- Azael -
Commentare una poesia del MAESTRONE (che saluto con caloroso e virile abbraccio e rimando a solenne magnata di arrosticini aprutini) è troppo per me che sono scribacchino, e mi vergogno anche un po' a pensare di far commentare una mia poesiolla a lui. Perciò parafrasi e commento non riesco, ti lascio invece una nota a margine che avevo preparato l'anno scorso, quando mi è capitato di leggere una sua poesia a Torino.
La poesia è Grazie Martina che mi, una delle mie preferite e una delle più belle della letteratura mondiale degli ultimi seicentomila anni e porto due:
Grazie Martina che miLa nota è questa qui, per qualsiasi uso tu voglia farne, o solo come piccolo omaggio a Guido, a Martina e al suo moroso:
poi non è andato più avanti
ero in un treno per andare nella lontana Brianza
pieno zeppo di pendolari
studenti e lavoratori
maschi e femmine
erano le sei della sera
stavo in piedi
i pendolari dentro i treni delle sei della sera
hanno occhi spenti e guardano nel vuoto
non parlano
sembrano tristi
giuro su dio che sono tristi
e sono stanchi
pensano
ma non so cosa
lo immagino
ma non ve lo dirò
i treni dei pendolari delle sei della sera
sono stretti e scomodi
e c’è poco posto
è fatto apposta
io ero nel vano
non so come si chiama
lo chiamo vano
appiccicata al muro
i treni hanno muri?
no, pareti
appiccicata alla parete c’era una cartina con tutte le linee
del Servizio Ferroviario Regionale – Regione Lombardia
e in mezzo alla cartina qualcuno aveva scritto:
“Grazie Martina che mi”
nel treno della tristezza
che porta i pendolari e le pendolaresse
dalla metropoli
ai paesi
stracchi, l’umore sotto al culo
qualcuno ha scritto grazie a Martina che gli
che l’ha
che lo
non so
t’immagino bella Martina
tutta ricciolina
e il tuo innamorato
di cui non sappiamo nulla
non è riuscito
a dirci
che l’hai?
che gli?
che lo?
cos’è successo?
l’hanno arrestato forse nell’atto?
la polizia ferroviaria l’ha colto col pennarello in mano?
dov’è finito, Martina?
l’hanno rinchiuso nelle segrete di qualche carcere brianzolo
e lo stanno torturando per sapere perché ti ringraziava?
e di cosa?
che gli hai fatto Martina?
Martina che gli hai dato?
che gli hai detto?
non ve lo dirà mai
e voi manco lo capireste
o forse è tutto più semplice
meno avventuroso
forse mi son fatto trasportare dalla fantasia
per ammazzare il tedio
forse Martina
il tuo moroso
non ha trovato le parole
e basta
e alla fin fin fine
in quel vuoto
ci sta un sacco di bella roba
In quel vuoto ci sta un sacco di bella roba. C’è Martina che era scesa dal treno, qualche stazione prima, e il suo moroso ha aspettato che scendesse, perché si vergognava di scriverle a spatascio. C’è il moroso che la ringraziava, ma per quella cosa lì, quella che per Martina era una sciocchezza e che invece per lui no, e allora ha lasciato perdere di scriverla, a metà. C’è Martina che l’ha, quando lui ormai non ci sperava più e allora lui s’è messo lì, a ringraziarla, come un di più. E sì che invece non è una roba da dover dare dei ringraziamenti, c’è gente che la, che lo, tutti i giorni, in ogni tristissimo regionale Trenitalia, e nessuno dà dei premi, o delle pacche sulle spalle, per questo. C’è il suo moroso che, dopo aver rimesso nella tasca del giubbino il pennarello, ha riletto per qualche secondo quella cosa, lì come uno taglio sul tabellone, e ha pensato va là che testa di cazzo, innamorarsi in movimento. C’è Martina che la mattina dopo è risalita a Chivasso e ha letto quella roba e ha pensato chissà per chi è, e che vuol dire, e poi e passata oltre. C’è il suo moroso, che moroso non è mai stato, che ogni tanto ripensa a tutte le scritte lasciate in quello e in altri treni, grazie Martina che mi, ti prego Martina dimmi che, va bene Martina ma non, fanculo Martina però. C’è Martina che in fin dei conti è un treno pure lei, e tutt’intorno ha pareti, non ha muri, né alberi infiniti, e le pareti si muovono veloci, si appoggiano per 3 minuti alle stazioni e la gente ci appiccica due sguardi sconsolati di trasbordo. Ci sono i pendolari che ancora guardano nel vuoto e per la tristezza spaventosa di aver sbagliato vuoto hanno scambiato gli occhi con dei tappi zigrinati di acqua minerale. Ci sono quei due seduti di fronte che quel vuoto l’hanno arredato e a loro, santi e papi di un’altra chiesa, sta bene così. C’è lui che il resto l’ha scritto su un foglietto e l’ha buttato vicino alla tazza del cesso, e chi l’ha raccolto ancora si chiede dov’è-com’è che è esplosa tutta quella baraonda di antigienica felicità, e perché. C’è Martina che il finale ce l’ha messo a baci piccoli e a occhi di contentezza, come le poesie che finiscono col trucco. C’è Martina che invece non ne sa niente, e lui che avrebbe voluto dirglielo per bene, con un deragliamento nucleare di vagoni, ma se la frase la finisci poi dopo è solo letteratura. E la letteratura è per il dopo, quando il treno arriva da qualche parte in Brianza e il concerto dei nervi del corpo, come per pudore, smette di.
ciao belli
Massimo
- Guido Catalano -
ciao amici
leggo il tutto orora e la cosa mi sembra una bella idea senonchè il tempo mi è nemico.
e intanto, massimo, ti ringrazio per la nota che più che una nota è un bel pezzo che mi piace assai e assai amerei di mangiare gli arrosticini con te e magari battere il mio record passato che era tipo di 45 circa arrosticini e dunque il tempo stringe e son giorni di fuoco con tutto che io quando c'è 'sto minchia di giorno della poesia io mi sento un poco come quelle donne che dicono: echeccazzo è 'sto giorno della donna siamo mica una specie protetta! e tutti gli altri 364 giorni?
io queste feste tipo giorno della donna, giorno della poesia mondiale, giorno dell'arrosticino non ci credo molto.
gli arrosticini andrebbero mangiati tutti i giorni.
anche più volte al giorno.
la poesia andrebbe festeggiata tutti i giorni e così le femmine.
e poi io odio i poeti, esclusi i presenti, me incluso.
vi bacio tutti e vado a bermi il tè bancha che mi fa pisciare tantissimo.
g
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