giovedì 25 febbraio 2010

Schegge di Liberazione: e di legno del forcone

Mio bisnonno aveva un nome bellissimo, si chiamava Archimede. Non l’ho mai conosciuto, ma si dice che fosse l’uomo più forte del paese. Ma non forte tipo quelli che vincono a braccio di ferro, no. Lui, mi han detto, una volta ha fermato un toro per le corna e l’ha picchiato. Poi tutte le volte che Archimede gli si avvicinava, il toro s’inginocchiava. Mi han detto proprio così: s’inginocchiava, era quasi un’attrazione. Forse un altro giorno la racconto, questa storia del toro. Adesso non c’entra.

Mio nonno, il figlio di Archimede, era un disertore. Un giorno era vestito da soldato in un camion di soldati e ha pensato bene di dare un gran pugno sui denti all’autista e di tornare a casa. Solo che, una volta tornato, han dovuto nasconderlo per un bel po’ di tempo, ché lo cercavano, i fascisti e i tedeschi, lo cercavano per metterlo al muro. Archimede ha pensato di nascondere mio nonno, suo figlio, in una concimaia. Ha fabbricato una casetta di qualche metro quadro in legno e l’ha infilata sotto il letame. Mio nonno è stato lì per nove mesi, nella casetta di legno sotto il letame, col mitra puntato verso l’apertura, che all’occorrenza si chiudeva con dell’altro letame, e uscendo solo di notte per fumare una sigaretta e per sgranchire le gambe. Un giorno, però, due tedeschi han bussato alla porta di casa.

Mio bisnonno, Archimede, è uscito e gli ha detto Be’, cosa c’è? Loro volevano fare un giro in casa. Secondo loro mio nonno, il disertore, si nascondeva lì, ma non l’hanno trovato. Allora hanno detto che volevano fare un giro intorno alla casa e Archimede, senza fare una piega, gli dice Va bene, andiamo, aspetta che prendo il forcone che intanto devo rivoltare il fieno. Loro han detto Faccia pure ma si sbrighi. E son partiti alla ricerca del disertore, i tedeschi, e Archimede li accompagnava col forcone, perché doveva andare a rivoltare il fieno.

Mio nonno racconta che ha sentito gli stivali che si avvicinavano alla casetta di legno sotto il letame. Dice che sentiva parlottare e stava col mitra puntato sull’apertura, che era stata chiusa con dell'altro letame. Stava lì trattenendo il respiro e sentiva sempre gli stivali che camminavano intorno alla concimaia e il sudore che scendeva sul viso, il cuore a mille, il dito sul grilletto, e se avessero solo aperto un po’ la porta della casetta di legno lui sparava e come andava andava. Sentiva i passi, gli stivali, poi uno scricchiolio come del legno che si spacca. Una gran paura.

Fuori dalla concimaia c’erano i due tedeschi che giravano intorno alla casa. Quando si sono avvicinati al letame mio bisnonno, Archimede, ha fatto un respiro grandissimo e ha cominciato a stringere il forcone per il manico. Stava fermo, sembrava tranquillo, a vederlo, i due tedeschi non erano mica preoccupati di lui, avevano i mitra, loro. Archimede era impassibile, anzi sembrava anche un po’ scocciato per aver perso del tempo. Però se gli guardavi il braccio c’erano delle vene grosse come dei tubi di ferro che lo attraversavano. E la mano che stringeva il forcone stava spaccando il manico di legno, lo faceva scricchiolare.

Poi niente, i due crucchi si son convinti che lì non c’era nessun disertore e sono andati via. Mio bisnonno ha rimesso il forcone dove l’aveva preso ed è tornato in casa a bere un bicchier d’acqua, aspettando la sera per andare a fumare una sigaretta con suo figlio, mio nonno, il disertore.

Mi han detto che il giorno dopo, quando davvero Archimede doveva andare a voltare il fieno, il forcone s’è poi spaccato proprio nel punto in cui l’aveva stretto il giorno prima. Ne hanno dovuto comprare uno nuovo, che c’erano pochi soldi anche per un forcone nuovo, a quei tempi. Ma un forcone intero devi sempre avercelo in casa. Metti che arrivano altri due tedeschi.

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