lunedì 1 agosto 2011

Gli antieroi: Carlo Lievore

A Vicenza mangiano i gatti. Non si sa se sia vero, ma in Veneto dicon tutti così. Non è che si sappia esattamente da dove parte questa nomea, diciamo che probabilmente risale a qualche carestia o periodo di magra. Probabilmente è falsa, ma, anche se fosse, certamente tempo addietro i vicentini non sono stati gli unici a mangiare i gatti. Oggi non penso proprio che mangino i gatti. Però quando al ristorante a Vicenza senti dire che hanno il coniglio con la polenta un dubbio ti viene, e magari alla fine ordini una cotoletta alla milanese, o il baccalà mantecato se proprio vuoi fare quello che assaggia il piatto tipico.

Carlo Lievore nasce a Carré, nel vicentino. Non sappiamo se c'entri qualcosa con il pan carré, ma non siamo mica a tavola. Lievore nasce nel 1937, quando le famiglie erano numerose. Carlo ha un fratello maggiore che si chiama Giovanni e che fa uno sport che è abbastanza particolare, almeno per noi. Non gioca mica a pallone, per dire: lui lancia il giavellotto. Non sappiamo se per cacciare i gatti nei periodi di magra. Carlo, con la classica spinta che i fratelli minori hanno nel voler imitare quelli maggiori, comincia anche lui a lanciare il giavellotto. È bravo, Carlo. Talmente bravo che nel 1954, a diciassette anni, comincia a gareggiare con la squadra della Lanerossi e poi passa alle Fiamme Oro di Padova, un paio di anni dopo. Perché Carlo Lievore migliora, e addirittura nel 1956, ché le Fiamme Oro sono una squadra seria un bel po’, fa il record italiano. Nel 1957 diventa campione italiano assoluto.

Insomma, diventa il miglior giavellottista che l'Italia abbia mai avuto. E nel 1960 a Roma ci saranno le olimpiadi. Proprio nel 1960 Lievore fa un salto di qualità mica da ridere. Inizia a ottenere risultati degni di un vero campione, sopra gli 80 metri. A Schio, praticamente in casa, arriva a lanciare 83,60, neanche 3 metri sotto il record del mondo. E alle olimpiadi manca appena un mese. Vuoi vedere che un "mangiagatti" ti diventa campione olimpico?

Agosto del 1960 vuol dire la seicento e le gite fuori porta, l'Italia che inizia realmente ad uscire dall'economia di sussistenza post bellica e che riscopre due gambe sulle quali correre veloce. Sono le gambe di Livio Berruti, vittorioso sui 200 metri. Le gambe di Carlo Lievore invece gli giocano un brutto scherzo, in quell'agosto. Una caviglia durante un allenamento comincia a fargli male e lo porta a Roma in condizioni fisiche proibitive. Carlo non si perde d'animo, alle Olimpiadi l'importante è partecipare, no? Eppure dobbiamo immaginarci quanto bruci arrivare soltanto nono, quando sai che ti saresti potuto giocare anche l'oro, che va al sovietico Tsybulenko con un grande lancio di 84,64.

L'anno dopo, durante una riunione di atletica all'arena civica di Milano, Carlo Lievore mette tutta la voglia di rivalsa nel braccio e scaglia il giavellotto lontano, lontano, lontano. Talmente lontano che il giavellotto finisce conficcato nella pista di atletica che circonda il campo. Così lontano non l’ha mai scagliato nessuno, a prima vista. Siamo nel 1960 e quindi non ci sono le misurazioni elettroniche. Bisogna fare la misurazione manuale stendendo una fettuccia e calcolando la distanza, ma prima deve finire il programma delle gare in pista.

Il giavellotto di Lievore resta lì. E aspetta. Aspetta che si corrano i 100 metri, i 200, tutte le altre gare.

Poi, in un questa atmosfera degna di una commedia dell'assurdo, si procede alla misurazione. 86 metri e settantaquattro centimetri. È il nuovo primato mondiale.

***

(Il record di Carlo Lievore resisterà mondiale fino al 1964 e primato italiano addirittura fino al 1983. Carlo Lievore non otterrà mai nessuna medaglia a livello continentale e intercontinentale, ma il suo contributo al giavellotto italiano continuerà come allenatore. Zahra Bani, italo somala per cinque volte campionessa italiana assoluta sarà scoperta e allenata proprio da lui. Carlo Lievore è morto nel 2002, stroncato da un male incurabile).

1 commento:

  1. Anonimo2:05 PM

    Ricordiamoci che il fratello Giovanni, tutt'ora vivente è il giavellottisata italiano tutt'ora miglior piazzato all'olimpiadi di tutti i tempi nel 1956 a Melburne, dove è giunto sesto.

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