sabato 28 dicembre 2013

Lamerica (1bis)

Se devo dire cos'è Lamerica, per come l'ho capita io in dieci giorni che sono stato là, è come girare l'angolo di una stradina silenziosa e deserta di Brooklyn, sbucare sulla 4th Avenue e vedere due nastri gialli che separano il marciapiede dalla strada dove sta passando la coda della Maratona di New York, sono le nove e qualcosa del mattino, ci sono due agenti di polizia al centro della carreggiata, due o tre disabili corrono sulle sedie a rotelle, il viso affaticato, le braccia che mulinano sulle ruote, la pettorina bianca mostrata con fierezza tra due ali di folla che incita, e di fronte, sull'altro angolo della strada, una band di cinquantenni, due chitarre, basso e batteria, sta suonando Take It Easy. Quello è il momento esatto in cui sorrido uno dei sorrisi più sinceri della mia vita, e gli occhi mi si bagnano d'imbarazzo. Faccio una foto, ma non la guardo nemmeno: non serve a niente.

(Per fortuna la mia morosa è più svelta e meno impressionabile di me, e ha tirato fuori la macchinetta fotografica per farci un video.)

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