mercoledì 18 maggio 2011

Un bel tappo nella tuba

Quel giorno, nei primissimi anni '90, avevamo messo tutti i banchi contro ai muri per sgomberare il centro dell’aula, le sedie erano in cerchio ed erano venute due ragazze dal consultorio per spiegarci l’HIV e i metodi contraccettivi. Alla fine della lezione, le due ragazze avevano indetto un piccolo concorso interno: dovevamo inventarci, a gruppi di due o tre, dei nuovi metodi contraccettivi secondo le indicazioni che ci avevano dato e le cose che ci avevano spiegato. Dovevamo anche inventarci come pubblicizzarlo, questo nostro nuovo metodo, come in un mondo dove le pubblicità dei contraccettivi, ci avevan detto le due signorine, sono lecite e non spaventano nessuno.

Con Gabriele, il mio migliore amico, che era in gruppo con me, e che come me era tutto felice e spudorato per tutti quei racconti di cazzi e fighe che girvavan per l'aula quel giorno lì, ci siam messi lì a pensare per venti minuti, il tempo che ci era stato dato per portare a termine l'opera. E sarà perché ero bravo a disegnare ed ero anche un bimbetto creativo, sarà stato l'argomento interessante e, come dire, stuzzichevole, boh, ma alla fine abbiamo vinto il primo premio, e ci siamo messi davanti a tutta la classe a spiegare il nostro nuovo metodo contraccettivo. Avevamo uno slogan che diceva: “un bel tappo nella tuba e puoi farlo anche a Cuba”.

Si trattava, nello specifico, di un tappo vero e proprio di emulsione espansa – come facessimo a undici o dodici anni a sapere cosa fosse un’emulsione espansa dev’essere stato per via del padre di qualcuno di noi che lavorava nel settore delle emulsioni espanse, non mi ricordo – e questo tappo di emulsione espansa veniva iniettato da siringa con dei forellini fatti apposta direttamente nelle tube della malcapitata. Il gonfiarsi dell’emulsione allargava, durante l’iniezione, un cerchietto di rame che stava sulla punta della siringa, e tutto l’apparato, tappo e cerchietto di rame, avrebbero dovuto ostruire per qualche mese le vie d’accesso alle ovaie. Dopo qualche mese il tappo si sarebbe sgretolato da solo e il rame era lì, durante lo sgretolìo, per evitare che spermatozoi vivi arrivassero agli ovuli – ci avevano spiegato che il rame è uno spermicida, una di quelle nozioni tecniche che poi uno si porta dietro tutta la vita. Infine, c'era una cordicella, iniettata inizialmente attraverso l’ago, che, tirata, avrebbe estratto il tondino di rame alla fine alla fine del processo di sgretolamento del tappo.

(ho provato, a memoria, a ricreare il disegno che ci fruttò la vittoria del concorso)

Ora, io non so se fosse davvero un buon modo per darci un’educazione sessuale, quello lì, nei primissimi anni ’90, perché tutte le volte che spiego a una donna il mio innovativo metodo di contraccezione che avevo inventato alle medie, questa mi guarda con una faccia schifata e, prima di andarsene per non ritornare mai più, si mette le mani sul ventre e fa un gridolino. Spero almeno che, nel frattempo, dopo tanti anni, le cose siano un po’ migliorate, nell’insegnamento dell’educazione sessuale. O almeno, chissà, c'è da sperarlo, nell’assegnazione dei premi agli studenti.

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Il pezzo in questione, per il quale mi scuso con tutte le signorine che passando di qui si siano trovate a leggere, è uscito sul numero 53 di Prospektiva, quella rivista letteraria col packaging da mettere in frigo, diretta dal prode Fabrizio Gabrielli. Il tema del numero 53 è la Glasnost', che vuol dire anche Pubblicità/Trasparenza (mi han detto), e dentro ci sono dei barabbisti (tipo osvaldo, simone rossi, carlo dulinizo) e altra gente che solitamente ha l'anima bella (tipo cratete, Bonino, Paolo Nori, Madame Psychosis, eccetera). Accàttatela, perché l'hanno tirata in sole 200 copie.

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