giovedì 26 settembre 2013

Tema: IL MIO PRIMO CONCERTO. Svolgimento:

«Stasera andiamo a vedere un concerto,» mi aveva detto mio padre, una sera di più di vent’anni fa, verso la fine degli anni ’80. La frase non era neanche tanto strana, ma per me che avevo una decina d’anni ed ero venuto su in una casa dove non c’era neanche un libro e neanche un disco, e oltretutto le uniche persone che avevo visto suonare dal vivo erano quelle della banda del paese, quella frase era abbastanza insolita da farmi rimanere lì a bocca aperta a prendere le mosche che passavano. E le zanzare, dato che eravamo in estate.
«Suona il gruppo del fratello dei nostri vicini» aveva continuato mio padre, «c’hai presente Carletti, il vigile?» Avevo presente. Cioè, avevo presente Carletti, il vigile.

Quindi, appena venuta sera, con mia mamma e mio papà (mia sorella non mi ricordo, se era già nata era molto piccola, un anno o due al massimo) siamo andati a piedi per manina al Parco della Resistenza, che l’avevano appena finito di costruire e ci avevano messo una fontana con un arcobaleno di cemento, una pista di pattinaggio di cemento e una tribuna di cemento a forma di anfiteatro molto alta e molto pericolosa, dove di solito io, Gabriele e Lucio andavamo a provare a romperci l’osso del collo al pomeriggio. Il Parco della Resistenza non lo conosce quasi nessuno con quel nome lì, lo chiamano tutti La Taverna, per via della Taverna, un circolo ARCI che c'è lì dentro e dove i vecchi vanno a giocare a bocce, a briscola, a scala quaranta e a pinnacolo, e i giovani a comprare sottoprezzo dai fruttini alle birre medie, a seconda dell'età.

Quella sera, alla Taverna, c’era praticamente tutto il paese, mancavano solo quelli che erano al mare o in montagna, ma secondo me qualcuno era tornato a casa dalle ferie apposta, perché nel paese non succedeva mai niente da anni e una volta che c'era qualcosa non ci si poteva permettere di rimanere indietro. Noi, come d’abitudine consolidata della famiglia Manicardi in rapporto agli eventi mondani, siamo andati là che ci si vedeva ancora, quindi eravamo riusciti a prendere i posti centrali sulla tribuna-anfiteatro di cemento, mentre delle persone sulla pista di pattinaggio di cemento lì davanti stavano trafficando con gli strumenti musicali e soprattutto con dei cavi e dei microfoni. Ogni tanto dicevano «Un-due-tre-sa-sa.» (Quasi trent’anni e centomila concerti dopo non ho ancora ben capito perché si dice «sa-sa»).

All’imbrunire, l’anfiteatro di cemento è pieno da scoppiare, dalle casse esce una musica che non mi ricordo, gli strumenti e i cavi sono tutti posizionati immobili sul palco, molta gente non trova posto per sedersi e comincia ad affollare il bordo della pista di pattinaggio di cemento. Fa un caldo birichino e chiedo a mia mamma se posso andare alla Taverna a comprare un ghiacciolo. Lei tira fuori cinquecento lire e mi dice di prenderne anche uno al limone per lei e uno alla menta per mio padre.
Prendo i soldi e scappo.

Dieci minuti dopo, esco dalla Taverna con un ghiacciolo all’amarena già scartato, mezzo in mano e mezzo in bocca, e due ghiaccioli incartati nell’altra mano. Voglio fare presto a portarli ai miei perché c’è caldissimo e ho paura che si sciolgano. Mi faccio strada tra la gente e, per caso, quando passo di fianco al bagno degli uomini prendo contro a un signore molto alto, con degli occhialini tondi e una barba bianca molto lunga, che mi fa cascare i ghiaccioli incartati che avevo in mano.
Mi chiede subito scusa. Mi aiuta a raccoglierli, poi, mentre io ho ancora mezzo in bocca il mio ghiacciolo all’amarena, mi dà una scompigliata ai capelli, sorride, saluta e va via.
Mi son chiesto se per caso non fosse Babbo Natale, anche se ero venuto su in una casa dove Babbo Natale non è mai esistito.

Poi l'ho visto che saliva sul palco. Ha cantato per due ore, ogni tanto parlava in dialetto, e io ho ascoltato tutto il concerto, il mio primo concerto, senza dire una parola.

Quel signore molto alto, con gli occhialini tondi e la barba bianca molto lunga, è morto pochi anni dopo.
Nell’ottobre del 1992 avevo tredici anni e ascoltavo già i Litfiba, i Nirvana, i Guns’n’Roses e soprattutto gli Iron Maiden. Ma ogni tanto, nella mia cameretta di via Salvador Allende a Novi di Modena, chiudendo la porta, col volume non troppo alto ché non sentissero i miei amici se per caso passavano a cercarmi, senza dir niente a nessuno, mettevo su qualche disco dei Nomadi. E cantavo.

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Questa cosa va a inserirsi nell'encomiabile progetto di raccolta di prime volte messo su dal vincitore dei MIA 2013 come miglior blog musicale. E questo è stato il mio primo concerto. Volente o nolente.

3 commenti:

  1. oh mamma nel 92 io ne avevo 17...

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    1. il '92 è l'anno della morte. il concerto a novi è della fine degli anni '80, avrò avuto 8 o 9 anni, credo.

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  2. il marinaio semplice12:31 PM

    Io non so quale è stato il mio primo perchè non ho mai chiesto ai miei genitori. Credo però gli avion travel. Il giorno dopo mi hanno portato a sentire Bregovic (con i matrimoni al seguito) e il giorno dopo ancora De Andrè. Sarebbe morto meno di sei mesi dopo. Sul palco era stanco eppure io ancora ricordo distintamente bene il pescatore. Dovrò sempre ringraziare la mia famiglia. Sempre. Quella tre giorni la porto ancora con me. Bella iniziativa. Perchè non anche: Il mio primo disco?

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