sabato 2 ottobre 2010

Barabba e burattini

(il vecchio malvissuto ha l'account che non funziona. Adesso glene facciamo un altro. Intanto pubblico una sua conversazione telefonica uscita sul numero di aprile del 1979 – avevo due mesi di vita, io, all'epoca – di Dentro e Fuori, mensile ciclostilato carpense a cura della compagnia "baracca e burattini")

«Ho letto, anzi leggiucchiato con un certo interesse quanto hai scritto sul burattino... non vorrai ripercorrere il mio cammino verso la musica?»
«Inteso, il cammino, come "superamento" del teatro (burattinesco o no) di prosa?»
«Ma di quale prosa vai cianciando... Io, la prosa, non ho mai dovuto superarla, semplicemente perché non l'ho mai fatta. Mi sono solo e sempre affidato alla mia menzogna, alla singolare armoniosità del mio corpo, alla mobilità del mio volto, all'incredibilmente ampia estensione della mia voce... Il colore che è in me (che è me) ha invaso i palcoscenici, ha dato luce e anima ai miei films, è stato da me delegato a scandire i tempi delle mie sacre rappresentazioni...»
«Nei burattini e nel teatrino della nostra compagnia il colore è una componente primaria, ma il problema che stiamo affrontando in questi giorni, e che ci assilla, è quello della dizione, il problema delle voci differenziate, il problema delle parti...»
«Ti do un consiglio. Elimina questo che è un falso problema. Le "parti"... Le "parti" non esistono...»
«Lo dici tu. I burattini hanno, ognuno, un'anima...»
«Non costringermi, con le tue interruzioni, a salire sulla cattedra (che mi compete) del maestro, del pedagogo. Rifletti su quella scaglia di vero che c'è in quanto ho frettolosamente letto sulla tua pubblicazione...»
«Una pubblicazione per modo di dire...»
«... nella quale ho intravisto l'inizio, l'avvio di un'ode alla menzogna. Questa ode mi ha incuriosito. Con una punta di legittimo orgoglio ho avuto la conferma che il mio ventennale apostolato al servizio della falsità...»
«... vorrai dire della "finzione"»
«... della falsità, ripeto, ha prodotto un'eco, seppure nella più sperduta delle province italiane. Il tuo programma di burattinare non dialetticamente mi incuriosisce e mi trova, con mille dubbi e riserve, sostanzialmente consenziente. Anche il proposito di non effettizzare e spettacolare (dal verbo) può essere guardato con magnanimità. Purché il trionfo del bello sia immediato e esplicito, esplodente e imperante fino in fondo. La doppiezza del burattinaio eliminerà il falso problema delle differenziazioni, dei tramiti; i personaggi, già uccisi da me fin dall'inizio della mia riforma, saranno (se proprio lo vuoi) riflessi e riverberi di una luce nascosta, di un vulcano inquieto e mormorante da sotto. Agiteremo e terrorizzeremo, da limini inconosciuti, pubblici intonsi, non ancora immalinconiti dal teatro. Potremmo anche (ah, ah, ah!) intraprendere il compito dell'educazione delle masse al suono non melodico, non armonico... alla musica!»
«È una proposta di collaborazione?»
«Non contarci.»

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Abbiamo riportato sopra alcune parti, sintetizzate e non precisamente testuali, di uno strano colloquio telefonico con C. Bene, messosi in contatto con noi dopo aver ricevuti i primi due numeri di
Dentro e Fuori.

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