martedì 18 settembre 2012

In Russia c'è da morir dal ridere (4)

Io, una cosa che forse non sapete, o forse la sapete, ma la ridico lo stesso, una passione che ho da quando ero bimbetto è quella di fotografare le targhe, le tombe e le statue. Avevo iniziato con la pellicola, poi sono arrivate le macchinette digitali e mi ero aperto un flickr, poi flickr voleva dei soldi e allora, adesso, dopo una pausa, continuo e coltivo questa mia bella passione su pinterest. Chiamiamola plate-watching. Ché, davvero, fotografando una lapide su un muro o una tomba in un cimitero o una statua dov'è la statua, quel che sento è di entrare in contatto col flusso della Storia, e le morte stagioni, e la perduta gente. Ma è un problema mio.

Comunque, ci sono alcune lapidi di cui vado particolarmente fiero, che poi son quelle che magari la gente che ci vive di fianco non si è mai neanche fermata per leggerle, come il monumento ai caduti della Grande Guerra a Recanati, o la targa che dice che l'inno polacco l'hanno inventato in piazza a Reggio Emilia, o quella di Ravenna dove si legge che Leopardi è stato lì un paio di settimane, penso in vacanza, a trovare un suo amico. Di solito, quando sono in giro, non me ne scappa neanche una. Finché non siamo andati in Russia. Ché là...
...l'amore russo per le targhe e i monumenti è così esagerato che pare che l'amministrazione di Mosca in passato abbia emesso un'ordinanza che vieta di piazzarle arbitrariamente come viene viene; e infatti tendono a metterle anche nelle città italiane, con grande lavorìo burocratico e raccolta di soldi. Credo che la comunità russa di Bologna volesse mettere una bella targa a Venezia per Brodskij, ma pare che la vedova abbia detto di non essere affatto certa che lui l'avrebbe gradita...
... mi ha detto un giorno la dottoressa mirumir – che tra l'altro ringrazio molto perché mi ha aiutato con le traduzioni delle lapidi, oltre che con i biglietti del treno Mosca-Volgograd che avevo comprato prima di partire e quindi, insomma, se ci dovessimo incontrare, io e la dottoressa mirumir, che non ci siamo mai visti in vita nostra, ma se ci dovessimo incontrare, la prima cosa che faccio sarà di offrirle delle gran vodke. Ed è proprio vero: i russi sono degli esagerati quando si tratta di posare delle targhe, delle lapidi e delle statue appena si libera un buco in una parete o in uno spartitraffico o in un parco pubblico – ma ce ne sono anche nei giardini privati, giuro.

Non han mica tanto timore di passare per ridicoli, i russi, a mettere, per esempio, su un muro, il naso del maggiore Kovalev, e a metterlo a un'altezza tale che per vederlo devi stare, come dire, col naso all'insù. Oppure sulla prospettiva Nevskij, in una casa che ha una stanza in cui il 13 aprile 1917 Lenin era a una riunione dell'organizzazione militare del comitato di Petrogrado e dei membri del Comitato Centrale del Partito Operaio Socialdemocratico Russo, e teneva un discorso sui metodi di propaganda tra i soldati? Bon, i russi ci mettono una targa. Durante il bombardamento di Leningrado, sempre sulla Prospettiva Nevskij, uno che abitava lì ha scritto con la vernice, su una colonna, "Cittadini! Durante i tiri di artiglieria questo lato della strada è il più pericoloso"? Bon, i russi ci mettono una targa e dei fiori. A Stalingrado non c'era rimasto più niente, a parte delle macerie e delle torrette di carro armato buttate lì? Bon, i russi tirano su le torrette e ci mettono sotto dei piedistallo di granito – ce ne sono un bel po', girando per Volgograd. Dostoevskij ha cambiato venti appartamenti in ventisei anni di residenza a Pietroburgo, giocandoseli d'azzardo? Bon, i russi han già venti targhe pronte da piazzare e, anzi, ventuno, ché una l'han messa anche sulla casa di Raskolnikov, e adesso van tutti a visitarla da fuori, e si vede che qualcuno prova anche a entrare dal portone, tanto che quelli che vivono lì ci han messo un cartello, "KEEP OUT", che è uno dei due o tre cartelli in inglese che ho visto in Russia. E un giorno anche quel cartello lì potrebbero rifarlo di marmo, secondo me son capaci, i russi.

Ma la lapide più bella, bellissima, meravigliosa, che ho portato a casa nella macchina fotografica è una scritta gigantesca che si trova a Mamaev Kurgan, il monumento gigantesco che c'è a Volgograd, quello con la statua umanoide più alta del mondo (al netto del piedistallo e buddah cinesi esclusi, che quelli, è comodo, son solo dei parallelepipedi con la testa), e la scritta gigantesca dice: "Un vento di ferro li colpiva in pieno viso ma continuarono ad avanzare, e ancora una volta il nemico fu assalito da una paura superstiziosa: erano umani coloro che li attaccavano? Erano mortali?". Che non sai bene se commuoverti o grattarti la testa, quando ci sei davanti. Sta in mezzo a delle statue che subito ti verrebbe da pensare che siano davvero incredibilmente brutte, e invece è ancora come dice la dottoressa mirumir:
È un po' l'Est socialista, già a due passi da casa mia comincia la folle terra delle targhe e dei monumenti, per esempio la strada di ingresso a Nova Gorica è un vialone pensato per una megalopoli e fiancheggiato da busti di sconosciuti di volta in volta celebrati come "scrittore, poeta, alpinista", "glottologo, biologo, eroe del socialismo", "poeta, alpinista, pubblicista" e così via, da cui si ricava che questi scalavano e componevano come pazzi. È molto bello, cioè esteticamente molto brutto come tutti questi posti, ma molto bello.

1 commento:

  1. a Calci (in provincia di Pisa) c'è il monumento ai caduti che dice "CALCI AI CADUTI" che secondo me non è carino, e anche inutile

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