venerdì 8 aprile 2011

L'odore della... carta

Me l'è trent'ann ch'a chégh cumé un arlòzz, ha detto un giorno il romagnolo Nino Pedretti al suo amico romagnolo Raffaello Baldini. E Baldini gli ha chiesto subito, a Pedretti: Questo verso me lo regaleresti? Pedretti ha risposto Sì, sì, prendilo pure; e Baldini ci ha scritto un pezzo intitolato Cuntantèrs, che vuol dire accontentarsi. Questa cosa l'ho scoperta ne La matematica è scolpita nel granito, il primo ebook che mi è capitato di leggere.

Eh, anch'io, poi, ho pensato, è trent'anni che vado di corpo regolarmente, come si dice, anche se di anni ne ho poi solo trentadue, ma nelle mie cose son sempre stato regolarissimo. E ho scoperto che è un po' di tempo che mentre faccio quello che devo fare, puntualmente, come un orologio, non sto più lì a leggere dei giornali o delle riviste musicali, come facevo fino a poco tempo fa, ma leggo dei libri. Più precisamente leggo degli ebook, il primo è stato appunto La matematica è scolpita nel granito, di Paolo Nori, pubblicato dai Sugamàn, che da noi vuol dire Asciugamano, cioè si dice di persona che ha la testa nelle nuvole e non fa le cose che deve fare, mica per cattiveria, solo perché è un asciugamano. E di asciugamani, ho pensato poi, ce ne ho sempre un bel numero lì intorno, quando leggo degli ebook.

Il secondo ebook che ho letto, l'ho finito qualche ora fa, puntualmente, come un orologio, era Kammerspiel di Paolo Colagrande, edizioni Alet. Che con La matematica è scolpita nel granito, dove l'iPhone segna 488 pagine ognuna delle quali grande come lo schermo, si fa anche presto, ma con Kammerspiel, che di pagine ne ha 840, ci ho messo dei mesi, qualche pagina al giorno, come un orologio, per un bel po' di giorni. E sarà che in quei momenti la concentrazione sale, ma le cose che leggo negli ebook me le ricordo meglio e le sottolineo subito, con l'iPhone che me le salva e me le rende disponibili alla bisogna. Tipo quando ho letto questo:
"E siccome bisogna battere il ferro finché è caldo, approfitterò ora per dire che lo stesso discorso del fiume vale per la via Emilia, celebre strada consolare di Marco Emilio Lepido console romano avversario politico di Quinto Lutazio Catulo. Perché purtroppo in queste terre orgogliose golenali va di moda a tutti i livelli sociali economici ideologici idrogeologici dire la via Emilia di qua, e la via Emilia di là, e la via Emilia e Hollywood, e la via Emilia e il Far West, e la via Emilia e la California, e la via Emilia e Nashville, e la via Emilia e Memphis, la via Emilia e la statale diciassette lungo nastro di catrame, figli della via Emilia, abbiam pianto sulla via Emilia, abbiamo amato sulla via Emilia, abbiam giocato al calcio sulla via Emilia.
Andate a girare, vien voglia di dire, figli e cantori della via Emilia, sulla via Emilia. Provateci, a far tutte quelle cose, amare piangere concepire crossare e dribblare ripartire e fluidificare, sulla via Emilia, se siete capaci, col traffico pesante. Prova te a far la via Emilia la mattina alle otto, vedi te sospirare amare dribblare: ti stirano, sulla via Emilia coi camion a rimorchio che poi passano e ripassano sui brani insanguinati della tua carne effimera; in mezzo all’inquinamento atmosferico e acustico ed elettromagnetico; altro che amare e crossare, e piollare; magari piangere sì, o tirar dei sacramenti, o trapassare, sulla mistica via Emilia. Altro che Hollywood e il Far West.
A me, bisogna che lo dica, la via Emilia, senza nessun risentimento per il console, che avrà anche indovinato a livello pianificazione del territorio e di viabilità, non sto a sindacare, ma la via Emilia devo essere onesto mi fa cagare. E adesso che l’ho detto mi sento più libero. Mi fa cagare la via Emilia e per par condicio mi fan cagare Hollywood e la California e Nashville, anche se non ci son mai stato. Che poi ci si riempie la bocca con questa via Emilia, che invece se Quinto Lutazio Catulo non veniva indagato per reati contro il buon governo cesariano e di conseguenza non cadeva in disgrazia, politicamente parlando, la via Emilia l’avrebbe fatta lui e si chiamerebbe via Lutazia e la feconda regione si chiamerebbe Lutazia-Romagna e l’Appennino tosco emiliano si chiamerebbe lutazio-toscano e la rigogliosa città di Reggio Emilia si chiamerebbe Reggio in Lutazia; e il console Emilio Lepido, che adesso si dà delle arie per via di tutti i richiami onomastici che lo celebrano, nel panorama storico politico della Roma repubblicana passava da sfigato e i posteri lo ricorderebbero solo marginalmente come quello sconfitto dall’insigne Quinto Lutazio Catulo. Anche i nomi propri sarebbero tutti di conseguenza: Emiliano Zapata, rivoluzionario messicano, si chiamerebbe Lutaziano Zapata, Carlo Emilio Gadda, ingegnere e scrittore milanese, si chiamerebbe Carlo Lutazio Gadda, e si chiamerebbe Lutazio anche il protagonista di Senilità di Italo Svevo; e anche la canzone del cantautore direbbe: Vero aperto finto strano chiuso anarchico verdiano brutta razza il lutaziano."
Mi son detto subito Guarda te se non lo leggiamo dal vivo al reading sui centocinquant'anni dell'Unità d'Italia. E infatti l'abbiamo letto. Poi quando ho letto questo:
"Mio nonno Neride diceva che a fare i gesti d’orgoglio si passa sempre da stupidi. Non bisognerebbe farli. Le cose, c’è più gusto a non capirle che a capirle: le volte che ti metti a capirle, e poi magari le capisci, ti si rivoltano contro. Il discorso di Neride Bisi detto in parole povere vuol dire che l’orgoglio è un ottuso gesto di intelligenza, quindi un gesto deleterio perché è attraverso la cosiddetta intelligenza che scivoli nella trappola maligna dell’orgoglio e non sai più cosa fare finché senza volerlo ti ritrovi nascosto dentro qualcuno che non sei più tu ma che ti tocca far finta di essere.
Che è la stessa cosa che dice Ivan Karamazov a suo fratello Aleksej: la stupidità, dice Ivan a suo fratello, è schietta e sbrigativa, l’intelligenza si nasconde. Non so se erano proprio queste le parole letterali, e non so se la citazione è appropriata; ho provato a ricercare la frase nel romanzo ma non son stato buono di ritrovarla, del resto è un libro lunghissimo. Chi la trova può far la correzione, se l’ho sbagliata. Ma il concetto c’è.
Per via dell’orgoglio l’han presa nel polacco gli scienziati, compresi i Premi Nobel come Watson e Crick e Monod, l’ha presa nel polacco il dottor Faust, l’ha presa nel polacco l’angelo ribelle Satana, poi il Pelide Achille, il duecentometrista Tommie Smith e la signora Emma Bovary, per non parlare di come l’han presa nel polacco tutti i filosofi della storia della filosofia e continuano a prenderla adesso. È inutile, dicono pressappoco Neride Bisi e Ivan Karamazov, andare a studiare le cose per l’orgoglio di capire, ribellarsi per l’orgoglio di essere sopra le cose e non sotto, dimostrare che siam tutti più bravi più furbi più capaci, che raggiungiamo quel che vogliamo. Tutto orgoglio. È la stessa cosa che diceva Biagio Pascal che dopo aver studiato tutte le scienze, la matematica la fisica e la filosofia eccetera eccetera, diceva che era uno sforzo inutile: l’uomo è fallibile e provvisorio, dice Biagio Pascal: meglio ammettere la propria miserabilità, invece che appesantirsi di scienza: se l’uomo è debole come un giunco, dice sempre Biagio Pascal, nella natura c’è un essere ancora più debole: un giunco pensante. Anche qui bisogna controllare le parole testuali ma il concetto c’è. Bisognava dirlo a Monod, e anche a Watson e Crick, tutti premi inutilmente Nobel. Tutti giunchi pensanti.
Un pomeriggio di primavera, precisamente il 2 aprile 1974, Neride Bisi aveva l’influenza; intanto che il dottore lo visitava, mio nonno ha detto: guarda te, prendere ancora l’influenza a novantatré anni. L’ha detto a bassa voce tutto in dialetto, qui è tradotto in italiano. Poi ha tirato un sospiro di pazienza e nel tempo che il medico si è girato era già morto. E anche quella volta la terra ha continuato, come stanotte, a girare intorno al sole a centosettemila chilometri all’ora, la luna ha continuato anche lei, come stanotte, a girare intorno alla terra tirandosi dietro tutto il suo equilibrio naturale, biologico, agronomico, idrogeologico eccetera. Neride Bisi non sapeva chi erano Pascal e Dostoevskij: del resto la sua influenza, i soldi, le mie crisi affettive con Zani eccetera sono dei fatti marginali.
Ma sarà poi vero che sono fatti marginali? o avrà ragione lo svedese, a dire che è tutto un universo disgregato? Neride Bisi non sapeva neanche chi era, Strindberg."
Mi è venuto in mente che Colagrande, che l'avevo conosciuto di persona alle riunioni dell'Accalappiacani, ma non sono sicurissimo che lui si ricordi di me, mi è venuto in mente che Colagrande ogni tanto sembra che abbia una prosa da Bianciardi emiliano, anche se forse è un'esagerazione, tanto più che Colagrande è di Piacenza e non è che Piacenza abbia davvero qualcosa a che fare con l'Emilia, ma è una questione annosa che non conta niente.

Però, così, senza esagerare, dopo aver finito Kammerspiel mi è venuta una gran voglia di leggere gli altri libri di Paolo Colagrande, ché non li ho ancora letti e non ci avevo neanche mai pensato. E credo che se uno scrittore ti fa venir voglia di leggere tutti i suoi libri, quando hai appena finito di leggerne uno, beh, sicuro ha fatto quello che doveva fare, quello che dovrebbe fare uno scrittore, cioè scrivere bene.

***

Poi l'altro giorno è uscito il nuovo ebook degli asciugamani, si chiama Restituiscimi il cappotto e l'ha scritto Adrián N. Bravi, un altro di cui so poco e niente. Appena possibile, domani, direi, se non vanno storte delle cose, alla stessa ora di oggi e di ieri, mi sa che lo incomincio.

5 commenti:

  1. Bel post(o), questo qua :)

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  2. Anonimo1:51 AM

    Però l'unica cosa che ho capito di questi autori qui che hai letto è che sono molto bravi però fanno anche cagare. Che è una bella contraddizione, se ci pensi, cher al me arlòi...ti tic ti tic ti tic

    Tiziano F.

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  3. ...ti dico subito la verità. Questo commento mi è venuto voglia di postarlo perché sono stato influenzato dal post che mi precede, e che se non mi avesse preceduto, non mi sarebbe nemmeno venuto voglia di leggere, non quello che hai scritto tu, che lo leggo sempre volentieri e trovo che ci sia da parte tua un continuo coinvolgimento pacato e misurato e fin troppo per uno che voglia intrattenere scrivendo, ma non avrei mai letto il pezzo che hai proposto e postato a nome Colagrande, perchè ho molti pregiudizi sui giovani scrittori di una certa o presunta area politica. E avevo ragione. Non mi piace dire che fanno cagare, ma mi limito a dire, che ci sono tanti altri modi nella vita per impiegare la propria mancanza di estro. Un caro saluto.

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  4. embè, son pareri personali. E il mio è che Colagrande sia bravo a scrivere, con tanto di estro, anche.

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  5. Anonimo6:23 PM

    ...certamente son pareri personali, ci mancherebbe...nessuno ha la verità in mano.
    Cocuma.

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