- Quel friccicorino in cabina... (mentre i commensali si disponevano in sala)
- Una selezione più o meno casuale di biografie essenziali (insieme a un antipasto di sapori del bosco, funghi, lamponi e melograno su un crostino di pane lievemente abbrustolito)
- Venticinque e Ci sono delle persone sfortunate al mondo da Cronache di una sorte annunciata (sopra un signor piatto di spaghetti alla chitarra con un tuorlo a crudo ben piazzato al centro)
- Virginia che non si muove dalle Schegge di Liberazione del 2011 (lasciando le forchette degli astanti a mezz'aria con delle costine ricoperte di pancetta ferme davanti alle bocche attonite)
- Aspettare la morte stanca da E far l'amore anche se il mondo muore (e la torta)
- La serie completa dei trucchi della borghesia (caffè)
- Luoghi comuni da Pensieri in apnea (gran finale ammazzacaffè)
Ravi Shankar, quand'era a Monterey, nel '67, o forse era a Woodstock, nel '69, è salito sul palco, ha preso il suo sitar e senza dir niente ha cominciato:«... oh, è tutto vero. Io c'ero.»
pliuiuauauuuuaaauuuuaaaiiiii, sdreeeeeeeiiiiaaiiiiiiuuuuuuuuuuuiaiuuu, gnioiooooiiiiiiiiiiiooooogniii,
e così via per dieci minuti buoni, un quarto d'ora, che la folla è andata nei matti e tutti applaudivano e gli gridavano bravo. Lui ha alzato gli occhi e ha pensato mah. Stava solo accordando.
Sono grosse, grosse soddisfazioni.
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