Serendipità. Se vi capitasse, come a me è capitato, di ricevere in dono i due volumi dello IUPI (Incipitario Unificato della Poesia Italiana, 1988), fra i tanti possibili impieghi dello strumento, potreste anche divertirvi a comporre delle poesie aleatorie. La ricetta è semplice e ben nota: aprire a caso i volumi, annotare di seguito gli incipit che per primi saltano all’occhio e il gioco è fatto.
Forse non si tratterà di versi rivelatori, come quelli che Petrarca lesse sulla cima del Monte Ventoso il ventisei aprile del milletrecentoquarantasei, aprendo a caso le Confessioni di Sant’Agostino: ‘E gli uomini vanno ad ammirare le vette dei monti e gli enormi flutti del mare e le vaste correnti dei fiumi e l’immensità dell’oceano e la rotazione degli astri, e trascurano se stessi’.
A voi, comunque, il compito di valutare l’utilità e la sensatezza dell’esercizio. Ecco la poesia di Cosimo, composta in perfetta serendipità. Comincia con l’elogio funebre di un eroe a quattro zampe, un martire della Francia, un novello cavaliere, morente sulla riva di un ruscelletto. Poi prende la parola il poeta stesso, un certo Gherardo (coincidenza: lo stesso nome del fratello di Petrarca!) che si lamenta perché la sua musa, Venere, lo fa lavorare anche di lunedì. Lei risponde, un po’ piccata (lo chiama ‘uccell spennato’), esortando il suo protetto a farsi una bella bevuta, finché lui, ringalluzzito dal vino, non ritrova l’ispirazione e attacca con una nuova canzone d’amore.
«'Gaudete, o juvenes venustiores,
Del grande eroe cui tanto è Ciel secondo:
Desponese lo cane a lo morire,
Presso d’un ruscelletto.
Tu sembri il Lancillotto ed il Tristano!
Che Francia vinca che ridonda a te
Lassù nell’alto Regno!'
Oggi è lunedì, come tu sai,
Qui Vener bella la mia cetra appendo»
Ond’ella mi rispose:
«Uccell spennato che prender me vuoi,
Nel vin la verità pose il profeta».
Mentre Gherardo, al suon di dolce lira:
«'Se baciarmi non volete…'»
Forse non si tratterà di versi rivelatori, come quelli che Petrarca lesse sulla cima del Monte Ventoso il ventisei aprile del milletrecentoquarantasei, aprendo a caso le Confessioni di Sant’Agostino: ‘E gli uomini vanno ad ammirare le vette dei monti e gli enormi flutti del mare e le vaste correnti dei fiumi e l’immensità dell’oceano e la rotazione degli astri, e trascurano se stessi’.
A voi, comunque, il compito di valutare l’utilità e la sensatezza dell’esercizio. Ecco la poesia di Cosimo, composta in perfetta serendipità. Comincia con l’elogio funebre di un eroe a quattro zampe, un martire della Francia, un novello cavaliere, morente sulla riva di un ruscelletto. Poi prende la parola il poeta stesso, un certo Gherardo (coincidenza: lo stesso nome del fratello di Petrarca!) che si lamenta perché la sua musa, Venere, lo fa lavorare anche di lunedì. Lei risponde, un po’ piccata (lo chiama ‘uccell spennato’), esortando il suo protetto a farsi una bella bevuta, finché lui, ringalluzzito dal vino, non ritrova l’ispirazione e attacca con una nuova canzone d’amore.
«'Gaudete, o juvenes venustiores,
Del grande eroe cui tanto è Ciel secondo:
Desponese lo cane a lo morire,
Presso d’un ruscelletto.
Tu sembri il Lancillotto ed il Tristano!
Che Francia vinca che ridonda a te
Lassù nell’alto Regno!'
Oggi è lunedì, come tu sai,
Qui Vener bella la mia cetra appendo»
Ond’ella mi rispose:
«Uccell spennato che prender me vuoi,
Nel vin la verità pose il profeta».
Mentre Gherardo, al suon di dolce lira:
«'Se baciarmi non volete…'»
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