venerdì 10 ottobre 2008

China – Tibet. Fuori i secondi


Sabato 4 ottobre. Ore 11. Sala Borsa. Ferrara. Festival d’Internazionale. Asia - Il Tibet prega per la Cina: Incontro con Yu Hua scrittore cinese Ghesce Tenzin Tenphel lama tibetano modera Liliana Cardile d’Internazionale. Fin dall’inizio, più che ad un incontro culturale, m’è parso di assistere ad un incontro di pugilato, ovviamente pugilato verbale, ma la mole taurina dell’ecclesiastico e l’abbigliamento del suo traduttore, al quale mancavano solo l’asciugamano e lo stuzzicadenti, lasciavano intravedere possibili atteggiamenti agonistici, che ovviamente non sono mancati. Coi primi scambi interlocutori ed introduttivi, i due protagonisti avevano mostrato la loro tattica e la loro interpretazione del match. Yu Hua, esile e minuto, concentrandosi nell’esposizione storica dei legami atavici che uniscono da millenni le due terre aveva cercato in tutti i modi di stringersi all’avversario per non permettergli di sferrare diretti e colpi bassi. Ghesce Tenzin Tenphel, forte della propria condizione di lama esiliato a Pistoia, incoraggiato, purtroppo, dalla gran parte del pubblico, non rinunciava a scaricare sul malcapitato tutte le sciagure e i danni dell’assorbimento e della sinizzazione forzata del suo paese natio. Lo scrittore ha più volte ribadito di non essere filo-governativo, ha ripetutamente vituperato gli orrori della rivoluzione culturale, che, come faceva giustamente notare, ha colpito tutti, indifferentemente. Ha ammesso l’impossibilità di comprensione tra “Occidente” e Cina, fintanto che le notizie vengano montate, trasmesse ed interpretate in forme diametralmente opposte. Ha chiesto al pubblico da dove provenisse e che cosa significasse l’interesse, così spasmodico, sulla Situazione Tibetana, mostrato dall’”Occidente”. S’è persino sforzato nel tentativo di alleggerire la tensione e ha cercato comprensione attraverso un paio di battute. Ma Yu Hua aveva letto male l’incontro, in palio non c’era un tentativo di scambio delle reciproche opinioni bensì la conquista del pubblico e la gogna per il cattivo. In questo confronto fuori casa la vittima ha indicato il capro espiatorio ed ha conquistato la compassione e la benevolenza di molti, troppi a mio parere per un festival che pone l’accento sulla comprensione reciproca e l’interculturalità. Solo gli interventi della giornalista d’internazionale, nel ruolo di arbitro, hanno impedito al sacerdote di sferrare upper-cut da K.O.
Yu Hua avrà cercato di seguire il proverbio tibetano “Rivolgi discorsi morbidi e suadenti a coloro che si atteggiano a malvagi”, Ghesce Tenzin Tenphel quello che dice “Il naso rotto di un nemico odiato è molto più gradevole che ascoltare la pace invocata da parenti benevoli”. Lo scrittore una volta di più avrà compreso che “È problematico essere la madre di molti porci, è difficoltoso essere il governatore di molti paesi”.
Il rapporto tra Cina e Tibet, come nei legami più sordidi e complessi, non riguarda solo le due nazioni ma anche altri paesi, che attraverso movimenti d’opinione internazionali, cercano d’intromettersi nella dinamica, per scopi politici ed economici.
Una delle tante peculiarità del Tibet, oltre ad una travagliatissima storia, è quella di essere, almeno dal XIV secolo, guidata da alti gerarchi di una scuola buddista, delle quattro esistenti. Con le dovute cautele è possibile raffrontare la storia del Tibet medievale e moderno con le strategie e le scelte dello stato della chiesa, oggi ridimensionato nella più piccola nazione del mondo: Città del Vaticano. Se Brecht ricordava quanto sia povero lo stato che ha bisogno di eroi, posso solo specificare quanto disperata (ed ingenua) possa essere una popolazione che s’affida ai monaci nella propria lotta d’indipendenza.
All’uscita della sala una giovane signora distribuiva volantini per finanziare la costruzione di uno splendido tempio buddista in Toscana.