venerdì 28 giugno 2013

La traviante

«T'è piaciuta, veh?»
«Ma sì, non capivo niente. Io non è che la conosca tanto bene, l'opera.»
«Ah, invece a me è la mia preferita. Quando c'è la Violetta che dice Amami Fredo, a me mi si rivoltano le budella, mi vien la pelle d'oca.»
«Oh, beh, quel pezzo lì m'è piaciuto anche a me... che brava che è la cantante.»
«C'era solo che avevo mia moglie di fianco, che non capiva niente, e quando è partita Amami Fredo, ha cominciato a disturbarmi, voleva sapere cosa succedeva, me l'ha rovinata. La prossima volta la lascio a casa.»

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(Ieri sera a Carpi La traviata doveva essere in Piazzale Re Astolfo, solo che pioveva, allora l'hanno spostata al chiuso e, visto che il Teatro Comunale è ancora inagibile dal terremoto dell'anno scorso, siamo andati tutti al Circolo Graziosi, che è un "bar dei vecchi" con attaccata una sala molto grande. Questi due signori del dialogo qui sopra - parlavano in dialetto - quando sono arrivato erano lì che giocavano a scopa e bevevano dei bianchini, poi hanno deciso di andare a sentire l'opera e io mi son messo dietro di loro. Mia moglie l'avevo lasciata a casa.)

mercoledì 26 giugno 2013

Son fatto così (20)

Son fatto che, non lo so, se per caso mi capita di leggere qualcosa che ho scritto un po' di tempo fa, cioè ieri, o il mese scorso, o nel 2007, per dire, qualsiasi cosa, a parte l'orrore e il raccapriccio, a parte quello, se ci trovo un refuso, o una frase che non mi piace, o una virgola che faceva lo stesso, beh, mi viene sempre un nervoso, ma un nervoso, che subito clicco "modifica", sistemo velocemente e poi clicco "pubblica", e mi rileggo il post e mi compiaccio e penso bene, adesso, se uno lo legge, questo post di ieri, o del mese scorso, o del 2007, è sicuramente meglio di com'era prima. Sarò ben cretino? Son fatto così.

martedì 25 giugno 2013

L'(n+1)esimo libro della fantascienza: Loro sono leggenda

Nei giorni di cielo coperto Robert Neville non era mai sicuro del tramonto del sole e capitava che loro uscissero in strada prima del suo rientro.
Se fosse stato più analitico, avrebbe saputo prevedere il loro arrivo con una certa approssimazione; ma si ostinava a mantenere l'abitudine di tutta una vita di calcolare il calar delle tenebre guardando il cielo, un metodo che nelle giornate nuvolose non funzionava. Ecco perché in quelle occasioni non si allontanava mai troppo.

(Richard Matheson, incipit di Io sono leggenda, traduzione di Simona Fefè, Fanucci, 2003)
Il periodo dell'anno sul finire della primavera, fino al solstizio d'estate, è diventato molto triste per l'appassionato di fantascienza. In meno di un mese se ne sono andati, nell'ordine, Jack Vance (il 26 maggio), Iain Banks (il 9 giugno) e Richard Matheson (ieri sera). D'altra parte, un anno fa, nello stesso periodo, finiva la lunga vita di un essere gigantesco chiamato Ray Bradbury (5 giugno 2012).

A quelle leggende, e a tante altre, sarà dedicato L'(n+1)esimo libro della fantascienza. Proveremo a pubblicarlo (gratuitamente) il 19 settembre del 2013. Voi avete tempo fino alla data stellare -310071.2347792999 (cioè le 23:59 del 5 settembre 2013) per mandarci un racconto, un saggio, un ragionamento, una foto, una poesia, un disegno o quello che vi pare all'indirizzo marcomncrd [chiocciola] gmail [punto] com.

C'è solo una regola da rispettare: NO FANTASY.
Ripensate al futuro.

lunedì 24 giugno 2013

Trucchi della borghesia (88)

Le poltroncine dell'Arena di Verona. *

(di Stefano Amato)

Trucchi della borghesia (87)

L'Aida all'Arena di Verona.

(Comunque bellissima, dài, nonostante tutto. Ci tornerei? Mah. Forse se avessi dei soldi da spendere per finire almeno nelle poltroncine, e quindi la voglia di sentirmi un poco sporco.)

domenica 23 giugno 2013

Tene(b)ra è la Notte: com'è andata

Come vi aveva anticipato il prode Many qui, venerdì sera, 21 giugno 2013, solstizio d'estate, per Letti di Notte, che in chiave locale abbiamo ribattezzato Le Notti a piè di pagina (come vedete, coi giochi di parole, qui dalle nostre parti, noi ci andiamo a nozze), a lume di candela e col frescolino della sera, abbiamo letto, un po' di brani dentro la Libreria La Fenice di Carpi. Ve li metto qui, casomai vi venisse anche a voi voglia di fare una roba così:

1) Ho aperto le danze con una poesia di Velimir Chlebnikov che sembrava scritta apposta per l'occasione.
2) Eleonora ha letto le prime pagine di Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino.
3) Un baffuto e simpatico sconosciuto ha letto I passanti di Franz Kafka.
4) Una bionda signora, altrettanto sconosciuta, ha letto il racconto Plenilunio di Guy de Maupassant.
5) Grushenka (Caterina Imbeni) ha letto un pezzo da La luna e i falò di Cesare Pavese.
6) Rossella ha letto da I poveri sono matti di Cesare Zavattini.
7) Many ha letto Up in Michigan dai 49 racconti di E. Hemingway.
8) La bionda signora, sempre sconosciuta, ha letto Vecchio Frack di Domenico Modugno.
9) Francesca Cardarelli ha letto di Stelle Cadenti.
10) Ho letto due pezzetti di Passeggiate notturne contenute in Perdersi a Londra di Charles Dickens.
11) Il baffuto e simpatico sconosciuto ha declamato ben bene Uccidiamo il chiaro di luna di F.T. Marinetti.
12) A doppia voce alternata, ovvero prima testo originale letto dall'ispanico Fernando e poi letto in italiano da me, abbiamo chiuso la serata con Un Lettore, poesia contenuta in Elogio dell'ombra di J. L. Borges.

Dopo pochissimi minuti è scoccata la mezzanotte, siamo usciti un momento fuori dalla libreria, abbiamo annusato il fresco della prima notte d'estate, e ci siam subito detti che lo rifaremo.

mercoledì 19 giugno 2013

Tene(b)ra è la notte

Venerdì 21 giugno, quello che viene, solstizio d'estate, c'è una specie di notte bianca delle librerie che hanno aderito alla chiamata della Marcos y Marcos per l'iniziativa intitolata Letti di notte.
Noi carpigiani siamo molto fortunati perché tra i nostri concittadini c'è un tale che si fa chiamare Carlo Dulinizo e che in queste cose di libri, librerie ed eventi pubblici ci sguazza allegramente, e insieme a degli altri giovincelli con le sue stesse manie ha organizzato un po' di eventi in giro per la città: qui c'è il programma della serata denominata "Letti di Notte - Notti a piè di pagina" (sul sito del comune, che si chiama CarpiDiem).

Uno di questi appuntamenti è Tene(b)ra è la notte (un gioco di parole in più o in meno che differenza volete che faccia?), che consiste nel recarsi alla Libreria Fenice di Carpi alle ore 22:00 e leggere quello che si vuole a lume di candela, il tema conduttore è "la notte". Noi barabbisti carpigiani abbiam pensato bene di dare il nostro contributo. E a questo punto, oltre a invitarvi a leggere, se volete, e se siete dalle nostre parti, vi chiediamo anche se avete delle idee su cosa potremmo leggere a tema "la notte". Qui nei commenti, o nei commenti dei vari socialcosi in cui verrà sparato automaticamente questo post, potete sbizzarrirvi e suggerirci.

Grazie anticipate.
E buonanotte.

martedì 18 giugno 2013

Dialettica (14)

In un libro bellissimo di poesie di Raffaello Baldini che si chiama Ad Nòta (che in dialetto di Santarcangelo di Romagna vuol dire Di notte), recentemente ristampato in formato elettrico dall'editore Sugaman, c'è una poesia che fa così:
NOMI

Non ti puoi ricordare, tu, ci stava Coso, lì,
nel primo portone
che ci s'entrava anche da dietro, dall'orto,
come si chiamava? Coso, che sua moglie
faceva la magliaia, no Protti, no,
cosa c'entra Protti, che stava nel Casone [...]
e poi continua, è un po' lunga, se volete leggerla tutta comprate il libro. Quel che ci interessa adesso è la versione originale della poesia, in dialetto di Santarcangelo di Romagna, che fa così:
I NÓM

Ta n t pò ’rcurdè, tè, u i stéva Cós, alè,
te préim purtòun,
ch’u s’i antréva ènca da di dri, da l’órt,
cmè ch’u s ciaméva? Cós, che la su mòi
la féva la maièra, no Prot, no,
csa i éintral Prot, ch’e’ stéva te Casòun, [...]
e poi continua, che è lunga come la versione in italiano (per forza, è la stessa poesia).

Poi ieri sera m'è capitato di leggere un libro che è uscito qualche mese fa, un libro di poesie di Giovanni Previdi che si chiama Due fettine di salame, poesie (che in dialetto di Villa Poma in provincia di Mantova, quasi al confine con la provincia di Modena, si dice Dó ftìni 'd salàm puezìi), recentemente pubblicato di carta nella Compagnia Extra dell'editore Quodlibet. Dentro c'è una poesia che comincia così:
PISTOLARE

Quando eravamo ragazzi, io e coso, com'è che si chiamava?
mi son dimenticato, dài, coso,
non mi viene mica in mente il nome, dài, coso,
il figlio del gommista, ah sì, Sergione,
io e Sergione ci godevamo da matti,
dopo mezzogiorno, nell'ora bassa, d'estate, [...]
e poi continua, è un po' lunga, se volete leggerla tutta comprate il libro. Quel che ci interessa adesso non è tanto l'omaggio a Baldini, quanto la versione originale della poesia, in dialetto di Villa Poma in provincia di Mantova, quasi al confine con la provincia di Modena, che fa così:
PISTULÀR

Quànt k'a séran pütlét, mi e bagài, cum è k'al 's ciamàva?
am son dasmengà, dài, bagài,
an végn mia in mént al nóm, dài, bagài,
al fiöl dal gumìsta, ah sì, Sergión,
mi e Sergión as gudéan da mat,
al dopmezdì, a la basóra, 'd istà, [...]
e poi continua, che è lunga come la versione in italiano (per forza, è la stessa poesia).

Appena ho collegato le due poesie, a mente, ieri sera, quella cosa lì di "coso", che in santarcangiolese rimane "coso" (cós), mentre in dialetto di Villa Poma in provincia di Mantova, quasi al confine con la provincia di Modena, diventa bagài, mi ha fatto pensare che anche nel mio dialetto, di Novi di Modena in provincia di Modena, al confine con la provincia di Mantova, "coso" diventa bagài. Allora per i romagnoli di Santarcangelo di Romagna, sembra, l'identità è quasi una cosa che ci si appiccica addosso, come un distintivo, o un cartellino, una scritta sul davanti, dove un nome è un nome, che ci si può dimenticare, ma quello là, dài, come si chiamava, rimane qualcuno, rimane coso. Mentre per noialtri della bassa mantovana e modenese (ma anche di quella reggiana, valà) la questione è un po' più drastica. È come se, per noi, l'identità, quella pubblica, fosse una valigia da portare in giro e farla vedere, aperta, dove dentro ci sono niente di meno che tutti i nostri connotati. E se per caso di qualcuno la valigia rimane chiusa, o se non ci si ricorda che cosa c'era dentro se quel qualcuno non ce più o non si fa vedere da tempo, ci si chiede quali sono o quali fossero i suoi connotati, e com'è che si chiamava, quello là, dài, coso, bagài. Bagaglio.

domenica 16 giugno 2013

In Russia c'è da morir dal ridere (11)

Nella casa di Mosca di Bulgakov, c'è lo scrittoio dove, dicono, Michail Afanas'evič ha scritto Il Maestro e Margherita, ma non siamo mica tanto convinti che sia proprio quello.
Al civico precedente, dei giovani un po' alternativi han tirato su una caffetteria, e dentro c'è un piccolo museo artefatto, dove si trovano, tra le altre cose, una testa tagliata dalle ruote del tram 302 e due statue abbastanza riconoscibili, ma siamo ancora nel campo dell'omaggio postumo.
Poi però nel giardino davanti alla porta ci è venuto incontro un gatto. Un gatto nero che ci ha guardati con un'espressione che ci è venuto da dire: vaccaboia, Ippopotamo.

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(Nella mia edizione, Behemoth lo chiamano Ippopotamo perché si dice, in una nota, che in russo è Begemot, che vuol dire, appunto, ippopotamo. Io mi fido. Lo dico anche per rispondere alle critiche.)

sabato 15 giugno 2013

Poi si scordino pure di me

È vero quello che ha detto ad Arpino: sta crepando, ma ci mette troppo tempo. Prepararsi a morire, farsi del male senza reagire, distruggersi con l'alcol, è difficilissimo. Ma morire, morire davvero, è un attimo e basta.
Quell'attimo arriva il 14 di novembre, mattina senza pioggia, molto fredda, dopo diciannove giorni di agonia, dopo quarantanove anni di vita agra.
Due giorni dopo, da Grosseto, arriva il furgone funebre mandato dal Comune. Nella Vita agra, dieci anni prima, Luciano aveva scritto: «Io voglio un funerale all'antica (...) un funerale laico, ma d'una certa solennità (...). Non ci voglio i preti, ma gli ex preti ce li voglio, ci voglio quelli che hanno buttato la tonaca alle ortiche e si sono fatti comunisti, pur restando preti nell'animo. Ne voglio quattro di questi preti spretati e togliattizzati, e poi voglio due cavalli neri col pennacchio in capo, due critici letterari a cassetta, ai quattro cordoni del carro ci voglio nell'ordine uno storico, un critico d'arte, un funzionario di casa editrice e un redattore di terza pagina. «Deve essere un bel funerale. Dietro venga chi voglia, tranne le segretariette secche. Loro no. Poi si scordino pure di me.»

Alla partenza del furgone c'è Maria in un angolo che piange.
La bara scivola dentro, l'autista e il becchino chiudono il portellone. Ci sono quattro persone con i cappotti chiusi, venute a salutarlo. Uno è Vacchelli. Il secondo è Sergio Pautasso: «Finché campo non dimenticherò lo squallore di quel funerale.» Gli altri due non se li ricorda più nessuno.

(Pino Corrias, Vita agra di un anarchico. Luciano Bianciardi a Milano; Baldini & Castoldi, 1993)
Non ci siamo scordati.

giovedì 13 giugno 2013

Back in Fiorano Modenese: la seconda volta di Barabba in Piazzetta

Domani sera, venerdì 14 giugno 2013, ore 21, a distanza di un anno e quasi un mese, torniamo in quel luogo metafisico, simbolico e ballardiano spinto che è la piazza Romolo Cappelli a Fiorano Modenese.
Detta anche, per i frequentatori del posto, la piazzetta.
La rassegna infatti la chiamano così: Ci troviamo in piazzetta.
La Piazzetta di Morena, aggiungiamo noi, in onore della grande organizzatrice, promotrice e deus ex-machina di una rassegna che anno dopo anno prosegue con autori interessanti a dir poco (e questo non perché ci troviamo dentro, guardate il calendario), anche grazie all'aiuto di tanti amici e appassionati di quella cosa strana che alcuni chiamano scrittura, altri letteratura e qualcuno paciughi.
L'anno scorso abbiamo presentato tutto quello che Barabba-log aveva ideato, raccolto e scritto fino a quel giorno, grossomodo. Se non te lo ricordi qui c'è il reportage.

Di quel venerdì 18 maggio 2012 ricordiamo una cordialità infinita, un organizzazione impeccabile, un pubblico attento e stoico, avvolto in coperte di lana scozzese per combattere il fresco dell'appennino alle nostre spalle e una chiesa immensa, che ti spunta fuori di botto da una rotonda, in cima a una collina, che se non fosse che sai che sei in Emilia, pensi ar cupolone romano tanto è grande e bella.
Quest'anno l'incontro sarà un piccolo grande aggiornamento, anche perché di mezzo ci son stati nuovi progetti, nuove esperienze, nuove rubriche, un nuovo ebook e un trambusto incredibile per noi "pianzani", cominciato il 20 maggio 2012, due giorni dopo la nostra prima visita a Fiorano.

Potreste quindi pensare che questo ritorno a Fiorano sia una sorta di pellegrinaggio laico e apotropaico, e potrebbe anche essere; ma in fondo la verità è che i posti come la piazzetta di Morena sono posti rari se non rarissimi, come le oasi nel deserto che ci circonda, e fanno del bene a chi ci va, altro che terme, altro che spa.

domenica 9 giugno 2013

Rosmarino

Siamo in vacanza al mare, solo che oggi c'è brutto tempo. Allora siamo andati in gita in un paesino qui di fianco, dove c'è una salita che porta a un borgo medievale e, lassù nel punto più alto, a un cimitero. Nel cimitero c'è una tomba circondata da delle piante di rosmarino, che m'immagino come dev'esser bella quando tutto quel rosmarino fiorisce, coi suoi bei fiori tra il viola e il blu. E c'è un profumo, intorno, che è quasi un piacere starci davanti, e rimanere serio è l'ultima cosa che ti passa per la testa. Viene da sorridere, è inevitabile
Eravamo lì da qualche minuto quando ci siamo accorti che eravamo da soli in tutto il cimitero. Ci siamo guardati intorno, con circospezione, poi senza dirci niente abbiamo staccato un rametto di rosmarino e l'abbiamo infilato nello zaino.
Sarà molto buona la bistecca su cui lo metteremo. La chiameremo: bistecca alla Calvino.

sabato 8 giugno 2013

Quadrato Rosso Triangolo Verde

Nella piazza della vecchia città
Si è raccolta una nera assemblea:
Operai, ragazze, militari.
E l'albero delle parole lascia cader le foglie

Questa è una poesia di Velimir Chlebnikov, un poeta russo che insieme a Majakovskij e tanti altri tentava di profetizzare il momento o almeno l'anno esatto della Rivoluzione in Russia. Chlebnikov è l'unico ad averci preso, ad avere indovinato. Pochissimi anni dopo morì e non poté scoprire cosa è stato vivere in URSS, quello che alcuni definirono e definiscono tutt'oggi Il più grande esperimento dell'umanità, e non a torto aggiungiamo noi. Neanche noi, come Chelbnikov, lo sappiamo cos'è stato vivere in questo gigantesco mondo sovietico. Certo, possiamo leggere le cronache, i giornali, gli esperti, le macro narrazioni. Possiamo documentarci e informarci coscienziosamente. Dal disfacimento ad oggi la storiografia si è divertita a strappare brandelli sempre più grassi di questo gigante che in USA ed Europa è stato visto coi piedi d'argilla, ma solo quando ormai era già in ginocchio.

Questo fine settimana e il prossimo, a Forlì, un branco di geniali irregolari e dissidenti, gli Spazi Indecisi, presenteranno, a chiunque capiti dalle loro parti, tutta la poesia, la meraviglia e il fascino che possono entrarti dentro mentre guardi le fotografie e i video di edifici in disuso, abbandonati, deantropizzati e lasciati alla lenta riconquista della natura.Ovviamente le sedi stesse delle esposizioni sono luoghi abbandonati, spazi indecisi, destinati a potenziare in un rimando infinito di specchi la carica espressiva del progetto.
Il tema di quest'anno (siamo alla terza edizione) sono le mirabolanti cattedrali architettoniche dei regimi totalitari d'Europa. La mostra si chiama appunto Totally Lost, forse a ricordarci un passato che aspirava a contenere l'assoluto e che invece ora è irrimediabilmente perduto.

Domani, domenica 9 giugno, dalle 16:30 cercheremo di raccontarvi come tutto questo è potuto accadere, senza giornali e dati economici o statistici, senza riflessioni ideologiche ma con qualche piccolo racconto e qualche episodio. Saranno storie di ladri di fazzoletti, di gente che non si fida dell'ora legale, di tabaccai che non ti danno il resto, di scrittori costretti a pagare ogni volta che vanno al cesso, di statisti che impongono agli scienziati di estrarre zucchero dalla segatura, e in generale di gente che confonde un quadrato rosso con un triangolo verde.
Se siete in zona, ci trovate lì.

Noi Poechali (*)

mercoledì 5 giugno 2013

Trucchi della borghesia (86)

Le t-shirt finto vintage che si comprano già slavate (che poi è un modo per avere delle finte t-shirt preferite, consumate per finta dall'uso). Avrei potuto dire i jeans già sdruciti, ma non è lo stesso.

(di nandina)