“Allora, McDermott, che cosa c’è che non va?” Faccio una smorfia. “Lunga coda allo Stairmaster, stamattina?”
“Chi l’ha detto che qualcosa non va?” domanda lui, tirando su col naso, mentre volta le pagine del Financial Times.
“Senti,” gli dico, protendendomi, “ti ho già chiesto scusa, per aver denigrato la pizza del Pastels, l’altra sera.”
“Chi l’ha detto che era per questo?” mi chiede, in modo alquanto teso.
“Credevo che la cosa si fosse già chiarita,” bisbiglio, agguantando il bracciolo della poltroncina; e intanto sorrido a Thompson di fronte. “Mi spiace di aver insultato le pizze del Pastels. Sei soddisfatto?”
“Chi l’ha detto che si trattava di questo?” torna a domandare lui.
“E allora che c’è, McDermott?” gli chiedo, sottovoce. Avverto un movimento alle mie spalle. Conto fino a tre, poi mi giro di scatto e colgo Luis Carruthers mentre cerca di sporgersi per origliare. Sa di essere stato colto in fallo e lentamente si ritrae, con aria colpevole.
“Ciò è ridicolo,” dico a McDermott, a bassa voce. “Non puoi tenermi il muso per giorni e giorni perché ho detto che le pizze del Pastels sono… ‘crostose’.”
“Mal cotte,” dice lui, guardandomi in tralice. “Hai detto testualmente ‘mal cotte e bruciacchiate’.”
“Chiedo scusa,” dico. “Però non ritiro. Sono, effettivamente, bruciacchiate. Friabili. Le leggi anche tu, le recensioni gastronomiche sul Times, no?”
“Ecco qua.” Tira fuori di tasca un articolo fotocopiato e me lo porge. “Questo, per dimostrarti che ti sbagli. Leggilo!”
“Che cos’è?” chiedo, dispiegando il foglio.
“È un articolo del tuo idolo, Donald Trump,” dice McDermott, e sogghigna.
“Oh, sì…” dico, con apprensione. “Chissà perché mi era sfuggito.”
“Ecco…” McDermott dà una scorsa all’articolo e punta un dito accusatore sull’ultimo paragrafo, da lui evidenziato con inchiostro rosso. “Ecco, qui Donald Trump dice chiaro e tondo dove, secondo lui, si mangia la miglior pizza di Manhattan.”
“Lasciami leggere,” dico, sospirando. Lo scanso. “Magari hai capito male. Che schifo di foto!”
“Leggi da te, Bateman. Leggi e poi dimmi!”
Faccio finta di leggere quel fottuto articolo, ma sono talmente arrabbiato che la vista mi si è praticamente annebbiata. Restituisco il foglio a McDermott e, totalmente seccato, gli chiedo: “E con questo? Che significa? Che cosa stai cercando di dirmi, McDermott?”
“Che cosa ne pensi adesso, Bateman, della pizza del Pastels?” mi chiede lui, con sussiego.
“Insomma,” dico io, scegliendo con cura le parole. “Sarà bene che ci torni a riassaggiarla, quella pizza…” Pronuncio queste parole a denti stretti. “Insisto, però, nel dire che l’ultima volta che l’ho mangiata, la pizza era…”
“Mal cotta e bruciacchiata,” suggerisce McDermott.
“Appunto.” Mi stringo nelle spalle.
“Bruciacchiata e mal cotta.”
“Hmm, hmm!” McDermott sorride, trionfante. “Senti, se la pizza del Pastels va bene a Donny Trump…” prendo a dire. Mi scoccia ammetterlo. La mia voce è appena un soffio. Concludo: “… allora, va bene anche a me.”
McDermott ridacchia allegro. Ha vinto.
(Bret Easton Ellis, American Psycho; 1991)
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