Ho passato a Roma il ponte dei morti, un periodo di tensione palpabile tra romani e romeni. Sentendo i discorsi che regnavano nella maggior parte dei bar della capitale - sono un incallito frequentatore di locali diurni in ogni parte del mondo - credo di potermi ritenere graziato per non aver subito molestie, angherie e soprusi da rom, romani, romeni e rumeni.
Ho camminato incautamente nelle periferie della città, dove posteggiava il mio umile camperino a pochi metri da un campo nomadi - il parcheggio stesso, fino a poco tempo fa, era condiviso pacificamente tra campeggiatori e rom - e poi su mezzi di trasporto in degrado, dalla metropolitana di notte, all'autobus che porta all'estremo capo periferico della Casilina. Non mi è successo nulla, e dire che a vedermi alla luce dei lampioni sono un tipo abbastanza mingherlino e indifeso, a tratti timoroso e imbelle. Non mi è successo nulla! E nemmeno alla mia dolce metà, ancor più indifesa del sottoscritto, né ai miei genitori che però rincasavano presto la sera. Incolumi tutti quanti. Che singolare fortuna!
In verità qualche attimo di spavento l'ho avuto. Ad esempio quei tre ratti giganteschi che mi hanno attraversato la strada in Vicolo della Spada d'Orlando, a cinquanta metri dal portone del Parlamento. Oppure nella piazza della Basilica di San Pietro, quando tutti quei tedeschi carichi di medaglie e gonfaloni si scambiavano un furtivo saluto romano in attesa di festeggiare il compleanno del signor Papa. Anche per le vie, la sera, ho incrociato troppi fascistelli troppo giovani per non cambiare strada vedendoli da lontano.
Però ora che ci penso, sono stato a Roma per il ponte dei morti e sono sopravvissuto. Che singolare fortuna!
[la vignetta è del buon Klaus Aughentaler aka Filo aka Filosofil, che in un anno di barabbate ancora non riesce a completare l'iscrizione a blogger]
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