sabato 30 luglio 2011

Con le gambe che un po' tremano

Domani sera, che è il 31 luglio 2011, facciamo una cosa che quando abbiamo iniziato l'epopea delle Schegge di Liberazione non ci saremmo mai immaginati: leggiamo i nostri - e vostri - piccoli racconti sulla Resistenza con il Coro delle Mondine di Novi di Modena. Ecco, io sono di Novi, e per noi novesi le Mondine sono un po' le nostre nonne e le nostre nutrici. E quindi, se siete in zona, veniteci a trovare. Loro, le Mondine, sono quelle che cantano in coro, con una dignità che spacca le pietre. Noi, le Schegge di Liberazione, siamo quelli che leggono sul palco, con le gambe che un po' tremano.

Cicatrici d'autore

Gaio Sallustio Crispo ha consegnato in ritardo:
Non possum fidei causa imagines neque triumphos aut consulatus maiorum meorum ostentare, at, si res postulet, hastas, uexillum, phaleras, alia militaria dona, praeterea cicatrices aduerso corpore.

Io non posso esibire ritratti, trionfi o consolati dei miei antenati a mo' di garanzia, ma, se fosse necessario, le lance, lo stendardo, le medaglie e altre ricompense militari, ma soprattutto le cicatrici sul petto.

(è Gaio Mario che parla in Bellum Iugurthinum, 85 anzi LXXXV)
E ci sarebbe pure una citazione dall'Enrico V di Shakespeare, e sembra quasi un grido di battaglia per un futuro reading delle Cicatrici:
Se è destino che si muoia, siamo già in numero più che sufficiente; e se viviamo, meno siamo e più grande sarà la nostra parte di gloria. In nome di Dio, ti prego, non desiderare un solo uomo di più. Anzi, fai pure proclamare a tutto l'esercito che chi non si sente l'animo di battersi oggi, se ne vada a casa: gli daremo il lasciapassare e gli metteremo anche in borsa i denari per il viaggio. Non vorremmo morire in compagnia di alcuno che temesse di esserci compagno nella morte. Oggi è la festa dei Santi Crispino e Crispiano; colui che sopravviverà quest'oggi e tornerà a casa, si leverà sulle punte sentendo nominare questo giorno, e si farà più alto, al nome di Crispiano. Chi vivrà questa giornata e arriverà alla vecchiaia, ogni anno alla vigilia festeggerà dicendo: "Domani è San Crispino"; poi farà vedere a tutti le sue cicatrici, e dirà: "Queste ferite le ho ricevute il giorno di San Crispino". Da vecchi si dimentica, e come gli altri, egli dimenticherà tutto il resto, ma ricorderà con grande fierezza le gesta di quel giorno.
di Federico Pucci "Cratete"

venerdì 29 luglio 2011

Trucchi della borghesia (32)

La raccolta soldi per il regalo al collega dimissionario.

Son fatto così (12)

Son fatto che quando si mangia insieme, in tanti, e abbiam deciso che non ci sono delle pietanze in comune, che ognuno ordina il suo, ecco, poi quando arrivano i piatti e sento che tutti si chiedono tra loro e chiedono anche a me Vuoi assaggiare?, Vuoi sentire?, rispondo sempre di no perché mi monta il panico, che poi lo so, io, come son fatto, lo so che quando arriva il mio, di piatti, quello che avevo ordinato per me, non mi viene mai da chiedere a nessuno se vuole assaggiare, e se quello che ho di fronte allunga la forchetta come a fare il simpatico per fregarmi, chessò, una polpetta, lo guardo come a dirgli Va bene, te la do la polpetta, ma s'era detto che ognuno prendeva e mangiava il suo. O no? Son fatto così.

giovedì 28 luglio 2011

Gli antieroi: Gabrielle Andersen Schiess

In Svizzera ci sono le montagne. È pieno. L'inverno svizzero è rigido, e anche l'estate non scherza. Quante volte, passando sotto il San Gottardo, che è la galleria più grande d'Europa proprio perché ci sono un casino di montagne, avete visto che il tempo cambiava completamente? Se all'imbocco c'era il sole, dall'altra parte pioveva o c'erano dei mega nuvoloni. Ecco, Gabrielle Andersen Schiess è nata in Svizzera, nel 1945. E infatti fa l'istruttrice di sci. Sono forti gli Svizzeri, nello sci. Gabrielle però ha anche un'altra passione. Gabrielle corre. Corre molto. Diventa brava a correre le lunghe distanze.

È da tanto che il comitato olimpico parla di inserire la maratona femminile nelle gare alle olimpiadi, ma in molti dicono che le donne non sono in grado di correrla, una maratona. Il dibattito si prolunga per anni, fino a quando si decide che nel 1984, alle olimpiadi di Los Angeles, si correrà la prima maratona olimpica femminile. E Gabrielle la maratona la vuole proprio correre, perché è forte. Ne corre una l'anno prima, nel 1983, proprio a Los Angeles. Poi un'altra a Minneapolis, sempre nel 1983. Le vince tutte e due.

L'anno dopo, alla non più verde età di 39 anni, Gabrielle Andersen Schiess si trova a correre la maratona olimpica. Il destino vuole che ci sia un'umidità assurda, visto che in California il 5 di agosto non può che fare un caldo infernale. La gara, inoltre, si tiene all'orario peggiore: sono le ore più calde della giornata, ma la televisione vuole così, alla faccia dell'importante è partecipare.

Vince un'atleta di casa, la Benoit, che dopo pochi minuti parte in fuga. Terza la mitica Rosa Mota, una fuoriclasse che negli anni saprà imporsi come tale. Gabrielle è indietro ma non importa. L'importante spesso, nelle maratone, è l'impresa. Il gusto di arrivare alla fine.

Gabrielle salta l'ultimo rifornimento, non si sa se per una decisione azzardata o per distrazione. La cosa si rivela micidiale. Dopo venti minuti dall'arrivo della Benoit Gabrielle entra nello stadio completamente disidratata. Il busto non riesce a restare dritto, le gambe sono bloccate e Gabrielle cammina, a volte sballottata a destra e a sinistra, l'impressione è che stia per accasciarsi al suolo distrutta. I giudici le vanno vicino per sorreggerla e lei, Dorando Pietri in gonnella, con ampi gesti delle mani intima loro di andarsene. Vuole finire da sola, costi quel che costi. Per quel giro di pista Gabrielle impiega QUATTRO MINUTI E CINQUANTACINQUE SECONDI. Roba che se li fate andando carponi ci mettete di meno. Un tempo interminabile, durante il quale lo stadio ammutolisce in preda all'ansia più incredibile che riusciate a immaginare.

Alla fine Gabrielle taglia il traguardo e finalmente può essere soccorsa e portata in ospedale, dal quale verrà peraltro dimessa dopo appena (si fa per dire) due ore. Trentasettesima, per la cronaca. Ma la vera tragedia forse è quella di Joan Benoit, la statunitense. Vince una medaglia d'oro alle olimpiadi e a distanza di tempo si dimenticano tutti di lei. La memoria collettiva ricorda, di quell'edizione, un'istruttrice di sci delle alpi svizzere che fece battere il cuore al mondo intero per quasi cinque interminabili minuti.

martedì 26 luglio 2011

Did you have to pay that fine

Vado spesso ai concerti da sola o al cinema da sola. Mangiare al ristorante o in mensa, invece, non posso farlo: mi porto un giornale o un libro e finisco sempre per guardarmi attorno. Non è bello guardare nei piatti degli altri. Dopo la prima volta che mi è successo, non l'ho più fatto: è stato imbarazzante.

Faccio la fila volentieri, aspetto il mio turno, pago il biglietto, c'è sempre gente attorno a me, ci sono quelli che sanno già tutto di quello che andranno a vedere, ci sono quelli che sono stati trascinati, ci sono quelli che parlano al telefono, ci sono quelli che non si trovano mai e si richiamano in continuazione. Ho la maglia rossa, ho il jeans, ho una borsa a tracolla. Poi ci sono quelli che stanno zitti, io sono tra questi, mi piace guardarmi intorno senza particolari pretese, mi piace stare lì e aspettare il mio turno o aspettare semplicemente, poi penso almeno per un minuto quale elemento del gruppo potrei essere io, mi scappa da ridere quasi sempre, posso giurarci. Ci ritrovo un gusto scaramantico tutto particolare a fare la fila da sola e aspettare il mio turno, leggere il numero del biglietto che mi è toccato, il numero della giacca al guardaroba. Una volta mi sono innamorata così, facendo la fila: è una pratica che porta fortuna.

Il 2007 che è poi l'anno in cui sono diventata un po' grande, l'anno in cui mi sono trasferita a Milano era ottobre da dieci giorni, anche se era passato il 20 ottobre, ma dall'1 al 20 ottobre non ho fatto nulla che io ricordi per davvero, ho un sentimento di confusione misto a nebbia, non potrei dire di essere stata viva né felice o pensierosa: è che proprio non me lo ricordo. Mi ricordo che non era il 20 perché la mia amica Maria compie gli anni il 20 ottobre e di sicuro so che non era ancora il 28 ottobre, perché la mia amica Nalis compie gli anni il 28 ottobre: io abitavo per la prima volta da sola, in un monolocale di ringhiera a Piola, la mia prima decina di giorni milanese.
Il 2007 è un anno di cui mi ricordo molti dettagli e molte sfumature, è stato lunghissimo, non finiva mai, questo me lo ricordo, le cose grandi, nel loro insieme, mi sono sfuggite tutte tranne una: un concerto che ho visto da sola, uno spettacolo collettivo in cui sul palco c'era una signorina più piccola di me di un anno, posso dire una mia coetanea, ogni tanto imbracciava una chitarra bianca e i suoi coristi erano tutti neri, accompagnavano il blues di una bianca londinese di ventiquattro anni da poco compiuti, con un corpetto bianco e una gonna nera a tubino, molto bella secondo me, era bella come sono belle quelle ragazze che hanno un naso grande o un neo, di cui noto i dettagli che su chiunque altro mi disturberebbero gli occhi.

Vedo esattamente tutti i difetti disegnati sulle braccia o bucati sotto il labbro. Io ho un particolare istintuale affetto verso questo tipo di ragazze, mi piacciono subito, forse perché son più capaci di me a mostrarsi per come vogliono sembrare, allora mi sembra di imparare da loro anche solo guardandole, come se per davvero fosse tutto lì quel che c'è da sapere. Mi attraggono e mi sembra di poterle cogliere, alla lunga: non nel quadro d'insieme, ma nei dettagli e io mi trovo bene subito perché non so trovare la versione d'insieme, scelgo sempre una prospettiva, seleziono i dettagli. Sono quelle facce, non so se avete presente, che se hai pazienza e aspetti, loro a un certo punto sorridono, ci vuole solo un po' di tempo.

Un concerto si avvera quando le luci sopra di noi sono spente, quando sono poche sul pubblico e tante sul palco, quando non ci vediamo e ci sentiamo soltanto, quando il buio è più forte della luce. Non si può avere paura del buio, il buio prima dell'inizio di un concerto produce lo scrosciare fiducioso e collettivo di applausi, quelli forti, quelli che fanno gli altri quando tu sei da solo e magari ti unisci con un attimo di ritardo. Ecco: quel buio lì è uno dei motivi per cui mi piace andare ai concerti da sola, sono sicura di non perdermi quel momento, se sono da sola.

Quella sera di ottobre era il primo concerto milanese, era la prima e l'ultima volta in cui avrei sentito cantare di Valerie dal vivo. Parlare dei morti che non conosco non sono capace, la morte è una cosa della pelle e degli organi, delle arterie svuotate: fine. Ogni tanto ci parlavo da viva, ci parlavo soprattutto per via di una canzone, che è poi la nostra canzone, come si parla coi cantanti, se sei di quelli che cantano da soli spesso o ti affezioni alla musica, magari la canti in camera o in macchina, io faccio spesso così, arrogandomi un diritto megalomane: pensare che in un momento preciso quello lì o quella lì stia cantando proprio per me. Io con lei ci parlavo da viva per via una canzone, cantava spesso per me Valerie, io lo so, è una delle poche cose che mi ricordo di quell'ottobre.
Valerie io lo scrivo sempre alla francese, Valérie, e quella sera è arrivata esattamente quando gliel'ho chiesta.

domenica 24 luglio 2011

venerdì 22 luglio 2011

giovedì 21 luglio 2011

Gli antieroi: Marcello Fiasconaro

Questa è una storia di tempi. Di tempi e di abitudini.

Marcello Fiasconaro sembrava Gesù Cristo. Se lo guardavi in faccia, lo ricordava proprio. Soltanto era più muscoloso e correva più veloce.

Giocava a rugby, Fiasconaro. Giocava a rugby in Sudafrica, perché era di passaporto italiano, ma lui era nato a Città del Capo, il 19 di luglio del 1949. I suoi genitori erano della provincia di Palermo e si sa che dalla Sicilia spesso si partiva sui bastimenti in cerca di fortuna. Erano altri tempi.

Marcello comincia a giocare a rugby, perché in Sudafrica giocano tutti a rugby. Sono altre abitudini.

Un giorno c'è un ex discobolo, uno che di sport faceva il lancio del disco e che si chiama Carmelo Rado, che non so come si trova in Sudafrica e si imbatte in questo ragazzo qui e lo vede correre. Pensa che uno con quella forza lì e con quella corsa lì non l'ha mai visto e telefona subito in Italia. Telefona lui, perché Marcello Fiasconaro non parla mica italiano. Lui è nato in Sudafrica da genitori siciliani e in Sicilia, se sei emigrato all'inizio del '900 l'italiano non lo parli mica tanto bene e quindi c'è da credere che a tuo figlio non lo insegnerai. Almeno si presume. Erano altri tempi.

Fiasconaro viene dirottato verso l'atletica e fa la sua prima gara a 21 anni, che è tardi se vuoi avviarti seriamente ad uno sport. Ma tardi tardi. Però il nostro, alla sua primissima gara, sui 400 metri, fa un tempo di 48.5, che non è mica male. Due mesi dopo, allenandosi seriamente si è già migliorato di DUE SECONDI. Che è una roba ENORME. Mai vista. Finisce che Fiasconaro è tra i primi settanta atleti del mondo e la nostra federazione lo convince a gareggiare per l'Italia, lui che ha il doppio passaporto. Non ci siamo mica tanto abituati, al doppio passaporto.

Fiasconaro arriva in Italia con un interprete. La prima gara la fa vestito da rugbysta. Con la tuta da rugby, ché quella d'atletica non ce l'ha. È questione di abitudine, forse. Fa un tempo di 46.7. Un tempone. La settimana dopo partecipa ai campionati italiani assoluti e vince con 45.7, che è il nuovo record italiano. Tra le proteste degli atleti, che contestano la sua nazionalità e il fatto che non sia tesserato da nessuna società di atletica, Marcello fa passare altre due settimane e porta il record italiano dei 400 metri a 45.5. Corre appena da UN ANNO. Che è ASSURDO.

A quel punto, con la sua barbona e i capelli lunghi nell'Italia post '68, il Fiasconaro fa passare un mese e poi... di nuovo il record italiano con 45.49 regalando l'argento degli Europei all'Italia. Non ci siamo mica abituati noi, a vedere i record che si frantumano. Infatti il primato sui 400 resisterà fino al 1981. (Siamo nel 1971. Dieci anni per un record sono un tempo enorme).

Marcello si presenta l'anno dopo a Oslo per la Coppa Europa come favoritissimo sugli 800 metri. Perchè nel frattempo, come se fosse una cosa normalissima, Fiasconaro ha cominciato a correre la distanza doppia, diventando mezzofondista, così, come se fosse una cosa normale. Se si è abituato a correre senza una palla ovale in mano, cosa ci vorrà a correre due volte un giro di pista? Ci si abitua a tutto, no?

A Oslo succede però una cosa strana. La procedura di partenza prevede che il giudice dica "Ai vostri posti", poi "pronti" e poi "via". Le pause tra una cosa e l'altra son talmente lunghe che Fiasconaro si muove. Non è abituato lui a tutto questo tempo di attesa. Viene squalificato per falsa partenza. Un casino. I nostri delegati invadono la pista e protestano e anche se la colpa è tutta di Marcello. La IAAF arriva a cambiare la procedura di partenza da quel giorno in avanti (e oggi è rimasta tale).

Si arriva all'anno successivo, il 27 giugno 1973. All'Arena Civica di Milano si corre per la Coppa Europa e il favorito è un polacco, tal Joszef Plachy. Fiasconaro però comincia a correre andando fortissimo da subito con una andatura costante. In pratica fa la lepre di se stesso. Che è ASSURDO. Alla fine dei due giri di pista, corsi sempre in testa, Fiasconaro vince. Il tempo è di 1:43:7. È RECORD DEL MONDO!

Il primato durerà fino al 1976 a livello mondiale. È invece ancora oggi record italiano. In assoluto, in tutte le nazioni, non c'è un primato nazionale di atletica che resista da più tempo di quello di Fiasconaro sugli 800 metri. Sono 28 anni che è lì. Che è un tempo LUNGHISSIMO.

Fiasconaro poi, dopo cinque anni a livello mondiale dove ha dimostrato di essere un fenomeno, torna a giocare a rugby a Milano. Finché un giorno torna anche in Sudafrica. Oggi non si sa che lavoro faccia, ma non c'entra niente con lo sport. Ha smesso, come si smette di fumare o di andare al bar a giocare a carte. Questione di abitudine.

mercoledì 20 luglio 2011

Cicatrici: bonus track

Non ha fatto in tempo per l'ebook, non ha voluto fare in tempo, o forse non lo sapeva: non lo sappiamo. Però ne ha scritta una ieri sera, ispirata dall'uscita del libro elettrico, e secondo noi vale la pena leggerla:

Le cicatrici invisibili
di Veronica Benini "Spora"

Biografie essenziali (119)

Carlo Giuliani, oggi, forse, avrebbe 33 anni.

martedì 19 luglio 2011

Cicatrici: un ebook

Cicatrici, come l’argomento trattato, è un libro nato per caso, per uno sbaglio, una dimenticanza, incidentalmente. Dovevo preparare una tetralogia di racconti per un noto sito internet che raccoglie tetralogie di racconti, e dato che sono stato un ciclista a livelli anche seri, tanto tempo fa, mi son detto: perché non mandare il racconto di quattro delle mille cicatrici che mi trovo addosso? E allora le ho scritte, le descrizioni dei miei sfregi sportivi, e le ho messe sul desktop a marinare, ché magari, pensavo, mi viene in mente qualcos’altro di più interessante.
Son passati dei mesi, e mentre passavano, pian piano, mi sono scordato del perché li avessi scritti, quei quattro racconti. Allora ne ho preso uno e l’ho messo sul blog. Il giorno dopo mi è arrivata una mail con la descrizione di una disavventura simile alla mia. Mi diceva, l’autore, se potevo pubblicarla sul blog. E io l’ho pubblicata.
E da lì, decine di altre mail con altrettante cicatrici sono arrivate a Barabba, finché, così, tanto per cambiare, abbiam deciso di raccoglierle in un ebook, che poi è quello che avete davanti agli occhi e che si chiama, guarda un po’, Cicatrici (non ce ne voglia il buon Gianluca Morozzi).

Sono più di cento, in totale, le descrizioni di sfregi e difetti che trovate nel libro. Alcune sono divertenti, altre sono quasi inventate, altre ancora sono frutto dell’esigenza di una specie di catarsi personale e ci fa piacere, davvero, sapere che a qualcuno è servito scriverne per liberarsi un po’ dai demoni che la notte disturbano il sonno.
Ma ciò che più importa, per noi lettori, è che le cicatrici che state per leggere, se le leggete, se ne avete voglia, sono storie. E ogni storia, a modo suo, una volta sentita, o letta, rimane impressa. Dentro di noi, si cicatrizza.

(dall'introduzione all'ebook Cicatrici, Barabba Edizioni, 2011)
Eccolo: qui in 340 pagine di pdf (è già in A5, se siete di quelli che leggono le ròbe sulla carta, stampàtelo con due/quattro pagine per foglio e fate contenta la natura) e qui in epub o qui in mobi (se siete di quelli con il lettore di libri elettrici). Diteci se ci sono dei refusi, ché il bello delle cose di elettroni è che si possono correggere al volo.

Siamo sicuri che Cicatrici lascerà il segno. Grazie a chi ci dato un taglio, e grazie a tutti voi che sopportate i nostri miseri calembour.

Buona lettura.

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UPDATE del 19/07/2011 19:20
- È online la versione 1.1 di pdf ed epub, con qualche refuso in meno. Ringraziamo chi ce li ha comunicati. Continuate a farlo, ci fa piacere.
- Cicatrici è anche su Goodreads, se vi interessa.
- Giulia Blasi ha scritto la fascetta del libro, dice così: "Abbiamo – letteralmente – sanguinato perché poteste leggervelo."
UPDATE del 19/07/2011 20:00
- Grazie al prode delu, abbiamo anche la versione mobi per i ghettizzati del Kindle.

lunedì 18 luglio 2011

Cicatrici: esce domani

Tutti sanno come egli venne appeso là, su quella croce, e conoscono quelli che stavano raccolti intorno a lui: Maria sua madre e Maria di Màgdala; Veronica e Simone da Cirene, che ha portato la croce, e Giuseppe di Arimatea, che poi lo ravvolse nel lenzuolo. Ma, un tratto più in giù, sul pendio, un po’ in disparte, stava un uomo, che guardava continuamente colui che era appeso lassù e moriva, e ne seguì l’agonia dal principio fino alla fine. Il suo nome era Barabba. [...]
Era un uomo di circa trent’anni, di corporatura robusta, ma dal colorito terreo; aveva la barba rossiccia e i capelli neri. Le sopracciglia erano anche esse nere, e gli occhi molto infossati, come se lo sguardo avesse quasi voluto celarsi. Sotto un occhio aveva una cicatrice profonda che scompariva tra la barba. Ma l’aspetto esteriore di un uomo non significa molto.

(Pär Lagerkvist, Barabba; Gherardo Casini Editore, 1951; cap. I)
Click.

domenica 17 luglio 2011

Son fatto così (11)

Son fatto che sono uno di quelli che puoi considerare ancora amici, e che ti considerano ancora amico, senza che l'amicizia venga minimamente scalfita d'un decimo di millimetro, anche se per dei giorni, dei mesi, degli anni, perfino, non ci vediamo e non ci sentiamo neanche per caso, e perciò, se ti senti obbligato a chiamarmi o a vedermi perché secondo te gli amici son quelli che si chiamano o si vedono continuamente anche se non c'è un motivo, se per te l'amicizia si misura nel numero di volte in cui ci si sente, ci si vede, si va fuori insieme, che a smettere di farlo non si è più amici, ecco, se hai voglia di chiamarmi o di vedermi solo per quello, puoi anche avanzare di farlo. Se invece hai bisogno, io sono qui. Son fatto così.

venerdì 15 luglio 2011

mercoledì 13 luglio 2011

Trucchi della borghesia (28, 29 e 30)

I rubinetti "a cascata".
La doccia col fondo in ceramica nera.
La tv nello specchio del bagno (per quanto, insomma, che figata).
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Quando, metti caso, ti rimane in mano la canna del rubinetto e per la prima volta nella vita ti capita di dover fare una di quelle cose da adulti tipo andare in uno show room di bagni e farti fare un preventivo per un mobile nuovo con piano e lavabo - uno stampo unico in corian, una roba bellissima -, la rubinetteria tutta, eccetera, scopri proprio un mondo che secondo me è affascinantissimo, anche se costoso. Sarà per quello che oggi m'è venuta la fissa dei cessi.

lunedì 11 luglio 2011

Il giorno prima

Ero nella biblioteca scientifica interdisciplinare dell'università di Modena, la BSI, e studiavo Analisi Matematica II - era un esame talmente difficile che si passava lo scritto con 12, poi si andava all'orale e si doveva cercare di portare il voto a 18, almeno; mi ero talmente stancato di riprovarlo, quello scritto, che ho smesso di fare gli esercizi e mi son detto: Adesso studio per bene la teoria, imparo i teoremi, cerco di capire la materia, di farla mia, e se passo con 12, almeno all'orale faccio bella figura -, qualche tempo dopo ho ridato lo scritto per la settima volta e ho preso 15, poi all'orale ho portato il voto a 27, tanto ero preparato; ma quel giorno lì ero nella biblioteca scientifica interdisciplinare dell'università di Modena, la BSI, e studiavo la teoria di Analisi Matematica II, studiavo come un matto. Era il 10 settembre del 2001.

sabato 9 luglio 2011

Cicatrici: Esergo

I bambini senza cicatrici sono finti e al compimento del diciottesimo anno si dissolvono in vapore acqueo e noia. (Marbie Morbo)
Abbiamo iniziato la grande opera di impaginazione dei vostri sfregi e difetti. L'ebook esce tra una decina di giorni. Anche meno, se facciamo in tempo.

venerdì 8 luglio 2011

Son fatto così (10)

Son fatto che tutto quello che ho scritto fino a ieri, e da domani tutto quello che ho scritto fino a oggi, e da dopodomani tutto quello che ho scritto fino a domani, e così via, mi fa schifo, tipo che domani Son fatto così (10) mi verrà da chiedermi perché l'ho scritto. Secondo me è un sentimento salutare. Son fatto così.

giovedì 7 luglio 2011

Barabbisti sotto l'ombrellone: il crucibicio

Poi magari pensate che noi abbiam voglia solo di fare degli ebook. E invece ci piace anche la 'nimmistica, e piace soprattutto al barabbista occulto, tale Bicio, un ingegnere contrabbassista, che nonostante sia nato a Predappio e lavori in Germania, gli vogliamo un sacco di bene lo stesso.

Qui potete scaricare il crucibicio, un allegro cruciverba estivo che allieterà le vostre mattinate al sole mentre i granelli di sabbia vi s'intrufolano tra le dita dei piedi. Il primo che ci manda la soluzione vince una sonora pacca sulle spalle. Da Bicio.

mercoledì 6 luglio 2011

Elettrolibri

Niente, io sono arrivato a un punto che le cose in pdf, se non sono documenti di lavoro, ma racconti, pensieri, cose anche lunghe, a leggerle non ci riesco più. Allora quando qualche scrittore o scribacchino pubblica le cose in pdf, sul suo sito, mi son messo a cercarne l'indirizzo di posta elettronica, a contattarlo, e a dirgli Guarda, se vuoi ti mando l'epub della tua pubblicazione perché io le cose in pdf non riesco più a leggerle, e preferisco leggere quello che hai scritto sul telefono - ché il tablet ancora non ce l'ho - mentre ho il mio daffare in bagno o aspetto che venga cotta la pizza d'asporto o bevo un cappuccino al bar. Non lo faccio per gli altri, principalmente, lo faccio proprio per me. Poi, già che ci siamo, con l'epub e tutto, ché in un anno abbondante di ebook collettivi qualcosa, anche se non in modo eccelso ma neanche troppo schifoso, l'ho imparata a fare, tanto vale regalarlo al mondo. E gratis, ovviamente, per l'autore, il convertitore e il lettore.

L'ho fatto, la prima volta, con il saggio Azael, per la sua raccolta di pensieri pignagnoleschi paranoici Ciao sono padrepìo e i buchi erano in jpg con le sue due estensioni Novembre è il mese in cui nascono i morti e Enlarge Your Bambinello.

L'ho fatto anche col racconto di Sba sul suo viaggio a Dubai (l'autore vi dirà che non è niente di eccezionale, ma secondo me val la pena leggerlo, soprattutto se non si ha la minima intenzione di andare là dov'è andato Sba).

E ieri l'ho rifatto con uno scrittore che, come dicono i giovani, spacca di brutto: Gianni Solla. Tre cani pazzi è una raccolta di tre racconti che per leggerli bisogna mettersi a sedere, tanto son forti.

Che poi, tutto sommato, mentre leggo gli ebook, ve l'ho già detto, seduto, lo sono già.

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Inauguriamo qui la collana Barabba Elettrolibri: libri non nostri, gratuiti, per i quali possiamo aver aiutato l'autore con l'epub, ma che in generale son libri che ci piacciono talmente tanto da voler diffonderli per forza. Ci preme rimarcare, da editori inesistenti, che anche Barabba Elettrolibri, come collana, non esiste per niente.

sabato 2 luglio 2011

Son fatto così (9)

Son fatto che quando si mangia insieme, in tanti, e ci son delle pietanze in comune, come, per esempio, un piatto di salsiccini piccanti conditi benissimo, e tutti son lì con le forchette a pescare dalla stessa portata, io guardo sempre che ne rimanga uno e, quando ne rimane uno, senza chiedere niente, senza dire Non lo mangia nessuno? Lo prendo io? Posso?, no, senza chiedere niente faccio scattare la forchetta perché quell'ultimo salsiccino piccante condito benissimo dev'essere mio. Lo voglio. Son fatto così.

venerdì 1 luglio 2011

Trucchi della borghesia (26)

Il caffè freddo.

Le rondini

Ci sono dei momenti, all’inizio dell’estate, al crepuscolo, che magari sono in giro col mio cane e mi siedo sopra una panchina, nella piazza grandissima di Carpi, e mentre il cane fa le sue cose, e annusa il passaggio dei suoi amici cani, sui pali e sui piloni, mentre la gente cammina, intenta a far le proprie cose, chi all’aperitivo, chi tacchina le ragazze, chi torna a casa a cena in bicicletta, ognuno concentrato nel suo intorno, col campo percettivo limitato a pochi metri, ecco, in quei momenti lì, mentre guardo un po’ tutto quello che ho davanti, e non ho pensieri in testa, ché non devo fare niente, solo aspettare che il cane finisca di annusare le sue cose, i suoi amici cani, sui pali e sui piloni, in quei momenti lì mi sembra di annegare nell'eterno, e a differenza degli altrui, il mio campo percettivo si allarga in un istante, a dismisura, e lo sento, proprio lo percepisco, di star seduto sulla panchina di una piazza in un pianeta che gira su sé stesso, e mi vengon le vertigini; poi magari alzo gli occhi e dalla panchina nella piazza grandissima di Carpi si vedono decine, centinaia di rondini che volano, virano, cabrano, turbinano, s’intrecciano, sono tantissime, sono bellissime, si muovono da sole, a due a due, in gruppo, a gruppi che s’intersecano improvvisi, planano in picchiata, prendono gli insetti al volo, seguono traiettorie ora incrociate, ora sghembe, sempre forsennate, disegni complicati, e sfrecciano, si sfiorano, a decine, a centinaia, che nel cielo della piazza grandissima di Carpi non t'immagini quante rondini ci stanno; e quando il cane ha finito di fare le sue cose, annusare i suoi amici, sui pali e sui piloni, io son lì disperso nei turbini di rondini che rapide si sfiorano, nel cielo del crepuscolo all’inizio dell’estate, e il campo percettivo è sconfinato, e son proprio di quei momenti, quei momenti lì, che saltano al cervello domande importantissime, fondamentali, grandi come il cielo e complicate come i voli degli uccelli, bellissime, intriganti, ma che vigliacco se ci trovo una risposta.

Tipo: due rondini, da quando esistono le rondini, tra loro, si son mica mai inzuccate?