Recentemente ho letto che un giorno della fine degli anni sessanta, o dell'inizio dei settanta, Patti Smith, squattrinatissima, era in un ristorante automatico, di quelli che metti dentro le monetine in una macchinetta e ti esce il panino o il piatto di pasta o la coscia di pollo, insomma, quello che vuoi tra quello che c'è, dipende dal bottone che premi. Lei, Patti, era lì che metteva i soliti settantacinque cents per il solito panino, schiaccia il bottone e niente, non viene fuori alcun panino. Si incazza, allora, giustamente, Patti, che mangiava una volta al giorno se andava bene, in quel periodo lì. Si incazza ma, guardando bene la macchinetta, vede che il prezzo è aumentato: ottantacinque cents.
Diobono, pensa Patti, non ce li ho mica ottantacinque cents. Come faccio?
Da dietro si sente picchiettare sulla spalla, Patti si gira e vede Allen Ginsberg, e lei lo sapeva bene chi fosse Allen Ginsberg perché era una fan sfegatata di qualsiasi poeta vivente, soprattutto di quelli beat. Oppalà, Allen Ginsberg, salve, dice Patti. Lui la fissa, le fa Ciao e mette i dieci cents mancanti nella macchinetta: et Voilà, un panino per Patti Smith.
Grazie, dice Patti a Ginsberg. Prego, dice Ginsberg a Patti. E vanno a mangiarsi un panino per uno, al tavolo, insieme.
Dopo un quarto d'ora che son lì che parlano di Rimbaud e Majakovskij, di colpo Ginsberg guarda bene Patti negli occhi. Scusa, le dice, scusa davvero. Perché scusa?, chiede lei. Eh, risponde Ginsberg, niente, pensavo che fossi un bel ragazzo, invece sei una ragazza, ma niente, dai, parliamo di Rimbaud.
E così son diventati amici.
___________
(questa storia è dentro a Just Kids, l'ultimo libro di Patti Smith che racconta anche di Robert Mapplethorpe. Me l'ha rimessa in testa l'elena, cioè osvaldo, che ha scritto un bel post su Howl, un film che, tra l'altro, non ho mica mai visto)
Una magnifica storia! Mi sento quasi di amarli, quei due.
RispondiElimina