martedì 19 ottobre 2010

Fantasie di un magazziniere: Orgoglio e Pregiudizio

Stamattina, consegna da effettuare presso l'ospedale.

L'ospedale di Carpi, che ha un'intera ala e un ingresso che portano il nome di una famiglia di benefattori (questa borghesia illuminata, sembrano secoli dagli attuali squaletti...). Una classe così illuminata da avere collocato all'ingresso un servizio di portineria con tanto di numerino come alle poste (tutti questi malati, la calca, il caldo, i bacilli, per carità, la folla dei bisognosi è spettacolo riprovevole, va eliminata, con albionico rigore). Mentre attendo paziente il mio turno (il mio numerino è il 23, il display segna il 12 e davanti in fila ho solo una persona...), alle spalle della portinaia sbuca una suora, di quelle classiche, da caricatura. Altissima, viso smunto da Emmenthal, dentoni e occhiali. Canonica, appunto.

Come da protocollo, è a caccia del nuovo numero de L'Avvenire che è certamente giunto in portineria ma che ancora non ha raggiunto il suo desco pentecostale. Lo chiede gentilmente, la portinaia blocca tutte le operazioni, lo cerca, lo porge a lei che lo prende, ringrazia, ironizza sulle capacità ubique e mai riconducibili al regno dell'umano del quotidiano e se ne va.

La routine riprende ma subito vengo individuato (porto tra le mani due scatole sufficientemente voluminose da attirare l'attenzione di ogni normovedente) e gentilmente interrogato in deroga al numerino illuminato (poi non lamentatevi se le cose in Italia ci sono ma non funzionano...) e dopo qualche secondo vengo informato circa la mia destinazione.
"Prenda l'ascensore qui a destra, terzo piano, non può sbagliare".

Trepidante, con le prime gocce di sudore che m'imperlano la fronte, arrivo dove indicatomi. E trovo lei, la suora. Mademoiselle Emmenthal (o Emmenthaler che dir si voglia). In attesa, pure lei. Non mi guarda nemmeno arrivare, ciondola il giornale come una vispa teresa, percepisce la mia presenza ma l'attesa dell'ascensore è più rilevante, e quest'attesa è simbolizzata dal suo sguardo che fissa un punto a due metri e trenta d'altezza, un pezzo di muro vuoto sopra l'ascensore.

E qui comincia il mio stallo.
Tutto è durato pochissimi secondi ma il dubbio ha dilagato il tempo all'infinito.
Non sono mai stato in ascensore con una suora. Mai. Neanche una volta. Nemmeno per sbaglio.
Nemmeno nei miei più disturbati sogni erotici.
E questo è un ascensore di quelli piccoli. Sìsì, è di quelli normali. Non è di quelli dove ci si sta in dodici più un paio di barelle coi barellieri. Che a quel punto io potrei tranquillamente schiacciarmi in un angolo e fingere che sia tutto normale, che sono da solo e che sto per portare due scatole al terzo piano e che non c'è nessuno con me, nessuno che ha ricevuto una chiamata, nessuno che ha sentito una vocina che le ha detto un giorno "Tu adesso sarai la mia sposa" o la mia serva, o la mia regina, nessuno che passi le giornate credendo nella vita eterna, nel paradiso e cose così. Questo ascensore invece è piccolo, a giudicare dall'ampiezza delle porte, capienza 4 persone, al massimo (borghiesia illuminata ma oculata nelle spese). E potrei correre il rischio di percepirne l'odore stantio e muffito di Mademoiselle Emmenthal(-er) e potrei persino rischiare un contatto incidentale che mi provocherebbe ustioni di terzo grado, secondo le ultime disposizioni in materia di peccato.

No, no. Il mio orgoglio di ex-chirichetto, ex-lupetto, ex-boyscout e di attuale miscredente mi obbliga alla fuga (gli americani la chiamano exit strategy). Fingo una premura altrimenti tollerabile, fisso anch'io lo stesso punto nel muro della suora ma con tutt'altro stato d'animo e dopo tre secondi netti, sbuffando, attacco la prima rampa di scale.
Infine, durante l'impervio sforzo di rapidità, causatomi dall'ansia di poterla eventualmente reincontrare al terzo piano e veder così crollare tutte le mie labili scuse sui tempi di consegna, spostando agilmente i cartoni su un solo braccio, con l'altra mano mi tasto in via precauzionale i gioielli.
Non si sa mai...

3 commenti:

  1. Anonimo9:56 PM

    ...chierichetto dio bono, si dice e si scrive, i chirichetti saranno quelli della casa del popolo santo cielo, carlo; e 10 Ave Maria e 10 Padre Nostro prima di andare a letto...così impari...a toccarti per una suora...
    cocuma

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  2. ahahahah! Mr Cocuma, c'hai ragione! è che ero un pessimo catecumeno fin dalla più tenera età!
    (e così sia)

    un abbraccio

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  3. Anonimo1:40 PM

    ...dillo a me. C'ho il prete in chiesa, che quando mi vede aggirarmi vicino al confessionale e sa che mi confesserò, lo vedo in un ghigno da lontano prender tempo, e avviarsi fuori. Dalla chiesa. Un abbraccio.( ho sempre le tue foto che mi riprometto d'inviarti ). cocuma

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