lunedì 8 febbraio 2010

Nero, il primo

Negli anni in cui cadeva il muro di Berlino, a Modena cominciavano a vedersi i primi marocchini veri e propri. Nel senso che venivano dal Marocco. Il Resto del Carlino lo aveva anche messo in un articolo "4 marocchini veri e propri" per segnalare che venivano dal Marocco. Perchè altrimenti venivano dal Sud, dalla "bassitalia" come si diceva in Emilia, che era al Nord perché ancora non c'era la Lega Nord. Noi facevamo sempre i cruciverba del Resto del Carlino. Li facevamo in bar e una volta Giulio Capelli vide scritto "Per alcuni danno la felicità", 5 lettere. Scrisse "CANNE" e lasciammo lì il resto del cruciverba, dopo aver riso un bel po'. Una volta una definizione del cruciverba del Carlino diceva "Polvere per il bucato" e aveva 6 lettere. Rimanemmo a pensare per un sacco di tempo. "Detersivo" non poteva essere e arrivammo a suggerire marche di detergenti piuttosto che riempire quelle 6 caselle. Non poteva essere... e invece risolvendo il resto arrivammo a vedere che "polvere per il bucato" era EROINA. Sempre il Carlino intitolò una volta "Un uomo e un marocchino uccisi a Bologna". Insomma, roba da far impallidire i manifesti delle truppe neonazi di Saja, e il tutto fatto senza malizia, con emiliana bonarietà.

Al Circolo 25 Aprile una sera si fece vivo un tipo piuttosto strano. Era NERO. Un NERO al quartiere Spada non si era mai visto. Non nel 1990. Magari di giorno, con le coperte in spalla e che suonava i campanelli. Ma di sera, un nero girare vestito normale non si era mai visto, non era neppure immaginabile. Gli avventori del bar si divisero subito in tre fazioni. A fianco di quelli che guardavano il fenomeno curiosamente ma tenendosi fuori da ogni possibile reazione, ci furono quelli che iniziarono a guardare allo straniero come nei film western si guarda agli stranieri (Ehi tu, straniero!) e quelli che iniziarono a guardarlo come se fosse entrata una rockstar, un qualcuno che avrebbe dato un po' di pepe alle loro miserevoli vite. Io facevo parte, manco a dirlo, di questi ultimi.

Andai dunque a scambiare quattro chiacchiere col. Si chiamava Hassan, veniva da Marrakech in Marocco e parlava un italiano di trenta vocaboli, più o meno. Lo straniero iniziò a conversare con me in francese e, stupito che qualcuno conoscesse una lingua che anch'egli potesse parlare fluentemente, scelse me come interlocutore privilegiato in tutta la compagnia, dove altre persone iniziarono a chiacchierare con lui facendosi raccontare la sua storia. Gli offrimmo da bere, incuranti che la sua legge coranica lo proibisse e lui d'altra parte bevve con gioia. Da lontano vedevamo gli sguardi in cagnesco di chi aveva fissato lo straniero con odio tipicamente razziale. Vedevamo gli sguardi e sentivamo i mugugni.

Lo straniero se ne andò a fine serata, ci salutammo con un "Au revoir" che lasciava intendere che aveva trovato un posto dove stare quando si sentiva solo. Tanto che qualche sera dopo lo straniero tornò e NON ERA SOLO, ma era con due suoi amici NERI COME LUI. Un nero al quartiere Spada ormai si era visto, ma TRE NERI MAI. E comunque non erano in tanti quelli che avevano visto un nero. TRE NERI mai. Li salutammo, parlammo un poco in francese e un poco in italiano, ci divertimmo parecchio tutta sera.

Un paio di sere dopo Hassan tornò al Circolo. Per il gruppo dei vecchi razzistoni era troppo da sopportare. Dopo 2 sere di mugugni partirono all'attacco. A guidare la cordata c'erano due individui che posso con sicurezza annoverare tra i più grandi fiaccamaroni della storia dell'umanità. Caliumi Ettore detto Calli, ancora oggi da me usato per antonomasia quando uno mi rompe i coglioni (Oh, ma chi sei? Caliumi Ettore?) L'altro, per ironia della sorte, era chiamato IL NEGRO. Ma pronunciato dicendo la E e la O velocissimamente, come se bruciassero.

I due individui cominciarono dicendo che Hassan doveva andare fuori. Noi chiedemmo perché e loro tirarono fuori il sempre valido argomento della tessera ARCI. Quotidianamente entravano personaggi che non facevano la tessera. Alcuni erano ormai stanziali e frequentavano il circolo 25 Aprile come avventori abituali, ma senza tessera. L'argomento però era valido, per cui io e altri quattro ragazzi ci guardammo negli occhi e scucimmo 2000 lire a testa per pagare la tessera al Signor Hassan. A quel punto il gruppo dei vecchioni, dei Caliumi Ettore, dei Negro (sempre pronunciato come se la E e la O scottassero) non aveva più un argomento.

Impreparati a una mossa del genere dissero dunque "NO, la deve pagare lui sennò non vale" come se quella fosse una maratona e il povero Hassan fosse il Dorando nazionale e noi il giudice che ne garantiva la squalifica davanti alla regina. Obbiettammo, ma loro insistettero come se la nostra obiezione avesse dato senso alla loro aberrante logica.

A quel punto, il sempre pratico Giulio Capelli chiuse il discorso. "Va bene, queste cose le ripetete davanti ai carabinieri" e chiamò Bowie, l'appellativo che davamo a Davide Bovi all'epoca gestore del Circolo, dicendogli che voleva un gettone del telefono (c'erano i gettoni, fatevi spiegare da un vecchio) per telefonare in caserma e segnalare un episodio di razzismo.

I tipi rimasero di sasso, davanti a tutti. Hassan venne altre volte al circolo, a volte portando degli amici. Che entravano tranquillamente. Senza tessera, tanto nessuno diceva niente.

E poi scoprimmo che il fratello del Negro (sempre pronunciato con la E e la O che scottavano) non odiava i neri. Anzi... ma questa è un'altra storia. La storia del vescovo. Che prima o poi racconterò.


(da un racconto di Tiziano Fiorveluti)

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