Ciao Vannini (io sono abituato a chiamarlo Vannini), perché hai scritto Il tensore di Torperterra?
Ciao belli! Ho scritto il Tensore perché me l’ha chiesto Blonk, la casa editrice - a livello di meccanica della faccenda – perché io mica ci avevo mai pensato che potevo scrivere una roba lunga come un romanzo, né sapevo se ne sarei stato capace o meno. Come motivazione, c’è stato che m’han chiesto di scriverlo nel momento in cui avevo delle cose da dire e una storia che mi frullava nell’ampio spazio inutilizzato che ho in testa. Queste sono le motivazioni ufficiali, vi piacciono? Poi, la realtà – invece – è che l’ho scritto perché quelli che scrivono piacciono alle donne.
Dove, come e quando l'hai scritto?
L’ho scritto in cucina, ma state tranquilli: nella mia. Non è che – se ne scrivo un altro – rischiate di trovarmi nella vostra. Forse. Nel caso mi trovaste nella vostra cucina – di notte - a scrivere un libro, comunque, lo so che avreste tutte le ragioni per arrabbiarvi, però trattatemi comunque con gentilezza, per favore. Ho pensato il libro per un po’ e mi sono segnato date, personaggi e frasi che volevo entrassero nel Tensore su un cartellone che avevo sempre in vista. Intanto, leggevo e mi documentavo sull’ambientazione storica. Poi, per circa un mese e mezzo, ho scritto. Da mezzanotte alle tre di notte circa, tutte le notti del giugno e della prima metà di luglio di un paio di anni fa, dato che il lavoro che facevo all’epoca me lo permetteva e – soprattutto – che io son sempre stato una bestia parecchio notturna. L’ho scritto di getto, circa tre o quattro pagine a notte, mentre ogni tanto mi buttavo sotto il tavolo perché entravano delle falene enormi. Evidentemente, tra le bestie notturne, io non sono quella in cima alla catena alimentare. Delle volte mi buttavo all’indietro come i sommozzatori dal canotto e mi trovavo a rotolare in terrazzo, così mi fumavo una sigaretta e intanto guardavo le falene enormi con disapprovazione, muovendo la testa come a dire No e polemizzando “…è così, che rispetti la letteratura?!”. Non ha mai funzionato, anzi: delle volte mi pareva che le falene enormi volassero sullo sfondo del soffitto della cucina, a comporre la scritta Non te ne frega niente della letteratura, scrivi solo perché quelli che scrivono piacciono alle donne. Le falene, pure quelle enormi – OH! – saranno anche sceme dure con questa cosa di scambiare le luci artificiali per le stelle o la luna e di farsi friggere dai neon azzurrognoli appesi nei locali fighi che frequento io ma, per altre cose, si vede, che hanno dell’intuito.
È bello?
Sì, anche se l’ho scritto io.
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Emanuele Vannini, che alcuni conoscono come Van deer Gaz, ha un blog dove scrive e disegna (soprattutto scrive). Nella vita gli è capitato anche di scrivere delle cose per Barabba come quel racconto pazzesco che è Va là tugnino per le Schegge di Liberazione.
Il tensore di Torperterra fu il suo esordio letterario elettrico per l'editore Blonk nel lontano 2013, e Vannini l'avevamo già intervistato alla rovescia, all'epoca. Ma visto che, caso più unico che raro per un editore che fa principalmente ebook, Il tensore di Torperterra è stato in questi giorni stampato su carta, cellulosa e idrocarburi, abbiamo pensato bene di fargli altre tre domande.
Adesso che sono finite le feste e avete smesso di fare dei regali agli altri, fatevene uno col tensore di Torperterra, ultimo classico romagnolo di un grande scrittore vivente.
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