Sfigato) e quelli della sala giochi piena di giochi i tuoi nuovi amici (Jolly Blue).
Facce pulite, modi simpatici-mai-spacconi e balletti divertenti (grazie Repetto): nessuna dannazione, esaltazione o robe da universi paralleli. Azzerate le distanze, gli 883 erano i tuoi fratelli maggiori, parlavano la tua lingua (no, non il dialetto che non lo parli neanche tu), sembravano abitare nella tua via. Ecco. Quello che penso sia stato il loro punto di forza fu proprio questo loro porre le basi di un neoprovincialismo da bar, simile a quello che piace tanto ai fan di Ligabue, solo che Ligabue per evocarlo ha bisogno, appunto, di uscire, di far della via Emilia il West, di sbatterti in faccia ogni due per tre i suoi riferimenti musicali, di Neil Young. Pezzali e Repetto no. Vi siete mai chiesti cosa ascoltassero gli 883? Quali fossero le loro fonti di ispirazione a livello musicale? No. E perché? Perché non ce ne può fregar di meno. Genuinità? Probabilmente sì. E allora tanto di cappello, perché la formula, nel novantadue, era perfetta. Anzi, quasi: il culmine l'avrebbero raggiunto, filosoficamente parlando, un anno più tardi con quel capolavoro che è Rotta per casa di dio:
Basta uscire più di dieci chilometri, che noi stronzi ci perdiamo.
Ancora tutto vero.
Io nel 92 avevo 13 anni.
RispondiEliminaC'era il Festivalbar nella mia città e l'hotel che ospitava gli artisti era nel mio quartiere. Con le mie amiche ci appostavamo fuori in attesa che uscisse qualcuno. Ricordo foto con Fiorello quando aveva il codino, con Jovanotti quando aveva il cappellino, con la Panicucci quando aveva la criniera e con gli Ace of Base e tanti tanti tantissimi altri.
Mi ricorda anche di Mauro Repetto che chiese alla mia amica a suo fratello e a me di accompagnarlo in giro per il quartiere a fare acquisti perchè non amava troppo la cucina dell'hotel. Mi ricordo della sua timidezza. Mi ricordo che gli dicemmo che "Come mai" era la canzone italiana più bella che avessimo mai sentito. Che avrebbe dovuto vincere il Festivalbar quell'anno. E mi ricordo che ero piccola, avevo la camicia a quadretti bianchi e azzurri allacciata sotto il "seno" come quelle che portavano le ragazze di Non è la Rai, i 501 tutti sdruciti e le Converse bianche a amavo I Beatles e gli Stones e amavo Madonna e Bowie e amavo pure gli 883.
Vasco Rossi invece non l'ho amato mai mai.
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RispondiEliminaOddìo, io imparavo a memoria Le nozze di Figaro. Sono decisamente troppo Harmony.
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