sabato 12 marzo 2011

Ragionamenti in versi

Da un anno o due avevo dei problemi a leggere i libri di poesie, non una poesia sola, proprio i libri, i libri di poesie. Mi capitava sempre, dopo aver letto dei libri di poesie, di passare un giorno o due a ragionare in versi, a volte ritmicamente, tipo seguendo l'andare dei passi per la strada Presto vai / il tempo fugge / serve subito / presto, un chilo / di pane un chilo, i movimenti delle abluzioni mattutine Allàgati la faccia / e vai / Marco vai / anche oggi vai / a guadagnarti il pane / cretino / vai, parlare col panettiere Un chilo / di treccine / e poi anche / se si può / una pagnotta bella grossa / se sì, / può. Allora avevo smesso di leggerli, i libri di poesie.

Poi è venuta fuori questa specie di poeti della rete, questa bit generation (è una battuta stupida che ho fatto una sera in pizzeria, non sapevo come riusarla, la uso qui, abbiate pazienza), e ne sono usciti due, di libri di poesie, uno si chiama La donna che si baciava con i lupi di Guido Catalano, l'altro Favola d'amore triste per malati di mente, di Azael. Dentro ci sono scritte delle cose che ti aprono la testa, come, nel primo:
ma secondo te è possibile amarti in cani?
in cani ad esempio quanto t'amo in cani?
oppure:
come si fa a dire mutande a una ragazza?
come si fa?
si deve dire mutandine
e poi:
quando che un giorno io ti dirò t'amo
sii armata di pistola
una di quelle piccole da ragazza
dentro la borsetta
puntamela e di': ripetilo se hai il coraggio
oppure:
raramente la bella ragazza è ignifuga
dunque inutile cercarla nel sole
oppure:
potremmo con le gocce dei tuoi occhi
farci il caffè?
e nel secondo, c'è una poesia che si chiama Citofonare e scappare, che è bellissima, dice così:
I brutti

i brutti non dovrebbero mai mai mai uscire di casa,
gli idioti mai aprir bocca,
i cattivi tutti chiusi nelle cantine,
e i puzzolenti e i cani in grandi celle di plexiglas,
i belli, gli intelligenti, gli innamorati, i buoni, i poveretti e gli illusi, tutti nelle strade,
continuamente,
a citofonare e scappare,
citofonare e scappare,

fino a che la signora non risponde
dice chi è, chi minchia è, chi stracazzo è
scende di sotto
con la scopa
le pistole
li guarda, quegli innamorati, quei belli, i buoni, gli sfortunatissimi, i gatti senza voce, i partigiani senza liberazione, tutti quelli,
là, nascosti dietro l’angolo
e, mi direte, ecco che gli spara, gli dà fuoco, li denunzia, li malmena
no
no
la signora lascia la scopa, le pistole, si toglie la faccia rigata dallo sguardo
si toglie il dispiacere e i bigodini, e le ciabatte dell’odio, chiuse dietro,
e va con loro
con i belli, gli illusi, gli intelligenti, i buoni, i belli, gli innamorati, altri buoni, altri innamorati, i vecchi ravveduti, gli illusi
sempre
a citofonare e scappare,
citofonare e scappare,
sempre,
citofonare e scappare.
E dopo che li ho letti, questi due libri di poesie, non mi capitava più di ragionare in versi, e potevo tranquillamente vivere la mia vita in prosa. Allora ho ricominciato a leggerli, i libri di poesie. E mentre ero a casa dei miei, dentro una credenza, ho trovato una poesia che avevo scritto tanti anni fa, era ed è l'unica poesia che abbia mai scritto, avevo vent'anni o poco più, diceva così:
Niente argini
Per lacrime
Che sgorgano
Incessanti
Dai miei occhi
Incatenati
Dal tuo sguardo

***

TUTTO tace
come sempre
quando TUTTO
va a puttane
Secondo me ero appena stato mollato.

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